Lo scisma anglicano, iniziato con Enrico VIII, re d'Inghilterra tra il 1509 e il 1547, continuò attraverso varie tappe per tutto il resto del XVI secolo. Questo processo vide l'allontanamento dalla Chiesa cattolica romana, guidata dal papa, e la fondazione della Chiesa protestante d'Inghilterra, la cui guida suprema divenne lo stesso monarca inglese. Ci furono anche altre conseguenze, tra cui la soppressione dei monasteri, l'abolizione della messa, l'adozione dell'inglese come lingua di culto e nella lettura della Bibbia, la sostituzione degli altari con tavoli per l'eucarestia e una generale eliminazione degli elementi più decorativi e vistosi del cattolicesimo, sia durante la liturgia che all'interno delle stesse chiese. La maggioranza della popolazione aderì al cambiamento: i ricchi ottennero dei vantaggi economici dalla spoliazione dei beni ecclesiastici, mentre le persone comuni che non si conformavano alla regola frequentando la Chiesa anglicana, venivano deferite alle autorità e multate, com'è noto. Sorsero anche delle obiezioni sia da parte dei cattolici che dai protestanti più radicali, tra i quali si possono comprendere i molti gruppi puritani che avrebbero seguito la loro strada e fondato le proprie chiese, che aderivano di più ai concetti esposti dai riformatori come Giovanni Calvino (1509-1564).
Enrico VIII e la rottura
Le origini della riforma inglese furono di natura politica e risalgono al regno di Enrico VII d'Inghilterra, sul trono tra il 1485 e il 1509. Enrico combinò il matrimonio del suo primogenito Arturo, nato nel 1486, con la principessa spagnola Caterina d'Aragona (1485-1536), figlia di Ferdinando II, re d'Aragona tra il 1479 e il 1516. L'unione tra i due si celebrò nel 1501. Si trattò di un'utile mossa diplomatica, dato che Caterina portava con sé una grande dote. Sfortunatamente, Arturo morì l'anno seguente a soli 15 anni. Suo padre però desiderava mantenere relazioni amichevoli con la Spagna e così, il suo secondo figlio, il principe Enrico, nato nel 1491, venne promesso a Caterina dopo aver ottenuto un permesso speciale dal papa. Quando Enrico VII morì nell'aprile del 1509, il principe Enrico divenne re. Come d'accordo, sposò Caterina l'11 giugno e venne incoronato nell'abbazia di Westminster il 24 giugno del 1509, con il nome di Enrico VIII.
Il matrimonio inizialmente fu felice e vide la nascita di sei figli, tutti morti in tenera età tranne una: l'unica sopravvissuta fu Maria, nata il 18 febbraio del 1516. Arrivata ormai intorno ai 40 anni, le possibilità di Caterina di dare alla luce un figlio in salute erano scarse. Enrico iniziò a cercare una seconda moglie, più giovane ed eccitante. Il sovrano aveva avuto un figlio illegittimo, Henry Fitzroy, duca di Richmond, nato nel 1519 dal rapporto con un'amante, Elizabeth Blount. Fitzroy però non era molto utile al re, che desiderava un erede riconosciuto. Le attenzioni del sovrano si rivolsero verso Anna Bolena (1501-1536), una dama di compagnia della corte. Anna però insisté a sposare il re prima di pensare a crescere una famiglia. Il problema di Enrico, dunque, era quello di separarsi da Caterina, una questione che divenne nota come "la grande questione" del re. Iniziò così la riforma.
La risoluzione della "grande questione"
Il divorzio non era consentito dalla Chiesa cattolica, pertanto Enrico VIII dovette escogitare una giustificazione per annullare il suo matrimonio, basandosi sull'assunto che non fosse valido fin dal principio. Di conseguenza, inviò una lettera al papa insinuando che la mancanza di un erede maschio fosse una punizione divina dovuta al fatto di aver sposato la moglie del suo fratello defunto. Il suo argomento era supportato da un passo del Vecchio Testamento. Nelle proibizioni del Levitico si legge:
Se un uomo prende la moglie del fratello, è un'impurità, egli ha scoperto la nudità del fratello; non avranno figli.
(Lv. 20:21)
Sulla base di ciò, il re desiderava che il papa annullasse il matrimonio. Sfortunatamente per Enrico, il papa Clemente VII, sul soglio pontificio dal 1523 al 1534, era ansioso di mantenere buoni rapporti con il sovrano più potente d'Europa all'epoca, l'imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V, re di Spagna tra il 1519 e il 1556 e nipote di Caterina. In altre parole, il papa non aveva bisogno del supporto politico o finanziario dell'Inghilterra, e quindi non era possibile fargli pressione. Inoltre, era improbabile che Arturo e Caterina, essendo molto giovani all'epoca, avessero avuto modo di dormire insieme. Pertanto, le proibizioni del Levitico non si applicavano a questo caso. In tutti i modi, c'era un passaggio del libro del Deuteronomio che sembrava contraddire quello del Levitico:
Quando i fratelli abiteranno insieme e uno di loro morirà senza lasciare figli, la moglie del defunto non si mariterà fuori, con un forestiero; suo cognato verrà da lei e se la prenderà in moglie, compiendo così verso di lei il dovere del cognato
(Dt. 25:5)
Il papa inviò comunque il cardinale Lorenzo Campeggi in Inghilterra per indagare sulla questione e presidiare un tribunale speciale nel giugno del 1529, ma non venne presa nessuna decisione. Avendo realizzato che avrebbe dovuto procedere in maniera indipendente, come prima mossa Enrico separò permanentemente Caterina dalla figlia Maria, spostando la regina per tutto il paese in varie residenze fatiscenti. Nel frattempo, visse insieme ad Anna Bolena, ma senza dormire con lei. Nel dicembre del 1532 Anna, forse pensando che avere un bambino era il modo migliore per liberarsi della rivale Caterina, iniziò a passare le notti con il sovrano e restò incinta.
Il re adesso aveva un bisogno disperato di annullare il primo matrimonio, e diede questo incarico al suo primo ministro Thomas Wolsey, cardinale arcivescovo di York, vissuto circa 1473 e il 1530. Wolsey non riuscì a soddisfare il suo re e venne rimpiazzato prima da Sir Thomas More (1478-1535), divenuto famoso per essersi schierato contro i piani del re, e poi da Thomas Cromwell (1485 circa-1540). Enrico VIII e Wolsey avevano messo a punto il piano radicale per separarsi dalla Chiesa cattolica romana e mettere il re a capo della Chiesa d'Inghilterra. In tal modo, Enrico poteva annullare il suo stesso matrimonio. Il nuovo re, studente di teologia, in questa fase non era interessato a riformare la Chiesa, ma solo a controllarla. Enrico rimase fedele a pratiche cattoliche tradizionali come la messa, la confessione e il celibato del clero, come evidenziato dai Sei articoli della dottrina anglicana pubblicati nel 1539. La rottura però si stava tramutando in uno scostamento sempre più ampio. Nel 1532 promulgò la "legge sulla restrizione delle annate", il cosiddetto Act in Restraint of Annates, limitando i fondi che la Chiesa d'Inghilterra girava al papato. La successiva legge del 1533 sulla "restrizione degli appelli", nota come Act in Restraint of Appeals, dichiarava che il monarca inglese adesso aveva la più alta autorità su ogni questione laica o spirituale, estromettendo il papa.
Thomas Cranmer, arcivescovo di Canterbury tra il 1533 e il 1555, annullò formalmente il primo matrimonio di Enrico nel maggio del 1533. L'annullamento e la conseguente "legge di successione" passata dal parlamento il 30 aprile del 1534, chiamata in inglese Act of Succession, dichiararono illegittima Maria, la figlia di Caterina. Per le sue azioni, Enrico venne scomunicato dal papa, ma adesso l'intera vicenda aveva assunto un'importanza che andava ben oltre i matrimoni reali. Con l'"atto di supremazia" del 1534, originariamente chiamato Act of Supremacy, si stabilì che Enrico e tutti i successivi sovrani inglesi riconoscevano solo un'autorità più alta di loro, cioè, lo stesso Dio. Nel 1534, il parlamento, spinto dal primo ministro Thomas Cromwell, tramite la "legge sui tradimenti", detto Treason Act, arrivò persino a proibire che si criticassero il re o le sue politiche.
Thomas Cromwell dà in inizio alla riforma
Cromwell acquisì, insieme a molti altri titoli e posizioni, il ruolo di vicario generale, vale a dire che era secondo solo al monarca per quanto riguardava gli affari ecclesiastici. Ottenuta la carica nel gennaio del 1535, per portare avanti la sua riforma della Chiesa, Cromwell utilizzò ampiamente i suoi poteri e colse l'opportunità per interferire quotidianamente con gli affari ecclesiastici, reclutando per esempio preti estremisti, stampando libri religiosi radicali e creando una rete di informatori. Nell'agosto del 1536, Cromwell pubblicò "le ingiunzioni", in inglese The Injunctions, che erano un insieme di raccomandazioni al clero sull'insegnamento che bisognava dare nelle congregazioni, nelle quali venivano spiegati meglio concetti come i dieci comandamenti o i sette peccati capitali. La riforma inglese proseguì rapidamente con i Dieci articoli di Cromwell del 1536 che, ispirati agli scritti di Martin Lutero (1483-1546), rifiutavano i sette sacramenti del cattolicesimo conservandone solo tre: il battesimo, la confessione e l'eucarestia. Il "libro del vescovo", il cosiddetto Bishop's Book, pubblicato nel luglio del 1537, conteneva la nuova dottrina anglicana.
La riforma adesso viaggiava a pieno ritmo: un provvedimento del 1536, noto come "legge sulla dissoluzione dei monasteri", ordinò la chiusura e l'abolizione dei monasteri cattolici. La motivazione ufficiale fu che queste strutture avevano perso la loro rilevanza e che fossero piene di monaci e suore dai comportamenti corrotti e immorali, che non aiutavano più i poveri nonostante le loro ricchezze. Iniziando dai monasteri più piccoli, Cromwell si assicurò il successo dell'intera operazione distribuendo laute pensioni ai priori, agli abbati e ai monaci più anziani. Le proprietà di questi monasteri minori vennero redistribuite tra la Corona e i sostenitori di Enrico: probabilmente, fu la causa principale dietro questa legge. Il processo si rivelò inarrestabile nonostante il verificarsi di alcune proteste, tra cui la "rivolta del pellegrinaggio di Grazia", il cosiddetto Pilgrimage of Grace uprising del 1536. La rivolta coinvolse circa 40.000 persone, che riuscirono a prendere il controllo di York e che espressero preoccupazioni in campo governativo ed economico, non solo religioso. La ribellione terminò pacificamente, ma 200 capi vennero brutalmente giustiziati.
Nel 1538, Cromwell scrisse una versione delle "ingiunzioni" ancora più radicale, nella quale si raccomandava la rimozione delle reliquie dei santi dalle chiese, la riduzione dei pellegrinaggi e la registrazione nei registri parrocchiali di tutte le nascite, i matrimoni e i decessi. Quest'ultimo provvedimento si sarebbe rivelato di valore inestimabile per gli storici locali.
Una buona parte dei sudditi di Enrico erano indifferenti a questi cambiamenti, mentre altri erano desiderosi di vedere la riforma della Chiesa e così, il movimento che stava travolgendo l'Europa continuò. Molti consideravano la Chiesa troppo ricca e credevano che ci fossero troppi preti che abusavano della loro posizione. Altri semplicemente si adeguavano alle visioni della classe superiore e gli importava poco cosa si dicesse o facesse in realtà nelle chiese, purché ci fosse sempre una sorta di liturgia. Era presente anche una divisione all'interno della gerarchia ecclesiastica sulle riforme in atto. Thomas Cranmer era a capo della fazione più radicale, mentre i conservatori cattolici erano guidati da Stephen Gardiner, vescovo di Winchester.
Un'altra spinta verso l'indipendenza avvenne quando il re approvò la traduzione della Bibbia in inglese, nel 1539. Lo stesso anno, una legge del parlamento chiuse i monasteri rimanenti, a prescindere dalla loro dimensione o dai loro introiti. Coloro che opposero resistenza vennero giustiziati. Gli abbati di Glastonbury, Colchester, Reading e Woburn vennero impiccati. L'ultimo monastero a essere chiuso fu l'abbazia di Waltham nel marzo del 1540. Con questo provvedimento, Enrico aveva aumentato in maniera esorbitante le entrate statali, incamerando 1,3 milioni di sterline, corrispondenti a più di 500 milioni odierni. Questo fu il vero inizio della riforma inglese, percepito dalla gran parte della popolazione: i circa 800 monasteri esistenti erano stati parte integrante della vita comunitaria per secoli e, tra i molti servizi che offrivano, davano aiuto ai poveri, distribuivano medicine, offrivano lavoro e fornivano una guida spirituale. Tuttavia, erano in corso altri cambiamenti epocali di portata ancora più grande.
Edoardo VI e le ulteriori riforme
Il successore di Enrico fu il figlio che ebbe dalla terza moglie, Jane Seymour (1509-1537). Salito al trono con il nome di Edordo VI d'Inghilterra, regnò dal 1547 al 1553. Edoardo, Thomas Cranmer e i due reggenti, Edward Seymour, duca di Somerset (circa 1500-1552), e John Dudley, conte di Northumberland (1504-1553), continuarono con entusiasmo la riforma, introducendo cambiamenti ancora più radicali rispetto ai precedenti. Nel 1547 Cranmer pubblicò il suo "libro delle omelie", chiamato Book of Homilies, che era un insieme di sermoni che andavano usati durante i servizi religiosi. Successivamente introdusse il nuovo "libro sulle preghiere comuni", il cosiddetto Book of Common Prayer, pubblicato in inglese nel 1549 e reso obbligatorio con la "legge di uniformità" - Act of Uniformity - dello stesso anno. Il libro di preghiere venne aggiornato nel 1552 con uno scostamento ancora più radicale dalla Chiesa di Roma: si rigettò l'idea della transustanziazione, cioè, il momento in cui, secondo i cattolici, nel corso dell’eucarestia il pane e il vino diventano il corpo e il sangue di Cristo.
In quel momento, il termine "protestantesimo" era divenuto di uso comune. Le iconografie, le pitture murali e le vetrate dipinte vennero rimosse dalle chiese, e la liturgia veniva celebrata in inglese e non più in latino. Gli altari cattolici vennero rimpiazzati da tavoli per la comunione. L'adorazione dei santi venne scoraggiata. Ai preti fu permesso di sposarsi. Le congreghe furono soppresse, le messe cantate per i defunti vennero abolite e le terre della Chiesa furono confiscate. Le ricchezze ottenute in questo modo andarono a finire nelle tasche della nobiltà.
Ci furono delle proteste, come era accaduto per la dissoluzione dei monasteri. Ancora una volta, la precaria situazione economica in cui versava la maggior parte della popolazione e il risentimento nei confronti dei cambiamenti nella tradizionale vita parrocchiale portarono a una ribellione, prima a Cornwall e poi a Norfolk, nel 1549. La ribellione di Norfolk, conosciuta come la "rivolta di Kett" grazie al nome del suo capo Robert Kett, fu la più seria ma venne repressa senza pietà: nell'agosto dello stesso anno, i ribelli furono massacrati a Dussindale. La riforma andò avanti senza sosta, eliminando sempre più pratiche considerate "papiste", tra cui le decorazioni più sgargianti del vestiario clericale e le preghiere per i defunti.
Maria I e il capovolgimento della riforma
Edoardo VI morì di tubercolosi a soli 15 anni e gli successe la sorellastra Maria I Tudor, regina d'Inghilterra tra il 1553 e il 1558. Ci fu un breve tentativo di insediare sul trono una sua cugina, la protestante Jane Grey (1537-1554), ma l'iniziativa terminò in un disastro per tutti quelli coinvolti. Maria era una fervente cattolica e mise in atto il capovolgimento della riforma. La prima legge di revoca, il cosiddetto First Act of Repeal del 1553, ribaltò la legislazione religiosa di Edoardo VI. La seconda legge di revoca del gennaio 1555 abolì tutti i provvedimenti presi dopo il 1529 in materia religiosa. Tra queste leggi c'era l'atto di supremazia, e così alla fine il papa tornò ufficialmente a capo della Chiesa d'Inghilterra.
Il soprannome di "Maria la sanguinaria", in inglese Bloody Mary, le venne dato in seguito all'esecuzione di 287 martiri protestanti bruciati sul rogo durante il suo regno, compreso Thomas Cranmer, nel marzo del 1556. Ancora una volta, le persone comuni non erano interessate a questi cambiamenti ecclesiastici, ma i suoi nobili certamente lo erano, visto che con la soppressione dei monasteri si erano arricchiti enormemente. Un altro problema per Maria fu il matrimonio con il principe cattolico Filippo di Spagna (1527-1598). Molti temevano che l'Inghilterra venisse assorbita all'interno dell'Impero spagnolo, immensamente ricco e potente. Questo sentimento si concretizzò nel Kent con la "ribellione di Wyatt" del gennaio 1554. La riforma e i sentimenti nazionalistici inglesi iniziarono a intrecciarsi. I manifestanti volevano fermare il "matrimonio spagnolo" ma, forse, intendevano rimpiazzare segretamente Maria con la sua sorellastra protestante Elisabetta. Come poi si è scoperto, Maria fu colpita da un cancro e morì. La riforma era stata solo ostacolata. Elisabetta si assicurò che continuasse, e questa volta la portò alla sua fase conclusiva.
Elisabetta I e le altre riforme
Nel 1558 salì sul trono la sorellastra di Maria, Elisabetta I, che regnò sull'Inghilterra dal 1558 al 1603. Elisabetta era protestante, e riportò la Chiesa d'Inghilterra allo stato riformato in cui l'aveva lasciata Edoardo VI. Sia i protestanti che i cattolici più intransigenti però, erano insoddisfatti dall'orientamento pragmatico di Elisabetta, che adottò un approccio più moderato che si rivelò allettante per la maggior parte dei suoi sudditi, in gran parte indifferenti alla questione. Agli estremisti venne consentito di praticare il loro credo senza interferenze, anche se il papa scomunicò la regina, bollandola come eretica nel febbraio del 1570. Elisabetta fu attiva anche all'estero. Tentò d'imporre il protestantesimo nella cattolica Irlanda, ma ciò causò solo frequenti ribellioni (1569-73, 1579-83 e 1595-8), spesso materialmente appoggiate dalla Spagna. La regina inviò anche denaro e armi agli ugonotti in Francia e diede un supporto finanziario ai protestanti nei Paesi Bassi.
Le due minacce esterne per Elisabetta e il protestantesimo erano Maria, regina degli scozzesi, e Filippo II di Spagna. Maria era cattolica, ed era fuggita dalla Scozia reclamando il trono inglese, dato che era la nipote di Margherita Tudor, sorella di Enrico VIII. Filippo II era il sovrano cattolico più potente d'Europa, e sembrava intenzionato a espandere l'Impero spagnolo. Entrambi divennero figure di spicco all'interno del movimento cattolico inglese, desideroso di rovesciare Elisabetta e il protestantesimo. Infatti, per molti cattolici, la posizione di Elisabetta era illegittima perché non riconoscevano il divorzio di suo padre dalla sua prima moglie, Caterina d'Aragona. Per questo motivo, Maria venne messa agli arresti domiciliari e, una volta dichiarata definitivamente colpevole di aver complottato contro Elisabetta, venne giustiziata l'8 febbraio del 1587. Le ambizioni imperiali di Filippo invece ricevettero un duro colpo con la sconfitta dell'Invincibile armata che aveva tentato di invadere l'Inghilterra nel 1588.
L'accordo religioso elisabettiano
Il salto successivo verso la riforma fu il cosiddetto Elizabethan Settlement, un insieme di leggi e decisioni promulgate tra il 1558 e il 1563. L'atto di supremazia dell'aprile del 1559 rimise il monarca inglese a capo della Chiesa d'Inghilterra. La regina aveva dovuto fare un piccolo compromesso sulla nomenclatura, chiamandosi "governatore supremo" e non "guida suprema", facendosi accettare dai protestanti inglesi che non gradivano l'idea che ci fosse una donna a ricoprire tale posizione. A differenza di quanto accaduto in altri stati protestanti, la vecchia struttura della Chiesa cattolica fu mantenuta, anche se ora i vescovi venivano nominati dal sovrano.
Nel maggio del 1559 l'Act of Uniformity stabilì quale dovesse essere l'aspetto esteriore delle chiese e dei servizi religiosi. Frequentare la chiesa divenne obbligatorio, e la mancata osservanza comportava per i poveri una piccola multa. Chiunque non frequentasse i servizi anglicani era considerato un dissidente. Inoltre, seguire una messa cattolica era proibito, e i colpevoli ricevevano una multa salata. Un prete colpevole di celebrare una messa cattolica poteva andare incontro alla pena di morte.
Le "ingiunzioni reali", le cosiddette Royal Injunctions, erano un insieme di regole in materia ecclesiastica, tra le quali c'era l'obbligo di una licenza per i predicatori, la presenza di una Bibbia in inglese presso ogni chiesa e l'abolizione dei pellegrinaggi. Il Book of Common Prayer di Thomas Cranmer fu reintegrato, facendo un compromesso tra la versione del 1549 e quella del 1552. Un tratto cruciale del libro era la regolamentazione della comunione. Invece di considerare vino e pane come oggetti che si trasformavano nel corpo e nel sangue di Gesù, i predicatori protestanti incoraggiavano i credenti a considerare questo servizio come una rimembranza del sacrificio di Cristo. Alla fine, i 39 articoli del 1563, diventati legge nel 1571, tentarono di dare una forma definitiva al protestantesimo inglese, ora chiamato anglicanesimo.
Una chiesa frammentata
La moderazione degli accordi religiosi elisabettiani fu contrastata sia dagli estremisti cattolici che dai protestanti intransigenti, specialmente coloro che aderivano letteralmente al calvinismo così come formulato dal riformatore francese Giovanni Calvino. Quest'ultimi vennero conosciuti con il nome di puritani, e credevano nell'importanza della fede rispetto al fatto di dover condurre una vita retta per ottenere la salvezza spirituale. Furono il gruppo prevalente a partire dalla metà degli anni Sessanta del XVI secolo. Alcuni puritani, in particolare i presbiteriani e i separatisti, volevano abolire la gerarchia ecclesiastica e concentrarsi di più sull'interpretazione letterale della Bibbia. Alla fine, riuscirono a creare le proprie chiese separate, che consideravano indipendenti sia dall'autorità regia che dalla Chiesa anglicana.
Nonostante la presenza di molti gruppi radicali cattolici o protestanti, è probabile che la maggioranza delle persone si accontentassero del compromesso moderato rappresentato dall'anglicanesimo. Molti fedeli, infatti, erano attratti da elementi di entrambe le parti: per esempio, poteva essere gradita la presenza di un magnifico crocifisso d'oro ornamentale, ma si preferiva l'uso dell'inglese durante la liturgia. Si registrava un certo grado di tolleranza e, come affermò la stessa regina, i pensieri privati restavano privati, dato che lei non avrebbe "aperto le finestre sull'anima di nessuno" (Woodward, 171). Ci fu però un avvicendamento di funzionari: Elisabetta rimosse i restanti vescovi cattolici e, con l'Act of Exchange del 1559, confiscò le loro proprietà o minacciò di farlo nel caso in cui non si fossero allineati.
Circa 400 preti diedero le dimissioni a seguito degli accordi elisabettiani. È anche vero che molti predicatori continuarono semplicemente a comportarsi come prima, o agendo in segreto o sperando di non essere notati dalle autorità che, in qualche caso, a livello locale erano accondiscendenti. Adesso però, la riforma era irreversibile. Nonostante le forti reazioni e considerando i cambiamenti e le violenze sperimentate in altri paesi europei che stavano mettendo in atto le proprie versioni della riforma, l'Inghilterra aveva superato un ostacolo difficile e potenzialmente pericoloso, creando con successo la propria forma di protestantesimo, unica e duratura.