La scultura romana fondeva la perfezione idealizzata della scultura greca classica con una maggiore aspirazione al realismo. Inoltra, fece proprie preferenze artistiche e stili provenienti dall'Oriente per creare immagini in pietra e bronzo che si collocano tra le migliori opere dell'antichità. Grazie ad artisti che lavoravano in tutto l'impero e ai gusti del pubblico in continua evoluzione nel corso dei secoli, la scultura romana sorprende per la sua varietà.
Gli scultori romani, al di là del contributo unico fornito, attraverso le riproduzioni di popolari capolavori greci del passato, hanno permesso di conservare per i posteri opere inestimabili, principalmente di artisti greci realizzate in bronzo pregiato, che altrimenti il panorama artistico mondiale avrebbe perso.
Evoluzione
Come per la scultura greca, i Romani lavoravano pietra, metalli preziosi, vetro e terracotta, tuttavia, prediligevano bronzo e marmo per le opere più raffinate. Dal momento che il metallo, da sempre, veniva spesso richiesto per essere riutilizzato, la maggior parte delle sculture romane rimaste è in marmo.
La predilezione dei Romani per la scultura greca ed ellenistica fece sì che, una volta esaurita la disponibilità di opere originali, gli scultori non avessero altra scelta se non quella di realizzare delle copie, la cui qualità variava a seconda delle capacità dello scultore. Ad Atene e nella stessa Roma esisteva una scuola specializzata nella riproduzione di celebri opere originali greche; quest'ultima era gestita da Pasitele, Archesilao, Evandro, Glicone e Apollonio. Un esempio del lavoro realizzato nella scuola è la statua in marmo di Oreste ed Elettra del I secolo a.C., oggi conservata al Museo archeologico di Napoli. Gli scultori romani produssero anche copie in miniatura di molti originali greci, spesso in bronzo, che gli amanti dell'arte collezionavano ed esponevano a casa all'interno di teche.
La scultura romana iniziò tuttavia ad esplorare nuove forme di espressione artistica, allontanandosi dalle radici etrusche e greche. Dalla metà del I secolo gli artisti romani cercarono di cogliere e creare effetti ottici di luce e ombra per ottenere un maggiore realismo. Nella tarda antichità, ci fu persino un avvicinamento verso l'impressionismo che utilizzava giochi di luce e forme astratte.
Anche la scultura divenne più monumentale, caratterizzata da statue imponenti e straordinarie di imperatori, divinità ed eroi, come ad esempio la gigantesca statua in bronzo di Marco Aurelio a cavallo o la statua ancora più maestosa di Costantino I (di cui restano solo la testa, la mano e alcuni arti), entrambe conservate ai Musei Capitolini di Roma. Verso la fine dell'Impero, la scultura di figure umane tendeva a mancare di proporzione, le teste in particolare vennero ingrandite e le forme di frequente presentate in modo piatto e frontale, mostrando l'influenza dell'arte orientale.
È importante distinguere due "mercati" ben precisi per la scultura romana, da un lato il mercato della classe dirigente aristocratica che prediligeva una scultura più classica e idealistica, dall'altro il quello più provinciale e "borghese", con una preferenza per un tipo di scultura più naturalistica ed emotiva, soprattutto nella ritrattistica e nelle opere funerarie (anche se le difficoltà degli artisti lontani dai grandi centri urbani potrebbero essere al centro delle differenze di stile). Un interessante confronto tra i due approcci si può trovare nella Colonna Traiana a Roma e in un trofeo ad Adamclisi, entrambi eretti per commemorare campagne daciche.
Scultura e ritrattistica
Al pari degli scultori greci, anche i Romani amavano raffigurare le divinità sotto forma di statue. Quando gli imperatori romani iniziarono a rivendicare la propria natura divina, anch'essi divennero oggetto di statue spesso colossali e idealizzate, dove il soggetto veniva raffigurato con le braccia distese rivolte verso la folla e in una posizione adeguatamente autorevole, come nel caso dell'Augusto di Prima Porta.
Le statue potevano anche essere utilizzate a scopo decorativo in casa o in giardino e riprodotte in miniature realizzate con metalli preziosi quali l' argento. Un esempio di tali statue erano i Lares Familiares, prerogativa dei romani, generalmente in bronzo, rappresentavano gli spiriti protettori della casa. Di solito venivano esposti a coppie in una nicchia all'interno della casa, raffiguravano giovani con braccia sollevate, capelli lunghi e con indosso tunica e mantello.
In particolare, è nell'area specifica della ritrattistica che la scultura romana viene veramente alla ribalta e si scosta dagli artisti greci e dalle altre tradizioni artistiche. All'origine del realismo che caratterizzava la ritrattistica romana potrebbe esserci la tradizione di tenere nella casa di famiglia maschere funerarie in cera degli antenati defunti, che venivano indossate dai familiari ai funerali. Si trattava spesso di raffigurazioni accurate, in cui venivano rappresentati anche i difetti e i tratti meno lusinghieri del volto. In pietra, troviamo molti esempi di busti privati che si allontanano dai ritratti idealizzati della scultura precedente e presentano il soggetto come vecchio, rugoso, segnato o flaccido; in breve, i ritratti mettono in mostra la verità.
Ancora una volta, nei ritratti ufficiali dell'élite regnante, a differenza di quanto accadeva per le classi inferiori, il soggetto continuò a essere idealizzato; ad esempio, la statua di Augusto come Pontifex Maximus presenta l'imperatore con un aspetto molto più giovane e fresco di quanto non fosse in realtà (fine del I secolo a.C.). All'epoca di Claudio, tuttavia, a metà del I secolo a.C., e ancor più nel periodo di Nerone e degli imperatori Flavi, la ritrattistica ufficiale provò ad essere più realistica. Nello stesso periodo, i ritratti femminili si distinguono anche per le acconciature elaborate e senza dubbio rappresentavano fonte di ispirazione in materia di moda.
Sotto Adriano ci fu un ritorno alle raffigurazioni idealizzate come nella scultura greca classica (ad esempio la statua colossale di Antinoo, 130 ca.), tuttavia, le opere in marmo erano innovative in termini di resa più naturale degli occhi. In precedenza, la pupilla e l'iride venivano solo dipinte sulla scultura, da quel momento in poi vennero scolpite come accadeva per le opere in bronzo e in terracotta.
Nel periodo degli Antonini si ritornò al realismo e alla rappresentazione di tratti quali zampe di gallina e flaccidezza. In questo periodo si diffuse anche la tendenza a lucidare le parti in marmo della cute che andavano a creare un contrasto soprattutto con i capelli, profondamente scolpiti e non lucidati. Inoltre, divenne di moda rappresentare il busto in maniera completa e che andava oltre le spalle. (Si veda, ad esempio, il busto di Commodo come Ercole, 190-2 circa, nel Museo Capitolino di Roma). Il busto di Caracalla (215 ca.), conservato nello stesso museo, è un altro buon esempio dell'allontanarsi dall'idealismo nella ritrattistica d'élite, dal momento che l'imperatore viene raffigurato con la barba incolta, un'inclinazione decisa della testa, la bocca serrata e uno sguardo severo che ne tradiscono chiaramente il carattere.
Nel tardo Impero la ritrattistica d'élite divenne formulaica e abbandonò ogni tentativo di catturare realisticamente gli attributi fisici del soggetto. Rappresentazioni di imperatori come Diocleziano, Galerio e Costantino I (si veda la colossale testa in bronzo dei Musei Capitolini), ad esempio, non presentano quasi alcun tratto fisionomico distinguibile, forse nel tentativo di ribadire la distanza dell'imperatore dai comuni mortali e la vicinanza al divino.
Scultura architettonica
La scultura negli edifici romani poteva essere semplicemente decorativa o avere uno scopo più politico, ad esempio sugli archi di trionfo (che il più delle volte celebravano le vittorie militari) la scultura architettonica catturava in dettaglio gli eventi chiave della campagna, rafforzando il messaggio che l'imperatore fosse un agente vittorioso e civilizzatore del mondo conosciuto. Un tipico esempio è l'Arco di Costantino a Roma (315 ca.), che mostra i "barbari" sconfitti e schiavizzati per ribadire la superiorità di Roma. Allo stesso modo, nelle colonne come la Colonna Traiana (113 ca.), la scultura poteva mostrare l'imperatore come un ottimo condottiero meticolosamente preparato, militarmente all'avanguardia e fonte di ispirazione per le truppe. Una tale rappresentazione di persone reali e figure storiche caratteristiche della scultura architettonica è in netto contrasto con la scultura greca, dove le grandi vittorie militari venivano solitamente presentate sottoforma di metafora, utilizzando figure appartenenti alla mitologia greca quali amazzoni e centauri, come nel caso del Partenone.
Gli altari potevano anche essere utilizzati per presentare personaggi importanti sotto una luce favorevole; forse il primo pezzo del genere è l'altare di Domizio Ahenobarbo di Roma (100 a.C. circa) che raffigurerebbe l'oratore Marco Antonio. L'altare più famoso di tutti è l'Ara Pacis di Augusto (completata nel 9 a.C.) a Roma, un enorme blocco in muratura raffigurante spettatori e partecipanti di una processione religiosa. A differenza della scultura ufficiale del periodo successivo, l'imperatore viene rappresentato in maniera sobria, ma a rendere il monumento degno di nota è la resa delle figure in movimento. Si possono osservare un bambino che indossa la toga, la sorella di Augusto che intima a due chiacchieroni di tacere e così via, apparentemente immortalati in un unico istante come avviene in fotografia.
Scultura funeraria
I busti funerari e le stele (lapidi) costituivano una delle forme di scultura più comuni nel mondo romano. Le sculture potevano raffigurare il defunto da solo, con il partner, i figli e persino gli schiavi (si veda la lapide del mercante di grano Ampudius, del I secolo, ora al British Museum). Le figure venivano rappresentate solitamente con una toga e le donne potevano assumere la posa della pudicitia con la mano sul mento in segno di rimorso. Comuni erano anche gli altari funerari, che potevano riportare scene in rilievo riguardanti la vita del defunto o scene pastorali e nel caso dei più ricchi raffigurare diverse generazioni di componenti della famiglia.
A partire dal II secolo la sepoltura (in contrapposizione alla più tradizionale cremazione) divenne più comune e si sviluppò un mercato legato ai sarcofagi, i quali venivano scolpiti in pietra e spesso riportavano scene mitologiche in alto rilievo su tutti e quattro i lati e persino sul coperchio. I sarcofagi "asiatici" erano i più decorati, con rilievi intagliati quasi a tutto tondo. Il tipo Proconnesio presentava sculture di fanciulle che reggevano ghirlande e il tipo "Roma" aveva un lato vuoto per appoggiare il sarcofago a una parete. Dal II secolo la scultura poteva includere anche il ritratto del defunto, raffigurato di solito in veste eroica, come fosse un generale vittorioso o, successivamente, immobile su di un pannello dedicato o un tondo posto sul lato anteriore.
Esempi eccezionali
I due grandi pannelli a rilievo dell'Arco di Tito a Roma vengono considerati il primo tentativo riuscito di creare profondità e spazio nella scultura. I pannelli raffigurano scene del corteo trionfale dell'imperatore nel 71 dopo le campagne in Giudea; uno mostra Tito in sella a un carro trainato da quattro cavalli, mentre l'altro mostra il bottino del tempio di Gerusalemme. La prospettiva viene ottenuta con successo facendo arretrare le figure sullo sfondo e scolpendole in altorilievo man mano che si avvicinano al primo piano. Anche al centro della scena il rilievo è più alto e lo sfondo leggermente curvo verso l'interno del pannello. In questo modo si crea una scena vivace, ricca di profondità e movimento.
La statua equestre in bronzo dorato di Marco Aurelio, alta 3,52 m, è una delle più imponenti statue in bronzo dell'antichità. Eretta, probabilmente, tra il 176 e il 180 in un luogo sconosciuto di Roma. La statua commemorava le vittorie dell'imperatore sulle tribù germaniche nel 176 o la sua morte nel 180. La straordinaria conservazione viene attribuita al fatto che l'imperatore potrebbe essere stato confuso per Costantino. Alla fine del 1980 circa sono stati eseguiti i necessari lavori di restauro, poiché la statua si stava lentamente deteriorando all'aria aperta, tuttavia, oggi occupa un posto d'onore all'interno di una sala appositamente costruita nei Musei Capitolini di Roma.
Il ritratto di Commodo nei panni dell'eroe Ercole (190-2 ca.) è un esempio lampante di come la ritrattistica d'élite nell'arte romana potesse essere realistica e idealistica allo stesso tempo. I tratti dell'imperatore sono chiaramente riconoscibili e l' espressione esprime all'osservatore un'indifferenza consapevole. Anche l'artista, intenzionalmente o meno, ha rivelato qualcosa dell'arroganza e della debolezza di questo famigerato imperatore. In una cruda descrizione di Mortimer Wheeler:
L'imperatore, dai lineamenti lisci ed effeminati, le braccia deboli, il viso fragile e flaccido circondato dall'aureola di capelli eccessivamente tagliati e ricci, con la pelle di leone, la clava e le piccole "mele di Esperide" che tiene nella mano fragile e curata, è un simulacro eloquente tanto delicato quanto brutale. Non c'è dubbio che questa statua abbia sia deliziato che rivelato il sadico pervertito che ha così fedelmente immortalato. (1964,170)
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Conclusione
La scultura romana, quindi, non solo ci ha fornito un'inestimabile documentazione dei precedenti capolavori greci, ma ha anche contribuito con grandi opere a sé stanti. I contributi unici di tale forma d'arte includono l'uso di narrazioni storiche e un realismo senza precedenti nei ritratti, i quali possono assumere la forma di grandiosi imperatori vestiti da divinità o di comuni mortali che, grazie alla rappresentazione di particolari caratteristiche fisiche ed espressioni emotive, permettono di avvicinarsi un po' di più a un popolo vissuto tanto tempo fa.