Cernunnos era un antico dio celtico che simboleggiava la natura, la flora, la fauna e la fertilità. È spesso raffigurato nell’arte celtica con indosso palchi o corna di cervo, e con una torque attorno al collo. Conosciamo pochi dettagli sulla sua figura, ma esistono diverse rappresentazioni di questa divinità nell’arte celtica, come le pitture rupestri della Val Camonica, il Calderone di Gundestrup, la statuetta in bronzo di Bouray e il monumento Nautae Parisiaci. Cernunnos potrebbe essere stato fra le ispirazioni per le immagini di Satana nell’arte cristiana, e per le figure eroiche delle letterature medievali di Galles e Irlanda.
Nome e associazioni
Il significato del nome Cernunnos non è chiaro: l’interpretazione comune che associa il nome alla parola celtica per “corno” è molto dibattuta fra gli studiosi. Che il dio cornuto celtico fosse noto con questo nome è attestato in un unico caso: un’iscrizione e un’immagine del I secolo d.C. sul monumento Nautae Parisiaci (v. sotto). Vi erano inoltre altre divinità celtiche cornute, il cui significato e le cui associazioni restano ignote.
Cernunnos era probabilmente la divinità più importante nella religione celtica, se consideriamo la frequenza con la quale veniva rappresentato nell’arte celtica antica dall’Irlanda fino alla Romania. Conosciuto come “il cornuto”, rappresentava la natura, i frutti, i cereali, gli animali, la fertilità e la prosperità. Potrebbe anche avere avuto l’aspetto di divinità connessa agli antenati. Tuttavia, i Celti lasciarono pochissime testimonianze scritte, perciò non ci è chiaro il modo in cui i vari dei venivano onorati, né cosa rappresentassero esattamente. Giulio Cesare (m. 44 a.C.) cita le divinità celtiche nel suo De bello gallico, ma lo fa mettendole a confronto con il mondo romano. Egli equipara Cernunnos a Dis Pater, un dio romano della morte e dell’oltretomba, forse uno degli aspetti di Plutone. Se esaminiamo altri autori antichi e l’arte celtica, sembra che sacrifici animali, e forse anche umani (prigionieri di guerra), venissero offerti in onore di Cernunnos e di altri dei. Le offerte votive consistevano in cibo, preziosi manufatti come calderoni in metallo finemente decorati, raffinate ceramiche e piccoli monumenti come colonne e tavolette in rilievo.
È importante sottolineare che possediamo così poche informazioni su Cernunnos, che le nostre interpretazioni sulla sua figura nell’arte celtica potrebbero essere completamente sbagliate. Come nota lo storico J. MacKillop: “la nostra conoscenza di Cernunnos è così debole, che potrebbe persino non essere una divinità, ma un sacerdote-sciamano con palchi di corna sulla testa” (2006, 19).
Rappresentazioni nell’arte
Il dio cornuto Cernunnos è una delle figure più chiaramente identificabili e comuni nell’arte celtica. Indossa spesso palchi di cervo o corna, e a volte è dotato di zoccoli: il cervo è il re della foresta e simboleggia forza, velocità e virilità. I palchi, che il cervo rinnova ogni anno, rappresentavano la rigenerazione, e spesso venivano scolpite nella forma di amuleti fallici. La posa ricorrente di Cernunnos, seduto a gambe incrociate, ha portato alcuni commentatori ad associare questa figura con quella del Buddha, ma essa potrebbe essere semplicemente un riflesso dell’abitudine celtica di sedere in questo modo durante i pasti, poiché non era diffuso l’uso di sgabelli o sedie. A volte le sculture celtiche presentano buchi nel cranio dei soggetti rappresentati, forse proprio per ospitare veri palchi di cervo. Una delle rappresentazioni più antiche di una figura cornuta è una pittura rupestre nella Val Camonica, nel nord Italia. Essa rappresenta una figura alta, con palchi di cervo sulla testa, che regge delle torque: gli studiosi ipotizzano che risalga al V secolo a.C. La figura è accompagnata da immagini del sole, che confermerebbero l’ipotesi di alcuni studiosi i quali identificano Cernunnos come una divinità solare.
Cernunnos compare su uno dei pannelli in rilievo del famoso Calderone di Gundestrup. Questo calderone in argento, in parte dorato, fu scoperto in Danimarca nel 1891 ma fu probabilmente forgiato nei Balcani, forse nel I secolo a.C. Mostra chiare influenze derivanti dall’arte e dalla cultura celtiche, anche se alcuni dei motivi stilistici sembrano ispirati al Vicino Oriente. Uno dei pannelli mostra un dio seduto a gambe incrociate, con palchi di cervo, identificato come Cernunnos. La figura indossa una torque attorno al collo e ne regge un’altra in una mano. Nell’altra mano stringe un lungo serpente con testa di ariete. Sia la torque che il serpente raffigurano presumibilmente forza e abbondanza. Cernunnos è attorniato da un cervo maschio (che, curiosamente, ha palchi della stessa identica forma di quelle del dio), un altro cervo, cinque strani animali e una figurina che cavalca ciò che sembra essere un delfino.
Un’altra probabile rappresentazione di Cernunnos, stavolta nella forma di una figura in bronzo datata al I secolo a.C. rinvenuta nel fiume Juine a Bouray (nei pressi di Parigi), lo raffigura con una spessa torque intorno al collo. Anche questa figura è seduta a gambe incrociate, con gambe curiosamente corte e dotate di zoccoli. I capelli sono acconciati nello stile romano. Gli occhi sono di vetro intarsiato, ma ne è giunto fino a noi soltanto uno. La figura non è molto grande, solo 42 centimetri in altezza, ed è oggi esposta al Museo Archeologico di Château de Saint-Germain-en-Laye, Yvelines, in Francia.
Cernunnos compare sul monumento gallo-romano Nautae Parisiaci, risalente al I secolo d.C. Il nome dell’opera si traduce come “marinai della città di Parigi”, ed è tratto dall’iscrizione votiva che indica l’autore e la data della dedica a Giove: il regno dell’imperatore romano Tiberio (14-37 d.C.). Ritrovata in pezzi sotto la cattedrale di Notre-Dame di Parigi, il monumento un tempo era forse composto da otto blocchi impilati uno sull’altro, a formare una colonna. Sfortunatamente tre di questi blocchi non ci sono pervenuti. I blocchi hanno pannelli in rilievo su ciascuna faccia, e uno di questi mostra Cernunnos, identificato da un’iscrizione. Il dio è raffigurato dalle spalle in su, barbuto, con palchi e orecchie di cervo. Da ciascun corno pende una grossa torque. La parte inferiore del pannello è andata perduta, dunque il dio potrebbe essere stato rappresentato nella posizione familiare, seduto a gambe incrociate. La presenza di Cernunnos su un monumento dedicato a Giove è curiosa, ed è forse giustificata dall’intenzione degli autori della dedica di fare una propizia associazione fra due divinità di eguale importanza presso due culture diverse. Gli altri pannelli, invece, mostrano varie divinità greco-romane fra cui Giove, Marte e Venere. Il monumento è oggi esposto al Musée de Cluny a Parigi.
A testimoniare quanto la religione e l’arte celtiche furono influenzate dal contatto con i Romani, vi è anche un bassorilievo risalente al I secolo d.C. ritrovato a Rheims, nel nord della Francia. Cernunnos è di nuovo rappresentato con le gambe incrociate, seduto su una sorta di piedistallo, con corna e barba. Ritroviamo anche il familiare cervo, questa volta affiancato da un toro, ed entrambi gli animali sono intenti a mangiare da un sacco straripante di cibo tenuto in grembo dal dio. Questa potrebbe essere un’ulteriore associazione con il dio romano Plutone, simbolo di ricchezza. Su entrambi i lati di Cernunnos troviamo figure di dei greco-romani: a sinistra Apollo, a destra Mercurio, identificati rispettivamente dalla lira e dal caduceo. Il bassorilievo si trova oggi nel Musée Saint-Remi, a Rheims.
Eredità culturale
La venerazione di Cernunnos come uno degli dei maggiori, e la sua rappresentazione come dio cornuto potrebbero aver ispirato l’iconografia della figura di Satana nella religione cristiana. Un’altra derivazione culturale è Korneli, uno pseudo-santo nel folklore della Bretagna, alle volte identificato come il patrono delle creature cornute. Cernunnos compare nelle tradizioni letterarie del Galles e dell’Irlanda, e l’eroe Conall Cernach del “Ciclo dell’Ulster”, composto nel Medioevo ma basato su antiche tradizioni orali, potrebbe essere un eufemismo per la divinità.