La manticora, termine derivato dal primo persiano medio merthykhuwar o martiora, che significa "mangiatore di uomini" (conosciuto anche come mantichora o un martichore), è una terribile creatura ibrida che si può trovare nella letteratura medievale e classica. Dotata di corpo leonino e testa umana, la manticora è anche provvista di una coda di scorpione in grado di lanciare dardi velenosi.
La manticora è una delle creature più bizzarre e feroci raffigurate nei bestiari classici e medievali. Le sue origini possono essere fatte risalire all'India e alla Persia (moderno Iran). Il mito della manticora si diffuse nel corso di diversi secoli, anche se le menzioni più famose sono quelle di Ctesia (V secolo a.C.), Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) e Pausania (da c. 115 a c. 180 d.C.)
Aspetto e caratteristiche
La più antica menzione nota della manticora ci è stata lasciata dallo storico e medico greco Ctesia, nella sua opera Indica (scritta nel V secolo a.C.) Anche se l'Indica è ormai andato perduto, frammenti del lavoro di Ctesia vengono riportati da altri autori, che ci permettono di avere una chiara descrizione della manticora. Riportando ciò che scrive Plinio il Vecchio nella sua Storia naturale:
Ctesia scrive che tra questi stessi uomini si trova un animale chiamato Mantichora che ha tre file di denti come un pettine, il viso e le orecchie di un essere umano e gli occhi bluastri. È di colore rosso con il corpo di un leone e la coda fatta da pungiglioni come uno scorpione. La sua voce ricorda i suoni del flauto mescolati a quelli della tromba ed è una creatura dalla grande velocità e ghiotta di carne umana. (8.75)
Il racconto di Plinio della manticora influenzò gli scrittori successivi. Sembrò dotare il mostro di una parvenza di realtà poiché Plinio fu considerato, per i secoli a venire, un grande conoscitore di animali tanto meravigliosi quanto strani.
La morfologia della manticora si credeva derivasse dall'ambiente nel quale questa si era sviluppata - i paesaggi aspri e sterili dei deserti dell'India e del Medioriente. Aveva bisogno di essere feroce e di avere armi a sua disposizione per essere in grado di catturare la sua preda e per evitare di essere cacciata dai predatori. Inizialmente predando animali come maiali selvatici e capre di montagna, la manticora cominciò ad essere attirata nei villaggi dal bestiame che stava cacciando e inevitabilmente cominciò ad attaccare e a nutrirsi di esseri umani, sancendo così l'inizio della sua leggenda.
La manticora non lasciava traccia della sua preda. Poteva attaccare un essere umano da vicino con i suoi artigli affilati o sparare dardi velenosi dalla sua coda di scorpione da una distanza di sicurezza. Quando scagliava questi dardi, la coda si piegava all'indietro o si allungava. Lo scrittore romano Eliano (175-235 d.C.) affermò che "qualunque cosa colpisca, uccide, ad eccezione degli elefanti" (Caratteristiche degli animali, 4.21). I pungiglioni velenosi sono descritti spessi come una corda e lunghi un piede (30 cm). Ogni volta che veniva lanciato un pungiglione, un altro cresceva al suo posto.
Le manticore non si limitavano a soddisfare i loro appetiti uccidendo un essere umano, ma inseguivano più persone alla volta, ricavando grande piacere nella caccia. Il suo modo preferito per attirare e cacciare le prede era quello di nascondere il suo corpo nell'erba, così che da lontano, tutto quello che gli esseri umani avrebbero visto era una testa umana. Così ingannati, le persone si sarebbero avvicinate alla manticora e, prima di rendersi conto di ciò che stava accadendo, sarebbero stati attaccati e uccisi. Questo mostrava quanto fosse astuta e intelligente la manticora. Sebbene gli esseri umani fossero senza dubbio la sua preda preferita, la manticora cacciava anche gli animali, ad eccezione del leone che non avrebbe mai potuto sopraffare.
Al fine di tenere a bada la natura aggressiva delle manticore, si raccontava che gli indiani ne cacciassero i cuccioli rompendo loro la coda, impedendogli di crescere e di sparare i loro dardi velenosi. Le manticore vivevano poi in tane profonde dove potevano nascondersi da predatori e umani.
Origini e possibili spiegazioni
Si pensava che la manticora avesse le sue origini nell'antica India e Persia. Alcune fonti affermano che fonda le proprie radici nell'antica mitologia persiana, mentre altri sostengono che è una creatura indiana. Secondo Eliano nel suo Caratteristiche degli animali, "Ctesia sostiene di aver visto tale creatura che era stata portata al re persiano come un dono" (4.21). Altri scrittori sostengono questa affermazione, dicendo però che nonostante Ctesia avesse visto la creatura per la prima volta in Persia, questa fosse originaria dell'India. È forse corretto, quindi, dire che ha avuto origine nella letteratura persiana ma che è poi stata presentata come una creatura della mitologia indiana.
Nonostante Plinio il Vecchio accettò l'esistenza della manticora come un dato di fatto, o almeno così sembra dalla sua Storia naturale, alcuni dei suoi colleghi scrittori non ebbero timore a considerare la creatura una pura assurdità, suggerendo che quello che Ctesia vide fosse invece un altro animale. Ad esempio, nella sua Descrizione della Grecia, lo storico e geografo greco Pausania paragona la manticora ad una tigre e tenta di dare una spiegazione razionale delle sue origini:
Nel racconto di Ctesia, in India c'è una bestia chiamata martichora dagli indiani e 'mangiatrice di uomini' dai greci, ma credo che ci si riferisca alla tigre. Ha tre file di denti per ogni arcata e un pungiglione sulla punta della coda. Si difende con questi aculei nei combattimenti corpo a corpo e poi li scarica come la freccia di un arciere quando si combatte a distanza. Penso che l'eccessiva paura per la bestia abbia portato gli indiani a farsene un'idea sbagliata. (9.21.4)
Nel II secolo d.C., lo scrittore greco Flavio Filostrato (c. 170-245 d.C.) affermò che la manticora era una "frottola" (Vita di Apollonio di Tyana, 3.45).
Aristotele (384-322 a. C.), che, insieme a Plinio il Vecchio, era anche considerato una grande autorità durante il Medioevo, negò l'esistenza delle creature ibride. Notò che per animali così diversi sarebbe stato impossibile riprodursi con successo. Tuttavia, questo non scoraggiò l'aumento della popolarità dei mostri ibridi che continuarono ad apparire nell'arte e nella letteratura.
Nel XIII secolo, uno scolastico di Parigi, Bartolomeo Anglico, paragonò la manticora a un orso e la collocò in India nel suo De proprietatibus rerum (Sull'ordine delle cose). Lo studioso italiano, Brunetto Latino, la classificò con altre creature carnivore come il lupo e la iena nella sua enciclopedia Li Livres dou Trésor (Libro dei tesori).
I denti prominenti e lo strano richiamo della manticora fecero sì che alcuni scrittori classici e moderni la paragonassero alla iena africana. Mentre la sua lunga coda e la sua velocità facevano pensare che fosse più simile a un ghepardo. La sua temibile natura e il suo amore per la carne umana possono aver semplicemente rappresentato la paura di ciò che era sconosciuto e straniero.
Raffigurazioni
Durante il Medioevo, la manticora era una presenza fissa all'interno dei bestiari. Spesso appariva come decorazione nelle cattedrali medievali, simboleggiando Geremia, il profeta ebraico premonitore di sciagure. Nel XVI secolo, le manticore vennero usate anche in araldica; tuttavia, questa tendenza non durò a lungo in quanto si pensava che rappresentassero il male, un'idea che si era diffusa durante il periodo medievale.
Raffigurazioni della manticora si possono trovare sulla Mappa di Hereford (una mappa medievale del mondo conosciuto), dove è mostrata mentre affronta una tigre. Nel Castello di Runkelstein (situato in Tirolo) è presente un affresco che raffigura uno dei cavalieri di Re Artù affrontare una manticora e un altro animale (un leone o leopardo). Nella Storia delle bestie a quattro zampe di Edward Topsell (1572-1625), alla descrizione della manticora si accompagna una xilografia dove sono ben visibili i suoi terribili denti.
Durante il XIII e XIV secolo, la manticora è menzionata in diversi romanzi su Alessandro Magno (r. 336-323 a. C.), nei quali attacca l'esercito macedone con altre terribili creature.
Anche nei libri e giochi di fantasia più moderni non mancano certo le manticore. La manticora può essere trovata nella prima edizione di Dungeons and Dragons (1974) e nel gioco di carte collezionabili Magic: Il raduno (1993). Nella serie di libri di Rick Riordon Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo, il dottor Thorn, l'avversario dell'eroe Percy Jackson, può trasformarsi in una manticora dotata di coda di scorpione. Il vincitore del premio Nobel, Salman Rushdie, presenta la manticora nel capitolo di apertura del suo famoso I versetti satanici (1988). La manticora è anche presente nella tanto amata serie di Harry Potter di J. K. Rowling. In Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (2004), i personaggi principali leggono di una manticora che ha ucciso delle persone. Mentre in Harry Potter e il calice di fuoco (2005), Hagrid incrocia una manticora con un granchio del fuoco per creare una nuova specie animale chiamata skrewt. È interessante notare come non tutte le manticore della fantasia sono state ritratte come bestie feroci: nel romanzo di E. Nesbit Il libro dei draghi, uno dei giovani eroi aiuta un'impaurita e mite manticora a fuggire da un bestiario.