La civiltà etrusca, che fiorì nell'Italia centrale tra l'VIII ed il III secolo a.C., si guadagnò nell'antichità la reputazione per essere amante dei partiti quando si trattava di fare la guerra, ma la realtà è alquanto diversa. Essendo la storia scritta nella maggior parte dei casi dai vincitori, gli etruschi vennero soggiogati ed assimilati nell'impero romano in rapida espansione, e gli autori latini minimizzarono il debito da riconoscere alla prima grande civiltà dell'Italia ed alle difficoltà che essi affrontarono per divenire i dominatori nella regione. In assenza di propri testi scritti esaustivi, la storia degli etruschi va ricostruita con i pochi resti della loro cultura, nello specifico, i residui delle mura di fortificazione, le armi superstiti, armature, e raffigurazioni artistiche illustrative di tematiche relative all'arte bellica, e resoconti indiretti di antichi cronisti. Nonostante ciò, alcune caratteristiche dell'arte militare etrusca ci sono chiare: l'uso di armature in bronzo, scudi e spade, la preoccupazione per la difesa rappresentata dalla costruzione di mura di fortificazione, ed una generale mancanza di coesione tra città, che avrebbe, alla fine, suonato da campana a morte della cultura etrusca.
Armi ed armature
Gli eserciti etruschi, come la maggior parte delle unità combattenti del Mediterraneo del tempo, erano estrazione del nucleo cittadino che era altrimenti dedito all'agricoltura quando non in guerra. I soldati pagavano per il loro equipaggiamento e combattevano per la loro città-stato per proteggere la sua ed i loro interessi sia per difendere il proprio territorio o per espanderlo, per il controllo di rotte commerciali su terraferma o mare, e per acquisire le risorse che ritenevano necessarie. A partire dal V secolo a.C., evidenza di soldati retribuiti e di mercenari si evince dal conio di monete per tale scopo.
L'armatura era di bronzo e prendeva la forma di placche pettorali, ciccioli per proteggere la parte inferiore delle gambe, elmi, e scudi rotondi, molto similmente all'oplite nell'arte bellica greca. E' verosimile che cuoio indurito venisse anche ampiamente usato quale armatura per il corpo. Più leggero ed efficace del bronzo, tale materiale deperibile non è potuto sopravvivere come è accaduto per le armature in bronzo. Le armi principali erano lance in bronzo e spade a doppio taglio. Una stele da Vetulonia illustra un guerriero etrusco che brandisce una doppia scure, ma questa potrebbe essere stata un simbolo di autorità più che un'arma. Sia armature in bronzo che le armi tipiche dell'oplite greco sono state rinvenute in molteplici tombe etrusche dell'VIII e VII secolo a.C. in siti quali Cerveteri, Tarquinia, Veio e Vetulonia. Comunque, è importante notare qui che alcune di queste armi, ed elmi in particolare, possano avere avuto solo un simbolico scopo rituale e non siano state di fatto utilizzate in battaglia. Un esempio è il famoso elmo in bronzo di Veio con la sua enorme ed impratica cresta triangolare. Elmi corinti sono anche stati rinvenuti in tombe, ma il tipo più comune è quello semplice in bronzo a sagoma di campana dotato di tesa stretta e, in alcuni casi, di proteggi-guance rimovibili.
Un'altra questione poco chiara è l'utilizzo dei cavalli in combattimento. Le tombe abbondano di morsi di cavallo in bronzo, e vi sono numerosi cocchi a due ruote sepolti con i defunti. Se questi fossero usati in combattimento o se fossero semplicemente un simbolo di ricchezza oppure se avessero il solo scopo di assistere i defunti nel loro passaggio alla loro prossima vita è una questione controversa.
Organizzazione e tattiche
Come chiarisce lo storico N. Spivey, ricostruire il passato militare etrusco presenta le sue difficoltà:
L'evidenza letteraria è inaffidabile, e l'evidenza iconografica va trattata con cautela. La ricostruzione delle realtà etrusche da raffigurazioni di guerrieri da manufatti di importazione greca e del vicino oriente è pericolosa (127)
Scrittori romani ed arte etrusca dimostrano che i guerrieri etruschi, armati come erano quali opliti greci, possano anche avere adottato la formazione a falange greca - una linea di guerrieri che avanza all'unisono sul campo di battaglia con fitte lance e difendendosi l'un l'altro con una solida barriera di scudi in bronzo. La tattica bellica degli opliti era rapida e brutale con i due schieramenti che si scontravano ma con il vantaggio che l'evento era spesso risolto in un unico incontro.
Comunque, tali tattiche quali la falange potrebbero essere state utilizzate inizialmente nella storia etrusca quando le battaglie erano tra città rivali per risolvere dispute con una formula a battaglia unica. Il fatto che la maggior parte degli elmi etruschi siano di un tipo più semplice di tipo a ciotola potrebbe suggerire che fare la guerra normalmente avveniva in maniera più dinamica, e maggior visibilità e mobilità richiedevano quel tipo di elmo. La maggiore protezione ma visibilità più limitata dell'elmo corinto è più idonea per scontri più statici a falange, ma questi sono in minoranza quando riferiti a ritrovamenti archeologici. Similmente, gli scudi sono generalmente più piccolinel V secolo a.C. se paragonati a quelli del VI secolo a.C.
Fortificazioni e guerra d'assedio
Molte città etrusche erano protette da mura cittadine. Non sempre avvolgevano interamente la città, esse la proteggevano da attacchi nei punti più deboli. Quelle sezioni che non beneficiavano di mura erano normalmente protette da un precipizio naturale o terrazzamenti e fossati fatti dall'uomo. Porzioni di mura fortificate sopravvivono a Cerveteri, Tarquinia, Veio, Vulci, ed altre città. Fatte o da mattoni di fango su di una base di pietra od interamente da blocchi di tufo, la maggior parte risalgono a pertire dal V secolo a.C. Molte comprendono porte d'accesso ben costruite con proprie torri. Tali fortificazioni erano progettate per offrire alla comunità - tanto cittadina quanto abitante in campagna - un punto di riparo temporaneo in caso di attacco. Tuttavia, che le mura potessero reggere un attacco prolungato è evidenziato dall'asssedio di 10 anni di Roma a Veio tra il 406 ed il 396 a.C.
Guerra sul mare
Se la storia della condotta militare terreste etrusca è piuttosto frammentata, di contro le loro imprese navali sono decisamente ben inserite nella documentazione storica. Con abbondanza di risorse in legname, gli etruschi erano capaci di costruire grandi navi a vela che, sotto il potere dei remi in battaglia, potevano speronare le navi nemiche e quindi abbordarle con i propri complementi di soldati appiedati se necessario. L'importanza per l'economia etrusca del commercio marittimo è attestato dalla raffigurazione artistiche di navi, dalla presenza di modellini di navi nelle tombe, e dal prodigioso ammontare di merci che trovarono la via verso l'Etruria.
Che gli etruschi fossero abili marinai e navigatori è attestato da scrittori greci e romani, anche se solamente attraverso il complimento a rovescio nel riferirsi continuamente a loro collettivamente quali pirati del Tirreno, tale era il loro dominio nelle acque al largo delle coste dell'Italia occidentale. Questa 'pirateria' era verosimilmente una forma legittima di operazioni commerciali che i greci ed i romani avrebbero volentieri amato praticare per loro stessi. La leggendaria abilità dei marinai etruschi è ulteriormente illustrata nel mito greco dove anche il dio Dioniso si vede catturato da loro e riesce a fuggire solamente avendo tramuto i marinai in delfini. Scrittori greci riferiscono che gli etruschi riuscirono ad occupare parti della Sicilia, Sardegna, Corsica, Samos, Francia e Spagna meridionale, anche rivaleggiando con la grande potenza navale di Cartagine nel Mediterraneo. I bei tempi in mare giunsero ad una fine, di fatto, con l'ascesa di Siracusa e la sconfitta nella battaglia di Cuma nel 474 a.C.
La conquista romana
Gli eserciti etruschi di soldati a tempo parziale, probabilmente reclutati su base di parentela o di appartenenza ad un clan, si dimostrarono non all'altezza per l'esercito romano più professionale e tatticamente dinamico che era in grado di attingere a maggiori risorse sia di uomini che di equipaggiamento. Un altro svantaggio delle città etrusche era il loro fallimento nel darsi reciproco supporto contro la minaccia comune di Roma. Singole città avevano in passato formato alleanze con buoni risultati, come visto nella sconfitta di una flotta focea ad opera di una forza congiunta di Cerveteri e di Cartagine nel 540 a.C., ma la debolezza degli etruschi fu evidente durante le ondate di attacchi da parte di Siracusa nel primo quarto del IV secolo a.C. quando siti costieri etruschi vennero saccheggiati e le loro lucrative rotte commerciali prese dai siciliani.
L'Etruria, o più correttamente, le parti settentrionali dell'Italia colonizzate dagli etruschi, fu pure attaccata da nord da parte di celti migratori a cominciare dall'inizio del V secolo a.C., un conflitto che culminò con la sconfitta nella Battaglia di Melpum (Milano) nel 396 a.C. Dopo sei secoli, il controllo etrusco del centro Italia venne improvvisamente seriamente minacciato da due direzioni.
Le città etrusche furono per lungo tempo rivali e spesso si combatterono vicendevolmente se consideriamo le pitture tombali raffiguranti guerre locali come quelle della Tomba François a Vulci. Evidenza supplementare di lotte intestene tra città etrusche si trova in siti quali Aquarossa che vennero abbandonati e la popolazione assorbita in centri limitrofi più grandi. Inoltre, mentre Roma invadeva l'Etruria spostandosi sempre piu verso nord, le città etrusche non furono in grado di mobilitare la Lega Etrusca e trasformare tale entità da organizzazione religiosa a militare per reciproco soccorso. I romani comunque non avevano ancora tutto a loro favore. Il leggendario re di Chiusi Lars Porsenna aveva attaccato Roma nell'ultima decade del VI secolo a.C., e gli Etruschi si rivelarono dei nemici ostinati da concquistare.
Battaglie, assedi, ed il saccheggio di città avrebbero continuato a rimbombare per due secoli in una lotta brutale per il controllo del centro Italia. Tarquinia fu famosa per aver sacrificato 307 prigionieri romani nel suo foro nel 356 a.C., chè portò ad un omicidio per rappresaglia di 358 prigionieri tarquiniesi in Roma. Gli Etruschi formarono un'alleanza con i sanniti, gli umbri, ed i galli per fronteggiare Roma, ma nonostante alcuni successi iniziali, i romani ebbero una decisiva vittoria a Sentino nel 295 a.C., ed assedi di città quali Chiusi, Perugia e Troilo si susseguirono. Un'altra vittoria romana ebbe luogo nel 283 a.C. nella battaglia del Lago Vadimone contro un'alleanza etrusco-gallica.
Nel 281-280 a.C., ulteriori vittorie romane nei confronti di Tarquinia, Orvieto e Vulci significarono che infine la maggior parte dell'Etruria cadde sotto il controllo romano; vennero fondate colonie di veterani, e quelle che furono grandi città etrusche vennero ridotte ad insediamenti minori romani. Una delle ultime città etrusche a cadere fu Cerveteri nel 273 a.C. i cui territori vennero confiscati e redistribuiti. Attarverso una mescolanza tra diplomazia, alleanze, tregue prolungate, e capacità militari, i romani si stabilirono quali padroni dell'Italia, il primo passo nella loro ricerca per il controllo del Mediterraneo ed oltre.
Tristemente per gli etruschi, questa non fu la fine della lotta. Eserciti etruschi si affiancarono a Roma nella battaglia di Talamone contro i galli nel 225 a.C., e nonostante le ex città etrusche presero la saggia decisione di rimanere leali a Roma quando Annibale invase l'Italia durante la Seconda Guerra Punica (218-201 a.C.), molte città settentrionali si schierarono con Mario durante la guerra civile all'inizio del I secolo a.C. Il vincitore di tale conflitto - Silla - quindi, si prese una vendetta brutale, saccheggiando senza pietà città quali Chiusi, Populonia, e Vetulonia nell'83 e n3ll'82 a.C. Gli etruschi erano finiti come nazione guerriera, ed anche la loro staessa cultura scomparve rapidamente all'interno della nuova realtà del mondo romano.