L'Iscrizione di Behistun (anche Bisotun, Bisitun oppure Bisutun) è un rilievo recante un relativo testo di accompagnamento scolpito a circa 100 metri di altezza, ubicato in corrispondenza di una rupe nella provincia di Kermanshah, nell'Iran occidentale. La composizione testuale narra della vittoria del sovrano persiano Dario I (Dario il Grande, 522 - 486 a.C., circa) contro i suoi satrapi ribelli quando salì al trono dell'impero persiano achemenide (550 - 330 a.C., circa), attorno al 522 a.C..
Il rilievo reca un'iscrizione redatta in ben tre lingue - Paleo-Persiano, Elamita ed Accadico Babilonese - la quale riporta l'autobiografia dello stesso sovrano Dario I, descrive la sua autorità nel governare per grazia divina ed il trionfo su coloro che si opponevano alla sua ascesa al potere. Venne commissionato in un momento successivo rispetto alla repressione delle rivolte (520 a.C., circa), ma attualmente non è possibile affermare quando venne ultimata la realizzazione del rilievo.
Il rilievo in analisi misura 25 metri in lunghezza e 15 metri in altezza, è caratterizzato col presentare un testo organizzato in colonne al di sopra di una scena rappresentativa in cui Dario I, seguito da due accompagnatori, calpesta il corpo del sovrano che ha sconfitto ed affronta una teoria di nove prigionieri (i principali satrapi che si erano a lui ribellati), questi legati e trainati da una corda. La figura di Dario I sembra volgere il proprio sguardo verso l'alto, in corrispondenza della rappresentazione del Faravahar, un simbolo persiano riconducibile alle divinità (raffigurante un soggetto maschile regale seduto su di un disco alato), che in questo caso rimanda al dio supremo Ahura Mazdā.
Il rilievo è generalmente interpretato come ispirazione e ripresa di uno molto più antico e simile, ubicato nella medesima area geografica (e tuttora esistente), ovvero il Rilievo Sar-e Pol-e Zahab (anche noto come Rilievo Sarpol-i Zohab oppure Rilievo Rupestre di Anubanini), che raffigura il sovrano Anubanini del Regno dei Lullubiti (2300 a.C., circa) in una posa assai simile, ovvero, mentre sconfigge i suoi nemici e ringrazia le sue divinità, in particolar modo, Ištar, la dea dell'amore e della guerra.
Il rilievo venne osservato per la prima volta da parte degli esploratori europei nel XVIII secolo, ed in seguito notoriamente ricopiato dallo studioso Sir Henry Creswicke Rawlinson (1810 - 1895) nel 1835 e nel 1843. La copia di Rawlinson dei tre testi redatti in cuneiforme permise a lui e ad altri importanti studiosi dell'epoca di decifrarli, poiché, una volta compreso il cuneiforme dell'antica Persia, si sarebbe potuto poi ricostruire il cuneiforme degli Elamiti e degli Accadi. L'Iscrizione di Behistun divenne così il mezzo con il quale gli studiosi potevano tradurre le lingue del Vicino Oriente antico. Il rilievo è visibile ancora oggi ed è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 2006.
Ascesa del sovrano Dario I il Grande
Il sovrano Ciro II (Ciro il Grande, 550 - 530 a.C., circa) fondò l'impero persiano achemenide e, alla sua morte, gli succedette il figlio Cambise II (530 - 522 a.C., circa). Cambise II intraprese una politica di conquista militare dell'Egitto e, mentre si trovava in quei territori, qualcun altro (presumibilmente suo fratello Bardiya, anche noto come Smerdi) usurpò il suo trono, autoproclamandosi sovrano. Tuttavia, l'usurpatore in oggetto non era esattamente Bardiya, dal momento che il sovrano Cambise II stesso aveva ucciso Bardiya prima di partire per l'Egitto proprio per evitare il possibile verificarsi di questa situazione. Il nuovo re, infatti, era in realtà un sosia di Bardiya, di nome Gaumata (522 a.C., circa), uno dei Magi (classe sacerdotale) della corte reale persiana.
Il sovrano Cambise II stava tornando dall'Egitto proprio per affrontare tale problema quando morì - presumibilmente per una ferita autoinflitta - e Dario I, lontano cugino appartenente all'entourage di Cambise II, si assunse la responsabilità - con l'aiuto di altri co-cospiratori - di assassinare l'usurpatore e di autoproclamarsi re. In quanto parente del defunto sovrano Cambise II, Dario I rivendicò la propria legittimità in quanto l'usurpatore non era membro della famiglia reale. La sua legittimità fu provata dalla vittoria sui nemici, a dimostrazione che il dio supremo Ahura Mazdā era dalla sua parte ed approvava ogni sua decisione, ogni sua azione.
Questo resoconto è riportato dallo stesso sovrano Dario I nell'Iscrizione di Behistun, ma la sua veridicità è stata messa pesantemente in discussione da parte di alcuni studiosi moderni. È stato infatti suggerito che il cosiddetto “usurpatore” fosse, in realtà, il fratello minore di Cambise II, ovvero, proprio Bardiya / Smerdi, che salì al trono in assenza del fratello senza autorizzazione, oppure che fu messo al comando da quest'ultimo e poi oltrepassò la sua autorità. I satrapi (governatori provinciali) dell'impero persiano achemenide sembrano aver accettato il regno di Bardiya come legittimo, mentre, quando il sovrano Dario I tornò e lo assassinò, almeno 19 province si ribellarono. La storia del sovrano Cambise II che uccide il fratello prima di partire per l'Egitto viene unicamente menzionata da parte di Dario I, che avrebbe dovuto esprimere una simile affermazione per stabilire la propria legittimità: non aveva ucciso il sovrano, bensì un impostore ed usurpatore.
Il testo dell'Iscrizione di Behistun
Come già anticipato, il testo dell'Iscrizione del rilievo è stato inciso nella parete rocciosa in ben tre lingue. L'Iscrizione in Paleo-Persiano è composta da 414 righe organizzate in cinque colonne, quella in Elamita da 593 righe organizzate in otto colonne e quella in Accadico Babilonese da 112 righe. La seguente corrisponde alla traduzione della Colonna I del testo redatto in Paleo-Persiano proposta da Herbert Cushing Tolman della Vanderbilt University (U.S.A.) nel 1908. Le altre colonne sono state riassunte dopo la Colonna I, ma il testo completo, reso disponibile ed accessibile online da parte di Bruce J. Butterfield, appare nella bibliografia del presente articolo.
Colonna I
[1.1] Io (sono) Dario, il gran re, il re dei re, il re della Persia, il re dei paesi, delle nazioni, il figlio di Istaspe, il nipote di Arsame, l'Achemenide.
[1.2] Dice il re Dario: Mio padre (è) Istaspe, il padre di Istaspe (è) Arsame, il padre di Arsame (è) Ariaramne, il padre di Ariaramne (è Teispe), il padre di Teispe (è) Achemene.
[1.3] Dice il re Dario: Dunque, noi siamo chiamati Achemenidi; da molto tempo ci siamo estesi e siamo potenti; da molto tempo la nostra famiglia è sovrana.
[1.4] Dice il re Dario: “Della mia famiglia (v'erano) 8 sovrani in passato; io sono il nono (9); da molto tempo eravamo (letteralmente, siamo) re”.
[1.5] Dice il re Dario: Per grazia di Ahura Mazdā sono re; Ahura Mazdā mi ha dato il regno.
[1.6] Dice il re Dario: Questi sono i paesi che mi sono venuti incontro; per grazia di Ahura Mazdā ne sono diventato sovrano; Persia, Susiana, Babilonia, Assiria, Arabia, Egitto, (le terre) che si affacciano sul Mare, Sparda (ovvero Sardi), Ionia, [Media], Armenia, Cappadocia, Partia, Drangiana, Aria, Corasmia, Bactriana, Sogdiana, Ga(n)dhāra, Scizia, Sattagidia, Aracosia, Maka; in tutto (vi sono) 23 paesi.
[1.7] Dice il re Dario: Questi (sono) i paesi che sono venuti da me; per grazia di Ahura Mazdā si sono a me assoggettati; mi hanno reso omaggio; ciò che è stato loro ordinato da me è stato fatto di notte e (letteralmente o di) di giorno.
[1.8] Dice il re Dario: In questi paesi chi era vigile, chi doveva essere ben stimato lo stimavo; chi era nemico, chi doveva essere ben punito lo punivo; per grazia di Ahura Mazdā questi paesi rispettavano le mie leggi; com'era stato loro da me ordinato, così venne fatto.
[1.9] Dice il re Dario: Ahura Mazdā mi ha dato questo regno; Ahura Mazdā mi ha aiutato fino a quando infine ho ottenuto questo regno; per grazia di Ahura Mazdā io ora possiedo questo regno.
[1.10] Dice il re Dario: Questo (è) ciò (che è stato) fatto da me dopo che sono diventato sovrano; Cambise II di nome, figlio di Ciro II, era della nostra famiglia, era re qui; di questo Cambise II v'era un fratello, Bardiya (ovvero Smerdi) di nome, il quale aveva una madre comune e lo stesso padre di Cambise II; in seguito Cambise II uccise quel Bardiya; quando Cambise II uccise Bardiya, il popolo non seppe che Bardiya era stato ucciso; in seguito Cambise II andò in Egitto; quando Cambise II andò in Egitto, il popolo gli divenne ostile; in seguito vi fu un grande inganno nelle province, sia in Persia sia in Media e pure in tutte le altre province.
[1.11] Dice il re Dario: In seguito vi fu un uomo, un Magio, Gaumata di nome; egli si alzò da Paishiyauvada; lì (v'è) una montagna di nome Arakadrish; da lì - 14 giorni del mese di Viyakhna erano in corso quando egli si alzò - così ingannò il popolo [dicendo] “Io sono Bardiya, figlio di Ciro II, fratello di Cambise II”; in seguito tutto il popolo si allontanò da Cambise II (e) passò a lui, sia in Persia sia in Media e pure in tutte le altre province; si impadronì del regno; 9 giorni del mese di Garmapada erano in corso - si impadronì così del regno; in seguito Cambise II scomparve per sempre a causa di una morte autoinflitta.
[1.12] Dice il re Dario: Questo regno che Gaumata il Magio sottrasse a Cambise II, questo regno da molto tempo era (possesso) della nostra famiglia; in seguito Gaumata il Magio tolse a Cambise II sia la Persia sia la Media e pure tutte le altre province; si impadronì (del potere) e ne fece un suo possesso; divenne sovrano.
[1.13] Dice il re Dario: Non v'era uomo, persiano, medo, nemmeno membri della nostra stessa famiglia, che potessero privare Gaumata il Magio del regno; il popolo temeva la sua tirannia, (temeva) che uccidesse i molti che prima conoscevano Bardiya; per questo voleva annientare il popolo, “affinché non mi riconoscano come Bardiya, figlio di Ciro II”; nessuno osava dire nulla contro Gaumata il Magio fino a quando non arrivai io; poi chiesi aiuto ad Ahura Mazdā; Ahura Mazdā mi aiutò; dieci giorni nel mese di Bagayadish, con pochi uomini, uccisi Gaumata il Magio ed i suoi principali alleati; lì (v'è) una roccaforte, Sikayauvatish, di nome; v'è una provincia in Media, Nisaya, di nome; qui lo sconfissi; gli tolsi il regno; per grazia di Ahura Mazdā divenni sovrano; Ahura Mazdā mi diede il regno.
[1.14] Dice il re Dario: Il regno che era stato tolto alla nostra famiglia, questo l'ho rimesso al (suo) posto; l'ho stabilito dalle (sue) fondamenta; (com'era) prima, così l'ho fatto; i santuari che Gaumata il Magio aveva distrutto li ho restaurati; per il popolo, le entrate(?), i beni personali, le proprietà e le residenze reali che Gaumata il Magio aveva loro sottratto (ho sistemato); ho fondato lo Stato dalle (sue) radici, sia la Persia sia la Media e pure tutte le altre province; (com'era) prima, ho riportato ciò (che era stato) tolto; per grazia di Ahura Mazdā ho fatto questo; ho lavorato perché la nostra casa reale fosse stabilita al suo posto; (com'era) prima, così (l'ho fatta); ho operato per grazia di Ahura Mazdā affinché Gaumata il Magio non ci portasse via la casa reale.
[1.15] Dice il re Dario: Questo (è) ciò che ho fatto, dopo essere diventato sovrano.
[1.16] Dice il re Dario: Quando uccisi Gaumata il Magio, in seguito (ci fu) un uomo di nome Atrina, figlio di Upadara(n)ma, che si sollevò in Susiana; così disse al popolo; “Io sono re della Susiana”; in seguito il popolo della Susiana si ribellò (e) passò a quell'Atrina; egli divenne sovrano in Susiana; e (v'era) un uomo, un babilonese di nome Nidintu-Bêl (ovvero Nabucodonosor III), figlio di Aniri (Mukīn-zēri oppure Kîn-Zêr?), che crebbe a Babilonia; così ingannò il popolo; “Io sono Nidintu-Bêl, figlio di Nabû-naʾid (ovvero Nabonedo)”; in seguito tutto lo stato della Babilonia passò a quel Nidintu-Bêl; Babilonia si ribellò; si impadronì del regno.
[1.17] Dice il re Dario: In seguito inviai (il mio esercito) nella Susiana; questo Atrina mi fu condotto legato; lo uccisi.
[1.18] Dice il re Dario: In seguito mi recai a Babilonia contro quel Nidintu-Bêl che si faceva chiamare Nabucodonosor III; l'esercito di Nidintu-Bêl controllava il Tigri; lì si fermò e definì una flottiglia; in seguito misi il mio esercito su carri in pelli animali; una parte la misi su cammelli, l'altra su cavalli; Ahura Mazdā mi aiutò; con la grazia di Ahura Mazdā attraversammo il Tigri; lì l'esercito di Nidintu-Bêl venne completamente sconfitto; 26 giorni del mese di Atriyadiya erano in corso - così ci impegnammo in battaglia.
[1.19] Dice il re Dario: Poi andai a Babilonia; quando non ero [ancora] arrivato a Babilonia - lungo l'Eufrate (v'è) una città di nome Zâzâna (ovvero Susiana oppure Zazannu) - quel Nidintu-Bêl, che si faceva chiamare Nabucodonosor III andò con il suo esercito contro di me per combattere; poi ingaggiammo battaglia; Ahura Mazdā mi aiutò; per grazia di Ahura Mazdā l'esercito di Nidintu-Bêl sconfissi completamente; i nemici furono spinti nell'acqua; l'acqua li portò via; due giorni del mese di Anamaka erano in corso - così ingaggiammo battaglia.
Le Colonne II e III continuano l'elenco delle satrapie che si ribellarono e di come il sovrano Dario I ne sedò le rivolte e ne uccise i capi. La Colonna IV inizia ripetendo il resoconto della vittoria del sovrano Dario I su Gaumata, poi si appella al lettore stesso affinché accetti tale versione dell'accaduto, insistendo sul fatto che le sue azioni ed il suo successivo regno siano in perfetto accordo ed armonia con la volontà di Ahura Mazdā, ed avverte che chiunque voglia deturpare oppure distruggere la sua Iscrizione, dovrà affrontare l'ira della divinità suprema. La Colonna V racconta una battaglia finale e si conclude con una frase di ringraziamento rivolto ad Ahura Mazdā.
Letture interpretative
Attualmente, non è purtroppo possibile affermare con certezza se il sovrano Dario I abbia detto la verità nella sua Iscrizione, specialmente considerando le letture interpretative di diversi accademici e ricercatori moderni. Il celebre studioso di storia persiana A. T. Olmstead sostiene, senz'ombra di dubbio, che Dario I fosse l'effettivo usurpatore e Bardiya / Smerdi, invece, il sovrano legittimo, basandosi principalmente sul fatto che non vi sono prove di disordini o ribellioni durante il governo di Bardiya, ma di rivolte assai diffuse proprio quando Dario I assume il potere della corona reale persiano achemenide.
Secondo questa prospettiva, l'Iscrizione di Behistun rientrerebbe pienamente nel genere mesopotamico della narû literature ("letteratura narû"), nella quale un determinato evento storico (oppure un sovrano) viene presentato in un racconto con elementi di finzione per raggiungere un fine preciso - non per ingannare, bensì per illuminare oppure convenire con le dinamiche stesse ed incoraggiare valori culturali fondamentali (come in questo caso, ad esempio, la grazia divina che legittima il potere, le decisioni e le azioni di un re). Il sovrano Sargon di Akkad (2334 - 2279 a.C., circa) - leggendario al tempo di Dario I -, aveva utilizzato la stessa tecnica nella propria autobiografia già secoli prima, presentandosi come uomo del popolo per ottenere maggiori e decisivi consensi.
Olmstead ed altri ricercatori potrebbero avere ragione, ma è altrettanto probabile che i satrapi si siano ribellati, uno dopo l'altro, nel tentativo di affermarsi come sovrano legittimo - proprio come il sovrano Dario I sostiene abbiano fatto - oppure che, colui che Dario I sconfisse, fosse il “vero” Bardiya oppure l'usurpatore Gaumata. Gli stati nazionali assoggettati da qualsiasi impero, da quello di Akkad all'impero romano, hanno approfittato di un cambio di monarca per far valere i propri diritti in misura maggiore o minore, sia con richieste diplomatiche sia con vere e proprie rivolte belliche. Non è insolito constatare la presenza di popolazioni sottomesse le quali, per quanto trattate bene, desiderano la libertà ed affermano la propria autodeterminazione mediante violente ribellioni.
Non si potrà mai sapere con assoluta certezza che tipo di monarca sarebbe stato Bardiya / Gaumata, ma il sovrano Dario I è comunque noto come “il Grande”. Egli infatti avviò grandiosi ed intensi progetti edilizi (come quello relativo al complesso della città di Persepoli), fece costruire strade in tutto l'impero (tra cui la grande Strada Reale che collega Persepoli a Sardi), inventò addirittura un sistema postale, standardizzò la moneta con l'introduzione di una propria (il Darico), incrementò ed organizzò il commercio (commissionando a tal fine la realizzazione di un canale in Egitto che collegava il Nilo al Mar Rosso) e continuò la politica di governo intrapresa da parte dei suoi predecessori in termini di tolleranza e di accettazione dei valori religiosi e culturali di tutte le nazioni assoggettate all'impero persiano achemenide. Sotto ogni prospettiva, Dario I fu un sovrano straordinario e sorprendente e, alla fine non importa se abbellì o falsificò la sua autobiografia: egli dimostrò perfettamente di essere il legittimo sovrano mediante l'esemplare opera del suo stesso regno.
Scoperta ed importanza
Sebbene l'Iscrizione di Behistun fosse stata notata in precedenza da parte di altri esploratori europei, i quali s'erano pure adoperati nel riprodurre fedelmente copie del testo redatto in Paleo-Persiano, il primo a compiere sforzi importanti e decisivi per la comprensione dell'opera fu Henry Creswicke Rawlinson, nel 1835, quando si trovava di servizio in Iran con le forze della Compagnia Britannica delle Indie Orientali (British East India Company; fino all'Atto di Unione del 1707 denominata Compagnia Inglese delle Indie Orientali). Sebbene il sovrano Dario I dichiari apertamente nell'opera la volontà che la gente legga le sue parole ed abbia fatto collocare il rilievo lungo una strada ben nota e percorsa di collegamento tra Babilonia ed Ecbatana (due dei principali centri amministrativi dell'impero persiano achemenide), lo ha fatto posizionare ad una quota così elevata tra le rocce che nessuno sulla strada sarebbe stato davvero in grado di leggerne le Iscrizioni o di vederne chiaramente le immagini. Inoltre, una volta scolpito il rilievo e completate le Iscrizioni, fece rimuovere il cornicione su cui si muoveva la manodopera, in modo che nessuno potesse avvicinarsi abbastanza da deturpare oppure distruggere l'opera stessa. La rimozione del cornicione, tuttavia, significava anche che nessuno avrebbe potuto avvicinarsi abbastanza per leggere ed ammirare la medesima opera.
Per ricopiare l'Iscrizione, Rawlinson si avvalse dell'aiuto di un giovane del luogo, e insieme trasportarono e posero delle assi sulla parete rocciosa in modo che Rawlinson potesse poi riportare per iscritto il testo redatto in Paleo-Persiano. Si mise quindi al lavoro per tradurlo, basandosi sui precedenti sforzi compiuti da parte dell'esploratore tedesco Karsten Niebuhr (1733 - 1815), che per primo aveva reso nota l'esistenza del sito dopo la sua visita nel 1764, e sul successivo lavoro di Georg Friedrich Grotefend (1775 - 1853), il quale pose come proprio riferimento per i suoi studi gli scritti di Niebuhr. Nel 1843, Rawlinson ritornò e riuscì a ricopiare le iscrizioni redatte in Elamita ed in Accadico Babilonese, sempre con l'aiuto di un giovane del posto e grazie all'uso di corde che lo tenevano sospeso tra le rocce.
In seguito, mediante la collaborazione con altri celebri assiriologi, il Reverendo Edward Hincks (1792 - 1866), Edwin Norris (1795 - 1872), Jules (Julius) Oppert (1825 - 1905) e William Henry Fox Talbot (1800 - 1877), l'Iscrizione venne tradotta integralmente, utilizzando il Paleo-Persiano come base di partenza e riferimento per la comprensione e la ricostruzione delle altre due lingue. L'Iscrizione di Behistun divenne così, per gli orientalisti e gli assiriologi, ciò che la Stele di Rosetta era stata per gli egittologi nello svelare le lingue delle antiche civiltà del Vicino Oriente, assieme alle rispettive varianti e varietà dialettali. Questa scoperta seguiva il lavoro di George Smith (1840 - 1876), il quale aveva antecedentemente tradotto la scrittura cuneiforme mesopotamica e, insieme, apriva culturalmente il mondo moderno alle grandiose e straordinarie culture del Vicino Oriente antico.