La monetazione dell'antica Grecia ci ha regalato alcune delle immagini più riconoscibili dell'antichità: i disegni stampati sopra le monete infatti rappresentano l'autorappresentazione orgogliosa dell'identità della città che le ha coniate, nonché servono a garantire il valore della moneta stessa. Come documento archeologico, le monete sono una fonte inestimabile di informazioni riguardo a pratiche culturali, individualità di spicco del mondo antico e antiche relazioni internazionali.
Evoluzione e funzione della monetazione
Il commercio nel mondo antico era in gran parte condotto attraverso lo scambio di un tipo di merce con un altro, in un sistema generale di baratto che è statao attivo e ben funzionante per millenni. Ad un certo punto, alcune merci iniziano ad essere scambiate con grandi barre di metallo, come il talento di bronzo o di rame: di queste barre entrambe le parti concordavano un valore convenzionale. Il passo successivo fu quello di utilizzare aste di metallo o spiedi (in greco da 'spiedo', obelos, deriva il nome di obolo per la moneta), lunghi anche 1.5 metri: ognuno poteva tenere in mano sei di questi 'spiedi' di metallo. Del resto, l'etimologia della stessa parola 'dracma', la moneta per eccellenza greca, deriva probabilmente proprio dal verbo drattomai, afferrare. Dall'uso di queste barre o bacchette nacque quindi l'idea di un materiale più facilmente trasportabile e universale che potesse essere scambiato con qualsiasi bene o servizio: appunto, la moneta.
Al regno di Lidia fu attribuito dai Greci il merito di aver inventato per la prima volta la moneta. In effetti, all'inizio del VI secolo a.C. circa monete furono coniate dal regno di Lidia, che pone sulle monete il sigillo dell'autorità per garantire il valore ed rendere le monete riconoscibili come autentiche. Queste monete erano tendenzialmente un po' più leggere del corrispettivo peso in metallo puro non coniato: in questo modo la zecca emittente poteva coprire il costo di conio e addirittura ottenere un piccolo profitto (è il c.d. 'aggio di cambio'). Nei secoli successivi alcuni stati progressivamente abuseranno di questo margine, producendo monete con un contenuto di metallo prezioso sempre più basso nel tentativo di dare un valore nominale ad una moneta in realtà priva di valore intrinseco. A causa di una pubblica derisione, ad esempio Atene fu costretta a ritirare un lotto di monete placcate che erano state coniate a seguito di una crisi finanziaria circa nel 406 a.C. Allora, come oggi, la monetazione poteva funzionare solo se le persone avevano fiducia nel suo valore per l'imediato presente e per il prossimo futuro.
Le prime monete greche apparvero ad Egina circa intorno al 600 a.C. ed erano d'argento. Egina utilizza fin da subito una tartaruga come simbolo della prosperità della città, basata sul commercio marittimo. Atene e Corinto seguirono presto l'esempio di Egina. La nascita della monetazione nella Grecia più ampia, tuttavia, non fu realmente un’invenzione di convenienza ma forse una necessità, dettata dal bisogno di pagare soldati mercenari. I mercenari, infatti, avevano bisogno di un modo più comodo di trasporto dei propri salari: lo stato allora adotta un metodo di pagamento che potesse essere applicato equamente a tutti. Tuttavia, soprattutto per il commercio marittimo, il baratto continuava a essere la forma di scambio più comune e diffusa, anche perché nel mondo antico c'era il problema fondamentale della diversità degli standard monetali tra città e città: il valore delle monete in diversi contesti era spesso diverso. Ciononostante, per i cittadini di una particolare città e dei territori circostanti la monetazione divenne un modo molto utile per acquistare e vendere beni, ed era conveniente per lo stato utilizzare monete per pagare piccoli servizi pubblici come la partecipazione ai tribunali. Questo nuovo strumento portatile e maneggevole diviene presto tanto conveniente che i greci più poveri erano soliti portare le loro monete in bocca quando andavano al mercato, mentre i greci più ricchi ora potevano disporre di un mezzo pratico per immagazzinare (e, all'occorrenza, nascondere) la loro ricchezza.
Alcuni stati più grandi furono in grado di imporre la propria valuta ad altre città-stato e di farla accettare come mezzo di scambio. La moneta d'argento ateniese del V secolo a.C. ne è un esempio, e forse fu il primo caso di una moneta unica utilizzata da stati diversi, ovvero i membri della Lega delio-attica. Esempi di tetradrammi ateniesi d'argento recanti la civetta (noti appunto nell'antichità come 'le civette ateniesi') sono stati trovati anche in Egitto, Palestina, Arabia e fino alla Battriana (odierno Afghanistan). La Lega Arcadica era un'altra organizzazione che coniava una moneta comune. Allo stesso modo, Alessandro Magno usò le sue monete in tutto l’impero macedone e molti stati le coniavano ancora due secoli dopo la sua morte. Altri popoli contemporanei copiarono l'approccio greco alle monete e produssero tipi simili, come gli Etruschi e i Cartaginesi.
La coniazione delle monete
Le monete greche venivano realizzate utilizzando principalmente l'argento e talora anche l'oro, l'elettro (una lega naturale di argento e oro) o una lega di rame e bronzo. I metalli venivano fusi in un focolare della fucina e poi, per standardizzare le dimensioni e il peso di ogni moneta grezza, il metallo fuso veniva colato in stampi o recipienti emisferici pre-preparati. In epoca più tarda, invece, spesso si tagliavano le 'fette' delle singole monete da cilindri metallici del diametro corretto.
Nel frattempo, un incisore incideva il disegno (in rilievo o rientrante) su stampi metallici di bronzo o ferro temprato, uno per ciascun lato della moneta (le prime monete spesso avevano stampato solo un lato). In alcune zecche del periodo classico, come nell'Italia meridionale e in Sicilia, gli incisori di monete firmavano addirittura le loro opere. Un conio (di solito il dritto) veniva posto su un'incudine e sopra veniva posto il tondello discoidale di metallo grezzo, riscaldato per renderlo sufficientemente morbido. L'operaio della zecca allora tenendo in mano l'altro conio, lo posizionava sopra il tondello grecco e dava una martellata. Il colpo lascia quindi il segno su entrambe le facce della moneta. A volte anche le vecchie monete venivano riconiate con nuovi disegni.
Diversi pesi di monete furono usati per creare diversi nominali, che andavano dall'obolo (un sesto di dracma) sino a valute molto pesanti. Il potere d'acquisto delle monete certo variava nel corso del tempo: alcune fonti ci illuminano alcuni contesti storici, così che siamo in grado di sapere, ad esempio, che all'inizio del V secolo a.C. l'ingresso ai festival teatrali di Atene costava due oboli, ovvero una giornata di lavoro. La maggior parte delle monete, però, erano coniate in argento e quindi avevano un valore relativamente alto, forse pari a una settimana di lavoro per la maggior parte dei cittadini. Solo nel periodo ellenistico si diffusero maggiormanete i nominali minori.
Ci sono stati tentativi di produrre monete contraffatte utilizzando un nucleo di basso valore, creando quindi monete di piombo o bronzo soltanto ricoperti da un sottile strato del metallo più prezioso (solitamente argento). Man mano che i disegni diventavano più complessi, diventavano più difficili da copiare. Inoltre, le prime monete spesso presentano dei fori, che evidentemente servivano a chi le utilizzava per testare, anche ripetutamente, la qualità del metallo e quindi determinare la vera composizione delle monete.
Le immagini sulle monete
Le monete greche di particolari poleis o città-stato spesso portavano disegni specifici che furono usati per secoli, diventando simboli immediatamente riconoscibili di quella città. Gli dei e le figure della mitologia greca erano particolarmente popolari, ma per rappresentare alcune città si potevano utilizzare una gamma infinita di soggetti. Curiosamente, il rovescio delle prime monete di solito aveva impressa solo una semplice forma geometrica, tendenzialmente un quadrato diviso in quarti. Successivamente, i coniatori e i responsabili delle zecche sfruttarono anche il rovescio come opportunità per 'raddoppiare' il messaggio visivo. A volte i disegni avevano una relazione con il valore della moneta, come quando Atene aggiunse un ramoscello d'ulivo in più per distinguere l'emidramma e la dracma, altrimenti simili.
Forse l'immagine monetale più famosa di tutti è la civetta di Atene, che appariva sul rovescio delle monete d'argento del tetradramma attico. Atena era la protettrice della città ed il suo volto appariva sul dritto. Corinto utilizzava Pegaso, il cavallo alato dell'eroe corinzio Bellerofonte, che secondo il mito riuscì a cavalcare Pegaso mentre l'animale beveva presso la fonte Priene appena fuori città. Le monete di Cnosso raffiguravano il labirinto della leggenda di Teseo e del Minotauro. Tebe invece aveva il caratteristico scudo beotico. Siracusa usò l'immagine della ninfa Aretusa con i delfini che le nuotano attorno, riferimento ovviamente alla potenza della città, basata sul commercio marittimo. Come abbiamo visto, l'obiettivo di Egina era lo stesso, anche se l'isola utilizzò una tartaruga marina poi sostituita da una tartaruga terrestre sulle monete di età più tarda. Poseidone appare sulle monete di Poseidonia, mentre Sileno su quelle di Naxos.
Anche piante e fiori locali rappresentavano un'immagine spesso scelta come simbolo, ad esempio la foglia di sedano per Selinunte, la rosa per Rodi e la spiga di grano per Metaponto. Molte città, dalla Sicilia alla Macedonia, decidono di coniare monete con aurighi, bighe e carri, in riferimento ai giochi olimpici o comunque panellenici. La lira è un altro emblema comune, come nelle monete di Delo. Ancora, si deve evidenziare come alcune monete presentano brevi iscrizioni, che altro non sono se non legende per indicare spesso le iniziali della città e dell'autorità che le emetteva: spesso Atene è indicata come Athe, ad esempio. Già in età classica, le autorità - sovrani, tiranni, governanti in generale - utilizzavano quindi le monete anche come strumento di propaganda, in modo da mostrare il simbolo della propria forza nei territori soggetti al loro dominio e, in generale in tutto il Mediterraneo, associando se stessi a dei ed eroi come Ercole.
Un prezioso documento storico
L'imprecisione caratteristica del processo produttivo delle monete nel mondo greco ha rappresentato una risorsa preziosa per gli archeologi. Esaminando la qualità (più o meno pura) del metallo di alcune monete o gli allineamenti dei disegni e le loro imperfezioni, gli studiosi riescono ad abbinare le diverse monete, riconducendole ad un lotto di monete battuto con lo stesso conio oppure a determinate zecche in periodi specifici. Queste informazioni permettono ovviamente di datare anche altri oggetti o i contesti in cui le monete sono state rinvenute. A volte, ad esempio, la semplice presenza di monete in determinati luoghi ha contribuito a stabilire antichi rapporti commerciali. Infine, le immagini sulle monete costituiscono una preziosa fonte iconografica legata alla religione greca, nonché una testimonianza delle pratiche dell'agricoltura e dei risultati dell'architettura. Le monete possono infatti in alcuni casi diventare un riferimento visivo per tutti quegli oggetti ormai perduti, dai tripodi consacrati alle divinità per una vittoria militare sino alle prue delle navi: talvolta, come nel caso di molti re della Battriana, sono la nostra unica fonte che tramanda il ritratto di un individuo.