Medea

Definizione

Donald L. Wasson
da , tradotto da Medea Santonocito
pubblicato il 14 febbraio 2018
Disponibile in altre lingue: Inglese
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Medea Kills Her Son (by Bibi Saint-Pol, Public Domain)
Medea uccide suo figlio
Bibi Saint-Pol (Public Domain)

Medea è una tragedia scritta da Euripide (484-407 a.C. circa) nel 431 a.C. Egli compose almeno 90 opere, di cui solo 19 ci sono pervenute in forma completa. Grazie ai lavori di Sofocle ed Eschilo, il pubblico dell'epoca era già a conoscenza del mito di Giasone e Medea; tuttavia, l'opera di Euripide si distingue per il fatto che la protagonista non viene rappresentata come una spietata assassina bensì come una madre sofferente, denigrata da un marito sleale. Nonostante agli esordi non avesse goduto di molta popolarità, la tragedia di Medea arrivò poi a influenzare Ovidio e Seneca al punto che anch'essi crearono la loro versione del mito.

Euripide

Non abbiamo molte informazioni riguardo agli anni giovanili di Euripide. Nacque attorno al 480 a.C. sull'isola di Salamina, nei pressi di Atene, da una famiglia di sacerdoti ereditari. Sembra che preferisse trascorrere una vita solitaria in compagnia dei suoi libri, eppure, ciò nonostante, sappiamo che si sposò ed ebbe tre figli, uno dei quali sarebbe diventato a sua volta un famoso drammaturgo. Diversamente da Sofocle, Euripide non partecipò molto agli affari politici ateniesi, ad eccezione di una breve missione diplomatica in Sicilia. Le sue opere, così come quelle di Eschilo e Sofocle, venivano messe in scena in teatri all'aperto ed erano scritte per gareggiare in competizioni organizzate durante alcune celebrazioni e festività; il loro scopo non era solo intrattenere i cittadini ma anche educarli. Assieme al coro di cantanti, che aveva la funzione di spiegare ciò che accadeva in scena, vi erano due o tre attori (sempre di sesso maschile) che interpretavano diversi personaggi tramite maschere e costumi. Euripide debuttò alle Dionisie del 455 a.C., ma ottenne la sua prima vittoria solo nel 441 a.C. Purtroppo l'autore non ebbe molta fortuna in simili competizioni, aggiudicandosi solo cinque vittorie, di cui una gli venne riconosciuta dopo la morte.

Il filosofo Aristotele (384-322 a.C.) definì Euripide come il più tragico fra i poeti greci. Nel suo libro The Greek Way, la classicista Edith Hamilton concluse che egli era il poeta più triste, colui che sembrava esprimere il lutto del mondo intero: "A differenza degli altri scrittori, egli percepiva la miseria della vita umana, come quella dei bambini che soffrono inermi per via di qualcosa che non conoscono e che non potranno mai comprendere." (205) Con lo scoppiare della Guerra del Peloponneso, Euripide lasciò Atene nel 408 a.C. per trascorrere i restanti anni di vita in Macedonia. Nonostante egli fosse stato spesso frainteso durante la sua vita, e malgrado non avesse mai ricevuto il successo che avrebbe meritato, negli anni successivi alla sua morte Euripide divenne uno dei poeti più acclamati, tanto da influenzare non solo i drammaturghi greci ma anche quelli romani.

Il mito e i suoi personaggi principali

L'intera storia si svolge nella casa di Medea; tramite dei flashback il pubblico viene a conoscenza del suo passato trascorso nella natia Colchide e del suo arrivo in Grecia da straniera.

I personaggi sono pochi:

  • Medea
  • Giasone
  • Re Creonte
  • Re Egeo
  • i figli
  • una nutrice
  • un precettore
  • un messaggero
  • il coro

Secondo la leggenda, Medea, principessa della Colchide, s'innamora follemente di Giasone l'Argonauta e l'aiuta a recuperare il Vello d'Oro impiegando le sue doti magiche. In seguito si trasferisce a Corinto assieme a Giasone e lì partorisce due figli. Ciò nonostante, egli decide di divorziare dalla protagonista per sposare una donna più illustre: la figlia di Creonte, re di Corinto. Giasone cerca di difendersi sostenendo di avere il diritto morale di separarsi da Medea poiché quest'ultima ha adempiuto al suo dovere principale, ossia dargli dei figli legittimi. Medea non accoglie bene la notizia.

nella versione di euripide medea non appare come una spietata assassina bensì come una madre sofferente, denigrata da un marito sleale.

Creonte, temendo per l'incolumità di sua figlia, comunica a Medea che presto verrà esiliata. Visibilmente turbata, la protagonista chiede che le venga concesso un solo giorno in più. La sua richiesta viene accontentata, ma i timori del re si rivelano fondati: in cerca di vendetta, Medea decide non solo di uccidere la nuova moglie di Giasone ma anche i propri figli. Nel frattempo il re di Atene, Egeo, le concede asilo nella sua città. Il giorno seguente la protagonista riesce ad avvelenare la sposa di Giasone e persino re Creonte. Dopo l'omicidio dei suoi bambini Medea affronta Giasone, per poi volare via sul carro di suo nonno Elios, il dio del sole. L'uomo viene dunque lasciato solo, senza moglie né figli. Così si conclude la versione della storia scritta da Euripide. In altri adattamenti del mito Medea uccide i suoi figli accidentalmente nel tentativo di renderli immortali, oppure sono i cittadini di Corinto ad assassinarli nel tempio di Era in seguito all'uccisione della loro principessa da parte di Medea.

Medea Sarcophagus
Sarcofago con scene del mito di Medea
Carole Raddato (CC BY-NC-SA)

La trama

La storia inizia dopo che Medea viene a sapere che Giasone intende sposare la figlia del re Creonte. La protagonista è in casa, sofferente e in preda al pianto. La nutrice dei bambini è all'esterno e, preoccupata per lo stato mentale della sua signora, si rivolge al pubblico:

...ma ora l'odio regna su tutto e l'amore leale è stato umiliato, poiché Giasone ha tradito la mia signora e i suoi figli entrando nel letto reale accanto alla figlia di Creonte, sovrano di questa terra, e oltraggiando la povera Medea.

La nutrice sente che qualcosa di terribile sta per accadere dal momento che ormai Medea odia i suoi bambini al punto da non volerli nemmeno vedere, e teme che la madre possa fargli del male. Quando il precettore entra in scena, condivide i suoi timori e sospetti con la nutrice: egli è preoccupato per Medea e si chiede se abbia smesso o meno di affliggersi. Il precettore a quel punto riceve l'ordine di tenere i bambini lontano dalla loro madre finché questa non si sia placata.

La scena si sposta all'interno, là dove si trova Medea:

La sofferenza che ho patito, gli amari lamenti che ho levato! Oh, figli maledetti di una madre odiata, che possiate morire voi assieme a vostro padre. La famiglia, la casa, che vada tutto all'inferno!

La protagonista giunge persino a invocare la morte: si rivolge ad Artemide e Temi per mostrare alle dee il suo dolore e per pregarle di distruggere il palazzo come ritorsione per ciò che le è stato fatto. La nutrice sente la supplica di Medea e, chiedendo aiuto agli dei, esprime le sue paure per la sicurezza dei bambini. Medea appare in scena e si rivolge al pubblico di Giasone: parla alle donne di Corinto riguardo agli uomini in generale, di come questi pensino che le donne si godano la vita, al sicuro dai pericoli, mentre loro sono impegnati in battaglia. Ma Medea preferirebbe combattere in guerra piuttosto che affrontare un parto.

Maltrattata e portata via da una terra straniera, come fossi un bottino...se potessi trovare il modo di punire Giasone per avermi lasciata...

Attic Column-Krater
Cratere a colonnette attico
Peter Roan (CC BY-NC-SA)

Medea viene a sapere da re Creonte che dovrà lasciare Corinto. Quando lei gli domanda il motivo alla base della sua espulsione, Creonte risponde: "Mi fai paura, non lo nascondo, temo che tu possa fare del male a mia figlia". Medea lo rassicura dicendogli che l'oggetto del suo odio è Giasone e non la sposa. Nonostante le sue suppliche, il sovrano rimane fermo sulla decisione di esiliarla.

Il re è pronto a deportarla con la forza se necessario, al che Medea cede e fa un ultimo appello, chiedendo che le venga concesso un solo giorno così che possa trovare una sistemazione per i suoi figli. Creonte accetta, ma non appena egli abbandona la scena Medea dichiara a gran voce:

...mi ha concesso un giorno, il giorno in cui i miei tre nemici diventeranno cadaveri: il padre, la figlia e anche mio marito.

Giasone entra in scena, avvicinandosi a Medea, e la rassicura che non verrà lasciata vivere in povertà. Questa reagisce prima dandogli del vile e poi ricordandogli di come lei abbia lasciato la sua terra dopo averlo aiutato a recuperare il Vello d'Oro. Giasone la ignora sostenendo che lei non deve far altro che incolpare se stessa per il suo esilio. L'uomo insomma la detesta ma, ciò nonostante, vuole riservarle un buon trattamento.

Sono pronto ad aiutarti generosamente e a far sì che i miei amici altrove ti trattino con rispetto. Se rifiuti tutto questo, donna, sei una folle. Metti da parte la tua ira, sarà meglio per te.

Giasone se ne va lasciando da sola Medea. A questo punto Egeo, re di Atene, entra in scena: è di ritorno dall'oracolo di Apollo a cui ha chiesto consiglio per ottenere degli eredi al trono. A quanto pare a Corinto abita un profeta in grado di aiutarlo. Rivolgendosi a Medea, le chiede come mai stia piangendo e questa gli confida i problemi esistenti tra lei e Giasone. Il sovrano sembra capire e, pertanto, in cambio Medea promette di aiutarlo a porre fine alla sua infertilità: "Conosco pozioni così efficaci che ti permetteranno di generare della prole." Egeo, dunque, le concede asilo ad Atene nel caso in cui riuscisse a scappare da Corinto. Quando il re esce di scena, Medea rivolge una preghiera a Zeus con rinnovata speranza, per poi rivelare al pubblico il suo piano: offrirà i suoi migliori auguri a Giasone, facendogli sapere che ha preparato un regalo per la sposa, un abito dalla stoffa sottile e una corona intrecciata d'oro battuto. Nessuno sa, però, che il vestito porta con sé un sortilegio. Per quanto riguarda il destino dei suoi bambini, Medea aggiunge:

Mi addolora il fatto che dovrò uccidere i figli miei, ma nessun altro potrà sottrarli a questa sorte.

La protagonista richiama Giasone per chiedergli perdono; sono presenti anche i bambini a cui assicura che la sua ira è cessata. Giasone si rallegra poiché Medea pare aver riacquistato il buonsenso. All'origine della sua rabbia, infatti, non c'era che la preoccupazione per i figli, i quali resteranno con il padre. L'unica condizione chiesta da Medea è che essi non vengano esiliati. Dopo che Giasone se n'è andato, il precettore le fa sapere che la principessa ha ricevuto i regali. A quel punto Medea comunica ai figli che verrà esiliata e poi, parlando fra sé e sé, conclude che le è rimasta solo una cosa da fare:

...per nessun motivo lascerò i miei bambini in mano al nemico così che possano essere trattati con atrocità.

Se proprio devono morire, allora sarà per mano sua. Un messaggero arriva con una notizia: la principessa e suo padre sono morti. Medea gioisce:

Allora è deciso, metterò fine alla vita dei bambini il più velocemente possibile e me ne andrò da questa terra.

La protagonista rientra in casa pronunciando queste parole, "sono una donna fatta di dolore", prima di uccidere i bambini lontano dagli occhi del pubblico. In seguito appare sulla scena Giasone con in mano la spada che ha trafitto i suoi figli. Medea è in volo sopra di lui, a bordo di un carro su cui ci sono anche i cadaveri dei due bambini. L'uomo così si rivolge alla protagonista:

Sei una creatura d'odio, la donna più detestabile di fronte agli dei, a me, all'umanità intera.

Helios Red-Figure Vase
Elios, vaso a figure rosse
The British Museum (Copyright)

Nessun greco avrebbe mai commesso nulla di simile. Medea risponde che Zeus è a conoscenza delle azioni di Giasone. L'uomo è addolorato dal fatto che non potrà mai più condividere il letto nuziale né parlare con i suoi figli, e accusa Medea di essere una madre spregevole. Ma questa risponde affermando che non è stata la sua mano ad uccidere i bambini; gli dei sanno chi è il vero responsabile. Giasone allora chiede che gli vengano restituiti i corpi dei suoi figli così che possano essere seppelliti. "No!" ribatte Medea, essi verranno sepolti presso il tempio di Era. Prima di volare via, la donna precisa che tutto ciò che ha compiuto aveva lo scopo di tormentarlo. Giasone rimane solo, senza moglie né figli, incolpando Zeus e gli dei per aver permesso tutto questo:

...cosa ho sofferto a causa di questa abominevole leonessa, divoratrice di bambini.

Interpretazione

Nella Medea di Euripide viene ritratta una donna già nota al pubblico dai racconti sugli Argonauti e la ricerca del Vello d'Oro. Alcuni critici considerano Euripide un misogino poiché rappresenta le donne come delle terribili assassine; nella realtà, invece, pare che dimostrasse un profondo rispetto nonché comprensione nei confronti del sesso femminile. Nel suo libro The Classical Greeks Michael Grant afferma che il poeta ammirava i sacrifici fatti dalle donne e provava pietà per la loro sofferenza.

Secondo quanto John Davie sostiene nel prologo alla propria traduzione dell'opera di Euripide, il drammaturgo era affascinato dalla mente di Medea. Non pensava fosse una donna senza cuore, ma piuttosto una donna ferita. Da immigrata in una terra straniera qual era, Medea ci viene presentata come una vittima, una madre tormentata; non è l'odio a spingerla ad uccidere bensì la passione. Michael Grant pensa che tragedia presenti un tema originale, ossia "il potere della passione". Medea si trasforma in un mostro a causa del torto imperdonabile subito ma, a prescindere dalla malvagità delle sue azioni, lei sa perfettamente cosa sta compiendo.

Non viene rappresentata come una madre omicida e spietata, piuttosto come una vittima, tradita da un marito che intendeva sposare un'altra donna più illustre. Nel corso della sua vita, Euripide vide la propria città adottiva soffrire le conseguenze della Guerra del Peloponneso e comprese che i conflitti non affliggevano soltanto gli uomini impegnati nei combattimenti ma anche le donne che rimanevano a casa. Euripide fu testimone del male intrinseco nella guerra. Come Hamilton scrisse: "Nessun poeta ebbe un orecchio così sensibile da sentire la lenta e triste musica dell'umanità..." (205). In un certo senso Medea rappresentava questa sofferenza e, nonostante Giasone non fosse in guerra, la donna si sentiva comunque tradita e abbandonata.

Info traduttore

Medea Santonocito
Traduttrice con uno spiccato interesse per la storia e il patrimonio culturale, ha lavorato per diversi enti e associazioni culturali. Nel tempo libero scrive articoli online di vario argomento. Attualmente risiede in Scozia.

Info autore

Donald L. Wasson
Donald insegna Storia antica, medievale e Storia degli Stati Uniti al Lincoln College di Normal, Illinois. È sempre stato (e sempre sarà) uno studioso di storia, sin da quando incontrò per la prima volta la figura di Alessandro Magno. Il suo desiderio è quello di trasmettere tale conoscenza ai suoi studenti.

Cita questo lavoro

Stile APA

Wasson, D. L. (2018, febbraio 14). Medea [Medea (Play)]. (M. Santonocito, Traduttore). World History Encyclopedia. Estratto da https://www.worldhistory.org/trans/it/1-10332/medea/

Stile CHICAGO

Wasson, Donald L.. "Medea." Tradotto da Medea Santonocito. World History Encyclopedia. Modificato il febbraio 14, 2018. https://www.worldhistory.org/trans/it/1-10332/medea/.

Stile MLA

Wasson, Donald L.. "Medea." Tradotto da Medea Santonocito. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 14 feb 2018. Web. 21 nov 2024.