Il Senato romano rappresentava essenzialmente un organo consultivo dei magistrati di Roma ed era composto dai funzionari pubblici più esperti della città e dalla classe più alta della società. Le decisioni del Senato avevano una grande importanza, anche se non venivano sempre convertite effettivamente in leggi vere e proprie. Il Senato continuò ad esercitare una forte influenza sul governo anche nel periodo imperiale, benché in misura minore.
Nel corso del tempo il Senato dovette assistere ad un sempre maggiore intervento dell'esercito nella politica, divenendo oggetto di manipolazioni, sia a livello personale sia assembleare, da parte degli imperatori. L'istituzione però sopravvisse a tutti gli imperatori e i senatori rimasero i più potenti attori politici di Roma, ricoprendo cariche pubbliche fondamentali, influenzando l'opinione pubblica, comandando legioni e governando province.
Le origini
I romani usavano il nome senatus per la loro assemblea più importante, termine che deriva da senex e significa 'vecchio': dunque, il significato letterale doveva essere quello di 'assemblea di vecchi', ovviamente connotata come saggia ed esperta. I membri erano talvolta indicati come 'padri' o patres. Insomma, questa combinazione di concetti illustra bene che il Senato era un organo progettato per fornire una guida ragionata ed equilibrata allo stato romano e al suo popolo.
Secondo la tradizione, il fondatore di Roma, Romolo, creò il primo Senato di 100 membri come organo consultivo del sovrano. Tuttavia, ben poco si sa sul suo ruolo effettivo nella storia arcaica e monarchica di Roma. All'inizio della Repubblica, è probabile che il Senato abbia preso forma come consiglio consultivo dei magistrati e, in un secondo momento, abbia accresciuto il proprio potere con l'inclusione dei magistrati in pensione, come indica la lex Ovinia (databile tra il 339 a.C. ed il 318 a.C.), che prevedeva che i membri del Senato dovessero essere reclutati dagli 'uomini migliori'. Ogni cinque anni la censura compilava un nuovo elenco di membri (la lectio senatus), ma i senatori di solito mantenevano il loro ruolo a vita, a meno che non avessero commesso un atto disonorevole. Ad esempio, nel 70 a.C. non meno di 64 senatori furono omessi dal nuovo elenco per condotta non dignitosa: ma ormai nella tarda repubblica si era fatta già strada una nuova e potente classe politica, che avrebbe dominato il governo romano per secoli.
L'Appartenenza al Senato
Nel III secolo a.C. i membri del Senato erano stabilmente 300. Dopo le riforme di Silla nell'81 a.C., i senatori arrivarono probabilmente a circa 500 e sembra che dopo questa data non ci sia stato né un numero minimo né un numero massimo specifico. Giulio Cesare promosse molte riforme a metà del I secolo a.C. e fece entrare in Senato molti suoi sostenitori, anche di altre città diverse da Roma, così che si arrivò a 900 senatori. Successivamente Augusto ridusse i membri a circa 600. I senatori erano guidati dal princeps senatus, che parlava sempre per primo nei dibattiti. La carica divenne meno importante negli ultimi anni della Repubblica, ma fu riportata alla ribalta sotto Augusto.
Ci sono prove che il Senato non fosse interamente composto da membri della classe aristocratica patrizia, anche se ne costituivano la maggioranza. Alcuni magistrati di rango non patrizio - come tribuni, edili e successivamente questori - potevano assistere e parlare alle sedute del Senato. Inoltre, tali membri venivano nominati senatori a pieno titolo nella successiva censura. Naturalmente non tutti i membri partecipavano attivamente alle sedute e molti si limitavano semplicemente ad ascoltare gli interventi e a votare.
Il rango di senatore portava con sé alcuni privilegi come il diritto di indossare una toga con una striscia color porpora (latus clavus), un anello senatorio, scarpe particolari, un epiteto (in epoca più tarda suddiviso con tre gradi: clarissimi, spectabiles, illustres), alcune agevolazioni fiscali e i migliori posti a feste e giochi pubblici. C'erano anche restrizioni però: nessun senatore poteva lasciare l'Italia senza l'approvazione del Senato, possedere grandi navi o fare offerte per appalti statali.
La Curia
Il Senato si riuniva in vari luoghi della città di Roma o almeno entro un miglio dal confine cittadino, ma il luogo doveva essere sacro, cioè un templum. Il luogo privilegiato era pertanto ovviamente un tempio, ma il Senato si riuniva più comunemente nella Curia, un edificio pubblico a Roma. La prima fu la Curia Hostilia, utilizzata all'inizio del regno, poi la Curia Cornelia, costruita da Silla, e infine la Curia Iulia, costruita da Cesare, terminata da Augusto e utilizzata successivamente. Le sessioni erano aperte al pubblico, tanto che veniva lasciata la porta aperta, permettendo quindi alle persone di sedersi fuori e ascoltare se lo desideravano.
Legislazione e Procedure
La funzione formale del Senato era quella di consigliare i magistrati (consoli, censori, questori, edili, ecc.) con decreti e risoluzioni. Alle sue decisioni era dato ulteriore peso dal fatto che molti senatori erano essi stessi ex magistrati con esperienza pratica di governo, e quindi, in pratica, i veti erano rari (ma avvenivano, ad esempio, da parte dei tribuni dell'assemblea popolare, i tribuni plebis). I magistrati dovevano anche considerare che sarebbero tornati a far parte del Senato dopo il loro mandato di un anno. Dopo l'attuazione i decreti del Senato divenivano legge. Eccezionalmente, durante le crisi della caduta della Repubblica, il Senato poteva emanare decreti d'urgenza (senatus consultum ultimum) se ritenuti necessari per la tutela dello Stato.
Dal IV secolo a.C.il Senato divenne sempre più influente sulla politica pubblica man mano che diminuiva il prestigio delle assemblee popolari e dei magistrati. Il Senato decideva su questioni di politica interna, anche finanziaria e religiosa, formulando prima proposte che solo in seguito le assemblee popolari avevano occasione di discutere. Anche la politica estera era considerata prerogativa del Senato, dall'ascolto di ambasciatori stranieri alle decisioni per distribuire le legioni, creare province e decidere i loro confini. Il Senato poteva anche discutere le leggi esistenti e le loro carenze. Inoltre, il Senato aveva il potere di conferire prestigio agli uomini più potenti di Roma, in particolare assegnando di trionfi per campagne militari di successo.
A testimoniare i lavori del Senato veniva redatto un verbale (senatus consulta), pubblicato per la consultazione pubblica nell'archivio pubblico, detto Tabularium. La pratica fu interrotta da Augusto. Tuttavia, i senatori potevano sempre accedere a questi documenti e gli scrittori, che erano quasi sempre senatori, non erano timidi nel citarli nelle loro opere.
Il Periodo Imperiale
Il Senato era ancora un organo influente, anche dopo che Augusto divenne imperatore. I senatori continuarono a dibattere e talvolta a disapprovare apertamente l'operato dell'imperatore e, come nota lo storico F. Santangelo, il Senato "conservò importanti prerogative in materia militare, fiscale e religiosa, e nominò i governatori delle province che non erano sotto il diretto controllo di Augusto" (Bagnall, 6142). Alcuni casi legali che coinvolgevano sia senatori sia non-senatori (ad esempio corruzione, estorsione e crimini contro il popolo) erano giudicati dal Senato e la sentenza non poteva essere modificata dall'imperatore.
Il Senato rimase un organo prestigioso con importanti poteri cerimoniali e simbolici, la cui appartenenza era ancora l'aspirazione dell'élite cittadina di Roma. L'accesso per qualsiasi nuovo membro era determinato dall'elezione alla questura (20 questori erano eletti all'anno). Augusto introdusse un censo minimo per l'appartenenza al Senato e quindi creò un ordine senatoriale in base al quale solo i figli di senatori o quelli a cui era stato conferito lo status dall'imperatore potevano diventare senatori. Nel corso dei secoli, con l'espansione dell'impero, si allargarono anche le origini geografiche dei senatori fino a quando, nel III secolo d.C., la metà dei senatori proveniva dalle province.
In pratica, nonostante la loro continua influenza e prestigio, i poteri dei senatori erano notevolmente diminuiti rispetto all'apice della Repubblica. Un piccolo gruppo di senatori era ora nominato dall'imperatore (consilium) decideva esattamente cosa sarebbe stato discusso dall'intero Senato, che lo stesso Augusto peraltro a volte presiedeva di persona. Tiberio (r. 14-37 d.C.) fu un altro assiduo frequentatore del Senato, ma rinunciò al consilium. Tuttavia molti imperatori successivamente si circondarono di un simile gruppo consultivo informale che comprendeva alcuni senatori. Il vero potere politico era nelle mani degli imperatori, anche se il Senato continuò ad approvare una grande quantità di leggi durante il principato. Un'altra influenza importante poteva essere esercitata dai senatori con i loro discorsi, ma quando gli imperatori iniziarono a farli essi stessi (orationes) vennero immediatamente citati dai giuristi: anche i discorsi dell'imperatore potevano avere, in termini pratici, forza di legge. Augusto stabilì anche un limite di tempo per i discorsi fatti da chiunque (ad eccezione dell'imperatore ovviamente). Il Senato di fatto divenne meno influente, ma gli imperatori ricevevano ancora formalmente il loro potere, e quindi la loro legittimità a governare, da esso. Il Senato poteva inoltre anche avere l'ultima parola sul regno di un imperatore dichiarandolo nemico pubblico o cancellandone ufficialmente la memoria (damnatio memoriae).
Le Minacce per il Senato
C'erano sfide dirette all'autorità del Senato oltre a quelle derivanti dal sistema di governo quotidiano di Roma. Ad esempio, intorno al 70 a.C. un organo legislativo rivale fu istituito in Spagna da Sertorio e lo stesso Senato fu spesso diviso in fazioni durante l'agonia della Repubblica, quando grandi gruppi di senatori si schierarono con gli uomini più potenti dell'epoca, Mario, Pompeo, Cesare. Anche un gran numero di senatori cadde vittima delle macchinazioni politiche di questi uomini ambiziosi, venendo espulso dal Senato o facendo anche una fine peggiore.
Per tutto il periodo imperiale la maggior parte degli imperatori riconobbe l'importanza della voce e del parere del Senato, ma la stessa presenza dell'imperatore, l'importanza data ai discorsi imperiali e l'uso dell'acclamazione piuttosto che del voto effettivo per approvare le leggi suggeriscono una visione d'insieme su come Senato sia progressivamente stato svuotato della sua natura di luogo di autentico dibattito politico.
Le riforme di Diocleziano (284-305 d.C.) e Costantino (306-337 d.C.) trasferirono molte cariche pubbliche dal rango senatorio a quello equestre e talora offuscarono la distinzione tra le due classi. Il tardo impero vide poi la decisiva decisione di dividere il Senato in due organi, uno a Roma e l'altro a Costantinopoli. Poiché l'imperatore risiedeva ora in quest'ultima città, il Senato di Roma si occupò solo delle questioni locali. Il Senato sopravvisse persino allo stesso Impero Romano d'Occidente, benché non abbia mai rivisto il potere e il prestigio di cui aveva goduto nei secoli centrali della Repubblica, prima che Roma fosse dominata dalla ricchezza e dagli eserciti di singoli individui.