L'8 novembre del 1942, nel corso dell'operazione Torch, gli Alleati sbarcarono delle truppe in Marocco e nell'Algeria francesi, con lo scopo di scacciare le forze italo-tedesche dal Nordafrica. Si trattò della prima operazione pianificata congiuntamente dagli Alleati nel corso della Seconda guerra mondiale (1939-45), nella quale vennero superate una serie di criticità, tra cui il problema logistico di far sbarcare soldati provenienti direttamente dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, nonché la presenza nell'area di cospicue forze della Francia di Vichy. Nonostante ciò, alla fine gli sbarchi furono un successo, rendendo la regione una piattaforma per la futura invasione dell'Italia.
L'importanza del Nordafrica
Fin dall'inizio del conflitto, sia Germania che Italia erano interessate al controllo del Nordafrica, che gli avrebbe permesso di proteggere le loro navi nel Mediterraneo e fornire un supporto per le offensive contro Creta e Malta, in mani nemiche. Gli Alleati, in particolare la Gran Bretagna, condividevano questi interessi strategici con le potenze dell'Asse; inoltre, erano ansiosi di proteggere il canale di Suez e i campi petroliferi del Medio Oriente, entrambi di importanza vitale. Oltre a ciò, nei primi anni di guerra, il Nordafrica fu l'unico posto in cui la Gran Bretagna poté combattere una guerra terrestre contro Germania e Italia, sperando di ottenere le indispensabili vittorie che avrebbero incoraggiato i britannici dopo il disastro dell'evacuazione di Dunkerque e gli orrori del Blitz su Londra. Le battaglie combattute nelle grandi pianure desertiche di Libia ed Egitto tra il giugno dl 1940 e il gennaio del 1943, nella storiografia anglosassone prendono il nome di Western Desert Campaign.
La guerra nel deserto fu caratterizzata, per entrambi i contendenti, da un'oscillazione della linea del fronte. All'inizio, gli italiani, partendo dalla loro colonia libica, si spinsero nell'Egitto controllato dai britannici, ma vennero respinti da forze della Gran Bretagna e del Commonwealth nel corso dell'operazione Compass, tra il dicembre del 1940 e il febbraio del 1941. L'esercitò tedesco arrivò nel febbraio del 1941, rivelandosi superiore per mezzi corazzati, armamento e addestramento, sia nei confronti degli italiani che degli Alleati. Le forze dell'Asse in Africa passarono sotto il comando del generale Erwin Rommel (1891-1944), che ottenne numerose vittorie, in particolare durante la battaglia di Ain el-Gazala, che terminò con la riconquista del porto di Tobruch nel giugno del 1942. Successivamente, Rommel venne fermato nel corso della prima battaglia di El Alamein del luglio 1942, per poi essere duramente sconfitto dall'8ª Armata britannica, guidata dal generale Bernard Montgomery (1887-1976) nella seconda battaglia di El Alamein, tra l'ottobre e il novembre del 1942: gli italo-tedeschi furono costretti a ritirarsi in Tunisia. Non avendo risorse a sufficienza, Rommel raccomandò a Hitler di abbandonare il Nordafrica. Il cancelliere tedesco però, che era interamente concentrato sul fronte russo, gli ordinò di continuare la guerra nel deserto come meglio poteva.
I comandanti alleati, in netto contrasto con le idee di Rommel, erano più che mai desiderosi di controllare il Nordafrica, che avrebbero potuto utilizzare come piattaforma per un'invasione su grande scala dell'Europa meridionale, e della Sicilia e della penisola italiana in particolare. Questo piano gli avrebbe consentito di mantenere la promessa fatta da lungo tempo ai loro alleati russi, cioè quella di aprire un secondo fronte di guerra sul continente europeo, oltre a quello orientale. Per riuscire a scacciare definitivamente le forze dell'Asse dal Nordafrica, dunque, da mesi era stata pianificata una grande e complessa azione combinata di sbarco: l'operazione Torch.
La Francia di Vichy
Nel 1942, un’invasione della Francia era considerata ancora al di sopra delle capacità logistiche degli Alleati, anche se molti comandanti statunitensi avrebbero voluto fare un tentativo. Altri preferivano concentrarsi sulla guerra nel Pacifico ma, alla fine, venne autorizzata l'idea dello sbarco in Nordafrica. Anche se l'operazione Torch ebbe dimensioni molto più ridotte rispetto allo sbarco in Normandia del 1944, rappresentò un'opportunità per ottenere un'esperienza di inestimabile valore nel condurre assalti anfibi facendo cooperare diverse nazioni. Inoltre, in quel momento, le truppe statunitensi non avevano alcuna esperienza in battaglia: questa missione sarebbe stata una prova più "facile" rispetto all'invasione della ben difesa Europa settentrionale.
Il fatto di non conoscere la reazione che avrebbero avuto le forze di Vichy in Nordafrica fu un ostacolo importante per l'operazione Torch. Sin dalla caduta della Francia nel 1940 e dall'installazione di un governo pro-Asse nella città di Vichy, le forze francesi in Nordafrica erano preposte alla difesa del Marocco e dall'Algeria dagli attacchi alleati. Per assicurarsi che i francesi quanto meno non interferissero con l'operazione, gli Alleati trasportarono il generale Henri-Honoré Giraud (1879-1949) in Nordafrica con un sottomarino. Giraud era un forte oppositore della Germania ma, alla fine, si rivelò una pessima scelta perché procrastinò fino a rifiutarsi di aiutare gli Alleati, dato che non voleva avere niente a che fare con le forze britanniche o con il generale Charles de Gaulle (1890-1970), all'epoca riconosciuto come il capo delle forze della Francia Libera, che però si trovava in esilio in Gran Bretagna. L'atteggiamento francese verso i britannici era ampiamente ostile. L'evacuazione di Dunkerque, gli attacchi britannici in Siria e le azioni contro la marina francese a Mers-el-Kébir, fatte dai britannici per prevenire che parte della flotta finisse in mano nemica, non erano stati dimenticati né tanto meno perdonati. Inoltre, le truppe di Vichy di stanza in Nordafrica si rifiutarono di riconoscere Giraud come loro capo; egli stesso non collaborò quando apprese che non sarebbe stato nominato comandante in capo delle forze alleate nella regione. Seguendo un'altra strada diplomatica, furono condotti dei negoziati segreti con un altro militare francese, il general maggiore Charles Mast. Quest'ultimo assicurò che l'atteggiamento francese verso gli sbarchi sarebbe mutato. La vittoria degli Alleati nella seconda battaglia di El Alamein, che costrinse le truppe dell'Asse a ritirarsi verso la Libia, fu decisiva nel convincere l'esercito e l'aviazione di Vichy presenti nell'area del fatto che gli Alleati sarebbero stati i vincitori ultimi in questo particolare teatro di guerra. La marina di Vichy invece, aveva altre idee. In sintesi, pur se vennero compiuti dei grandi sforzi, le manovre diplomatiche precedenti l'invasione ottennero dei risultati discutibili: alcuni settori delle forze armate francesi avrebbero aiutato gli Alleati, mentre altri li avrebbero certamente combattuti.
Gli sbarchi
Il corpo di spedizione alleato che sbarcò in Nordafrica era composto principalmente da americani, comandati dal tenente generale Dwight D. Eisenhower (1890-1969). Il secondo in comando era il general maggiore Mark Clark (1896-1984). Il generale James Doolittle guidava le forze aeree. Al di sotto di questi comandanti c'era un certo numero di ufficiali britannici, che formavano quella che Eisenhower definiva un'unità operativa "mono-nazionale" (Dear, 634) L'obiettivo dell'operazione Torch era di sbarcare nel Marocco e nell'Algeria francesi, sconfiggere le forze italo-tedesche e ottenere il controllo dell'intero spazio nordafricano, dall'Atlantico al Mar Rosso.
I principali punti di sbarco erano Casablanca (gruppo occidentale), Orano (gruppo centrale) e Algeri (gruppo orientale), anche se ciascuna forza aveva molteplici sotto-obiettivi. I comandanti dei vari gruppi erano i general maggiori George Patton (1885-1945), Lloyd Fredendall e Charle Ryder. Il gruppo occidentale proveniva direttamente dagli Stati Uniti, mentre gli altri due arrivarono via nave dalla Gran Bretagna. Tutti e tre sarebbero stati supportati da 1.000 velivoli. Dopo lo sbarco, le tre forze avrebbero dovuto riunirsi e spingere verso la Tunisia, dove si sarebbero incontrati con l'8ª Armata britannica proveniente dall'Egitto. Come risultato, le forze dell'Asse sarebbero rimaste schiacciate dai due eserciti alleati. Nel corso dell'operazione, sbarcarono circa 110.000 uomini, scortati da 650 navi. Il gruppo occidentale contava circa 35.000 soldati; quello centrale ammontava a 39.000 uomini, mentre il gruppo orientale comprendeva 23.000 britannici e 10.000 statunitensi, per un totale di 33.000 unità. Le forze francesi di Vichy ammontavano a 130.000 uomini.
Per assicurarsi che la resistenza francese fosse minima, il gruppo occidentale e centrale furono composti esclusivamente da personale militare statunitense, almeno durante le prime ondate. Nonostante questo piano per non inimicarsi la Francia di Vichy, le forze aeronavali nel settore orientale dell'operazione furono composte principalmente da britannici. Alla fine, il primo ministro britannico Winston Churchill (1874-1965) ebbe ragione nel credere che la nazionalità non facesse alcuna differenza. A tal proposito, una volta affermò che egli "non credeva agli americani, i quali pensavano di essere amati da Vichy e che noi britannici fossimo odiati, e che questo avrebbe fatto la differenza tra la lotta e la sottomissione" (Liddell Hart, 265).
Le tre flotte d'assalto raggiunsero l'Africa senza grandi perdite, grazie alla superiorità aerea e navale alleata nel Mediterraneo. Altre 250 navi mercantili, che trasportavano rifornimenti, avevano già raggiunto le coste nordafricane. Gli sbarchi avvennero all'alba dell'8 novembre e, grazie alla grande segretezza adoperata, furono una sorpresa per i francesi. Come sarebbe accaduto in Normandia nel 1944, lo sbarco anfibio fu supportato dal bombardamento delle navi da guerra anglo-americane, nonché dal lancio di paracadutisti, il cui obiettivo era di prendere il controllo delle basi aeree avversarie e portare sconvolgimento oltre le linee nemiche danneggiando il sistema di comunicazione e rifornimento. Altre caratteristiche in comune con le operazioni del 1944 furono la mancata sincronizzazione degli sbarchi e il sovraccarico dei mezzi anfibi, che sarebbero naufragati a causa del mare grosso al largo di Casablanca; un pericolo che era stato segnalato dallo spionaggio militare britannico. Tuttavia, questi problemi erano stati messi in conto. Patton aveva affermato il giorno prima dello sbarco che: "mai nella storia la marina aveva sbarcato un esercito nel punto e nel luogo pianificati. Tuttavia, se ci sbarcate nel raggio di 50 miglia da Fedahla entro una settimana dal giorno prefissato, andrò avanti e vincerò" (Liddell Hart, 270). La marina si comportò piuttosto bene e, grazie al fattore sorpresa, la resistenza di Vichy presso Mahdia e Orano, nonostante i paracadutisti fossero sbarcati a 65 chilometri dal porto prestabilito, arrivò troppo tardi e troppo poco numerosa. Grazie al generale Mast, Algeri fu presa senza una seria resistenza, con l'eccezione dell'intervento della batteria costiera di Cap Matifou.
La segretezza intorno agli sbarchi fu quasi eccessiva: prima della notizia dell'evento, neanche de Gaulle aveva idea di cosa stesse accadendo. La sorpresa totale impedì anche ai francesi pro-Alleati di organizzare un aiuto consistente. Ciononostante, Orano venne conquistata durante il secondo giorno di operazioni. Il 10 novembre, il terzo obiettivo maggiore, Casablanca, fu preso grazie al cessate il fuoco ordinato da un comandante di Vichy, l'ammiraglio François Darlan (1881-1942). L'ordine di Darlan venne dato proprio mentre Patton era determinato ad attaccare la città: i bombardieri in picchiata statunitensi erano già decollati e le cannoniere della marina americana erano in vista del porto. Patton entrò a Casablanca il giorno del suo cinquantasettesimo compleanno. L'ordine di cessate il fuoco alla fine fu applicato in tutto il Marocco e l'Algeria francesi. Arrivò un contrordine alla resa sotto forma di un decreto dell'Asse, ma era troppo tardi: parecchi comandanti e ufficiali fedeli a Vichy erano già stati rastrellati. Il generale Giraud però non si rivelò né popolare né influente come gli Alleati avevano sperato. Questa situazione confusionaria non era aiutata dalla doppiezza del governo di Vichy, i cui capi erano desiderosi non inimicarsi i loro padroni tedeschi; in molti casi però, desideravano segretamente di trovare un modo per liberarsene. Il caos nelle comunicazioni e nella catena di comando lasciò tutto dubbioso sullo svolgersi degli eventi.
Durante gli sbarchi persero la vita 1.400 militari statunitensi e 700 soldati francesi. Tutti gli obiettivi erano stati raggiunti: ora, il problema dei comandanti alleati era quello di assicurarsi che la logistica riuscisse a seguire le truppe in rapida avanzata.
La reazione dell'Asse
In seguito agli sbarchi, il governo di Vichy ruppe le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti d'America, dichiarò illegale il cessate il fuoco proclamato in Nordafrica e invitò i suoi alleati tedeschi a compiere attacchi aerei nella regione. Le forze italo-tedesche presero possesso delle basi aeree in Tunisia e iniziarono anch'esse a sbarcare le proprie truppe, per un totale di 17.0000 soldati nel mese di novembre. In pratica, ora il Nordafrica era diviso in tre parti: la zona occidentale e orientale era in mano agli Alleati, mentre il centro, che era il settore più piccolo per dimensioni, era occupato da due eserciti dell'Asse, uno guidato a distanza dal maresciallo Albert Kesselring (1885-1960) e l'altro comandato sul campo dal feldmaresciallo Rommel. Entrambi i comandanti tedeschi si dimostrarono eccellenti nell'utilizzare le poche risorse di cui disponevano. Rommel si trovava in una posizione per niente invidiabile, essendo minacciato sia frontalmente che nelle retrovie, ma era determinato a far pagare un prezzo elevato agli Alleati per ottenere il controllo della regione per cui egli stesso aveva combattuto così a lungo. Nel frattempo, in Francia, l'11 novembre le potenze dell'Asse invasero il territorio del governo di Vichy, compresa la Corsica. Questa azione sciolse l'incertezza di molti comandanti di Vichy, sia in Francia che nei territori d'oltremare, che non sapevano esattamente chi sostenere. I francesi si autoaffondarono la flotta ancorata nel porto di Tolone, frustrando i desideri sia degli Alleati che dell'Asse, che volevano utilizzarla ciascuno contro l'altro.
La campagna del Nordafrica ora era arrivata all'apice, ma prendere i porti francesi durante l'operazione Torch era stato un obiettivo militare totalmente differente rispetto a quello di sconfiggere le truppe tedesche in Tunisia, tra cui il famigerato Afrikakorps, che erano molto esperte ed avevano ricevuto dei rifornimenti. Le potenze dell'Asse potevano essere state messe all'angolo, ma erano ancora motivate a combattere: la resistenza durò altri sei mesi.
La battaglia per la Tunisia
Gli eserciti dell'Asse dovevano mantenere Tunisi o la loro linea di rifornimento sarebbe stata tagliata. Un altro problema era quello di impedire agli Alleati si incuneassero tra i loro due eserciti. Questi obiettivi vennero raggiunti: alla fine del 1942, gli anglo-statunitensi furono obbligati ad attendere condizioni meteorologiche migliori e altri rinforzi. Gli Alleati furono attaccati e addirittura sconfitti nella battaglia del passo di Kasserine nel febbraio del 1943: i carri armati dell'Asse presero di sorpresa gli Alleati operando con grande efficacia in aree ritenute troppo montuose per l'utilizzo dei mezzi corazzati. L'offensiva di Rommel venne fermata dall'alto comando italiano, a cui era obbligato a rispondere: vennero privilegiati degli obiettivi di utilità immediata sacrificando un vantaggio strategico a lungo termine, permettendo agli Alleati di rientrare nella contesa per la Tunisia. Nel frattempo, l'8ª Armata britannica guidata da Montgomery si stava avvicinando alla linea del Mareth, che costituiva una serie di posizioni difensive nel sud della Tunisia. Queste difese furono costruite dai francesi, ma in questo frangente vennero occupate dagli italo-tedeschi, ora comandati dal maresciallo Giovanni Messe (1883-1968), dato che Rommel era stato promosso a comandante in capo del Gruppo d'armate Africa, il cosiddetto Heeresgruppe Afrika. Nel frattempo, la struttura di comando alleata si stava disgregando, e si corse ai ripari con la nomina dell'esperto generale Harold Alexander (1891-1961), di fatto il secondo di Eisenhower e comandante sul campo delle forze alleate in Nordafrica. Gli Alleati ottennero una vittoria presso Médenine (6 marzo 1943) e Rommel, in pessime condizioni di salute, tornò in Germania nel marzo del 1943: non avrebbe più combattuto in Africa. Nel maggio del 1943 le forze dell'Asse, non avendo sufficienti risorse e materiali a causa di uno stringente blocco navale, furono scacciate dal Nordafrica. Nel corso della campagna, gli Alleati ebbero 76.000 perdite ma, alla fine, si assicurarono una piattaforma da cui invadere l'Europa occupata dalle forze dell'Asse passando attraverso l'Italia, che Churchill aveva descritto come "il ventre molle dell'Europa" (Holland, 430). Alla fine, con le battaglie di El Alamein, Stalingrado e gli sbarchi in Nordafrica, il corso della guerra stava cambiando in favore degli Alleati.