L'operazione Compass, durata dal 9 dicembre 1940 al 7 febbraio 1941, fu un'offensiva alleata in Nordafrica, che spinse le forze italiane fuori dall'Egitto e poi dalla Cirenaica, cioè, la parte orientale della Libia. La Western Desert Force, guidata del tenente generale Richard O'Connor (1889-1981), inflisse una serie di pesanti sconfitte all'esercito italiano, al comando del maresciallo Rodolfo Graziani (1882-1955).
L'esercito italiano era scarsamente addestrato ed equipaggiato, e le sue truppe erano spesso impazienti di arrendersi agli Alleati, che catturarono l'incredibile numero di 138.000 prigionieri. L'operazione Compass permise agli Alleati di controllare quello che loro chiamavano il Western Desert, cioè, un'area compresa tra la parte orientale del deserto libico e la zona a ovest del Nilo. Le potenze dell'Asse avrebbero risposto, ma l'operazione Compass fu un'indispensabile vittoria per gli Alleati, che fino a quel momento della guerra avevano subito solo sconfitte.
L'importanza del Nordafrica
Dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale in Europa, nel 1939, gli Alleati, allora composti principalmente dalla Gran Bretagna e da forze del Commonwealth, erano particolarmente ansiosi di proteggere il Canale di Suez per non farlo cadere nelle mani delle potenze dell'Asse, cioè, Germania e Italia. La perdita del canale avrebbe di fatto tagliato a metà l'Impero britannico. Il Nordafrica era strategicamente importante per entrambe le parti anche per la protezione delle vitali rotte marittime mediterranee. Malta era cruciale per questo scopo, e il possesso della fortezza dell'isola, all'epoca in mani britanniche, era un'altra ragione per controllare le potenziali basi aeree nel deserto nordafricano. In ultimo, il Nordafrica fu l'unico posto in cui la Gran Bretagna poté combattere una guerra terrestre contro Germania e Italia, sperando di ottenere le indispensabili vittorie che avrebbero incoraggiato i britannici dopo il disastro dell'evacuazione di Dunkerque e gli orrori del Blitz su Londra. Per tutte queste ragioni, vennero combattute una serie di battaglie, note collettivamente con il nome di Western Desert Campaign, tra il giugno del 1940 e il gennaio del 1943.
La guerra nel deserto era caratterizzata da battaglie che potevano coprire un raggio di molti chilometri mentre, in confronto ad altri teatri bellici, i guadagni territoriali erano meno importanti rispetto al fatto di infliggere danni materiali al nemico. Altre peculiarità della guerra nel deserto era la generale assenza di qualsivoglia coinvolgimento di civili e il fatto che entrambi i contendenti usavano frequentemente equipaggiamenti presi al nemico, un fenomeno che rese difficile l'identificazione delle varie unità. Le forze aeree sia degli Alleati che dell'Asse poterono svolgere un ruolo limitato nelle battaglie tra carri armati, e si limitarono a bersagliare le linee di rifornimento o le posizioni difensive fisse.
L'avanzata italiana
L'Italia, com'era prevedibile data la sua stabile presenza coloniale in Nordafrica, fu la prima potenza dell'Asse ad attaccare l'Egitto, nel settembre del 1940. Una forza al comando del maresciallo Rodolfo Graziani marciò dalla colonia italiana della Libia, precisamente dalla provincia orientale della Cirenaica, verso l'Egitto britannico. Graziani era un condottiero esperto, che comandava le forze italiane nella provincia occidentale della Tripolitania dal 1928. Nel 1930 era stato vicegovernatore della Cirenaica e operò come governatore militare della Somalia italiana nel 1935. Graziani aveva guidato le campagne contro i Senussi nel 1930 e l'invasione italiana dell'Abissinia nel 1935. Diventò poi governatore generale dell'Abissinia dove, proprio come aveva fatto in Cirenaica, condusse una campagna di repressione così brutale che diede luogo a una ribellione locale. Fu nominato comandante delle forze italiane in Libia nel giugno del 1940, e così ebbe a sua disposizione qualcosa come 250.000 uomini. Sfortunatamente per la guida del fascismo italiano, Benito Mussolini (1883-1945), Graziani e i comandanti sotto di lui si rivelarono degli inetti nel condurre una guerra moderna contro un esercito moderno. Inoltre, l'esercito italiano era scarsamente addestrato e male equipaggiato, specialmente le due divisioni libiche. Seguendo la direttiva di Mussolini, la 10ª Armata italiana entrò in Egitto il 13 settembre del 1940. Il comandante sul terreno era il generale Mario Berti. Dopo aver coperto solo pochi chilometri a causa delle scarse capacità di trasporto, l'esercito italiano si trincerò presso Sidi El Barrani il 16 settembre. Gli italiani costruirono le loro difese e aspettarono ulteriori rifornimenti in questo avamposto nel deserto, costituito da poco più che capanne di fango e una pista d'atterraggio.
La battaglia di Sidi El Barrani
La Western Desert Force di stanza in Egitto era al comando del tenente generale Richard O'Connor, che aveva partecipato a molte grandi battaglie della Prima guerra mondiale (1914-18), guidato delle truppe in India lungo l'ostile frontiera nord-occidentale ed era stato governatore militare di Gerusalemme. O'Connor aveva ricevuto tre medaglie al merito nel corso della Prima guerra mondiale: una Military Cross, una Distinguished Service Order e, combattendo con gli italiani, una medaglia d'argento al valore militare. Il suo superiore, il comandante delle forze alleate in Medio Oriente, era il generale Archibald Wavell (1883-1950). Wavell era determinato a sfruttare la superiorità che riteneva di avere in termini di uomini e mezzi per sferrare un duro colpo al nemico, non solo in Nordafrica, ma anche in Eritrea e Abissinia. O'Connor era altrettanto fiducioso, notando che le sue truppe "avevano il morale estremamente alto e che erano molto ben addestrate". Dall'altro lato, il nemico, aveva una grande superiorità numerica, su una scala di otto a uno, ma "il morale era basso e non avevano alcun interesse o entusiasmo per la guerra" (Holmes, 152-3).
Il primo ministro britannico Winston Churchill (1874-1965) approvò incondizionatamente il piano di Wavell di attaccare. La Western Desert Force, che contava circa 30.000 uomini, tra cui c'erano soldati britannici, indiani e neozelandesi, era numericamente di gran lunga inferiore alle forze italiane guidate da Graziani. I soldati di O'Connor vennero supportati dall'arrivo di altri 150 carri armati, arrivati dalla Gran Bretagna a settembre. Questi mezzi comprendevano i Matilda, la cui corazza si rivelò impenetrabile per gli antiquati carri italiani. Il piano segreto di Wavell era di attaccare Sidi El Barrani e, se l'azione fosse andata bene, di spingere ulteriormente verso la Libia.
Il 9 dicembre, le unità corazzate, di fanteria e di artiglieria della Western Desert Force, supportate dal cielo dalla Royal Air Force, attaccarono i vari campi fortificati italiani intorno a Sidi El Barrani. Queste postazioni erano troppo lontane fra loro per assistersi a vicenda in caso di attacco. O'Connor attaccò di sorpresa passando alle spalle dei campi, facendoli fuori uno per uno. Allo stesso tempo, mentre i carri armati e la fanteria avanzavano, i vascelli della Royal Navy bombardavano il nemico dalla costa mediterranea. Presi alla sprovvista, gli italiani persero immediatamente 25 carri armati, e il generale Maletti, un comandante di divisione, fu ucciso. La 4ª Brigata corazzata britannica prese il controllo dell'unica strada costiera, e già dopo il primo giorno dell'operazione, pensata per durarne cinque, i britannici avevano catturato migliaia di prigionieri e un'enorme quantità di preziosi materiali e di magazzini. Il tenente Paolo Colacicchi della 10ª Armata italiana notò che le forze britanniche erano "certamente meglio addestrate, meglio equipaggiate, specialmente nei trasporti e per quanto riguarda i carri armati e gli autoblindo; inoltre, erano comandate da generali che sicuramente avevano una mentalità più aggressiva rispetto ai nostri" (Holmes, 154).
Nel secondo giorno, le forze italiane tentarono una qualche reazione, in particolare le divisioni di camicie nere, ma una tempesta di sabbia, seguita da una pioggia torrenziale, impedì a tutti i contendenti di muoversi. Tuttavia, la vittoria per gli Alleati era a portata di mano. Dato che l'azione stava andando bene, Wavell dirottò la 4ª Divisione indiana in Sudan mentre l'operazione stava raggiungendo la sua fa se più ampia. O'Connor dovette sopportare la perdita ma, come rimpiazzo, gli venne data la 6ª Divisione australiana, composta esclusivamente da volontari, anche se ci volle un po' di tempo affinché diventasse pienamente operativa. L'11 dicembre cadde Sidi El Barrani e vennero rastrellati altri prigionieri. Le due divisioni italiane sgattaiolarono via nella notte e si ritirarono verso ovest. In soli tre giorni, gi Alleati avevano catturato 38.000 prigionieri, tra cui quattro generali, subendo appena 624 perdite tra morti, feriti e dispersi. O'Connor mise le mani anche su 237 cannoni e 73 carri nemici. Dato che la maggioranza delle forze italiane che si stavano ritirando in profondità in Cirenaica ed erano presenti solo poche isolate sacche di resistenza come la Ridotta Capuzzo, Sidi Omar e Sollum, Wavell ordinò a O'Connor di continuare a spingere per vedere quanto territorio libico fosse in grado di prendere.
La presa di Bardia
Le truppe di Graziani, composte ancora da circa quattro divisioni, per un totale di 40.000 uomini, si raggrupparono intorno alla città fortificata di Bardia. Dotati di 400 cannoni pesanti, gli italiani attesero l'arrivo della Western Desert Force. Nel frattempo, gli Alleati avevano iniziato ad accusare i problemi che affliggevano qualsiasi esercito che si muoveva nel deserto, cioè, assicurare alle truppe in prima linea il trasporto di carburante, munizioni e rifornimenti di cui necessitavano. Gli inevitabili ritardi causati dalle necessità logistiche comportarono che gli Alleati, adesso guidati congiuntamente da O'Connor e dal general maggiore australiano I. G. Mackay, fossero pronti ad attaccare la ben difesa Bardia alla fine di dicembre. Il primo attacco alleato fu portato dalla fanteria, che si spinse attraverso le trincee e i bunker di cemento, stabilendo una testa di ponte che permise ai carri armati di avanzare. Successivamente si inserirono nella breccia altre unità di fanteria.
Il XXIII Corpo italiano, al comando del tenente generale Annibale Bergonzoli (1884-1973), fu sconfitto nel corso della battaglia di Bardia il 3 gennaio del 1941: la fortezza si arrese il 5 gennaio. Migliaia di soldati in fuga vennero rastrellati dalla 7ª Divisione corazzata, stanziata a ovest proprio per questo scopo. Il XIII Corpo britannico, che era il nome con cui adesso veniva chiamata la Western Desert Force, composto da due brigate e dalla 6ª Divisione australiana, ebbe la meglio. Fu la prima battaglia in cui furono coinvolte truppe australiane in Nordafrica, e si comportarono bene. Gli Alleati avevano catturato altri 38.000 prigionieri, tra cui però non c'era Bergonzoli, fuggito a piedi a Tobruch. Il giornalista australiano Jan Yindrich, presente sul posto, testimonia che:
Gli australiani probabilmente colpirono con la baionetta pochissimi italiani, perché il loro zelo nel rastrellamento li terrorizzò tanto da farli arrendere. Un soldato catturò trenta prigionieri roteando semplicemente la baionetta... un solo ufficiale australiano, insieme a otto uomini e a una mitragliatrice Bren ne catturò 2.000 in una caverna e li fece marciare senza ulteriore assistenza. I prigionieri vennero schierati in lotti da 500, guardati da un singolo soldato, e nessuno tentò di scappare.
(Lyman, 60)
L'elevato numero di prigionieri nel corso di tutta l'operazione Compass creò un problema logistico agli Alleati, e portò il ministro degli esteri Anthony Eden (1897-1977) a scrivere a Churchill rivisitando la famosa frase che il primo ministro aveva pronunciato nel corso della battaglia d'Inghilterra: "mai così tanti si arresero a così pochi" (Lyman, 75).
A Bardia, gli Alleati presero oltre 500 cannoni di vario tipo, nonché 700 veicoli e 120 carri armati. In uno scenario in cui i materiali erano importanti tanto quanto gli uomini, la perdita di questi rifornimenti permise agli Alleati di continuare a spingere verso ovest. Nel corso della battaglia di Bardia vennero uccisi meno di 150 soldati alleati. L'operazione Compass si stava trasformando in una serie di vittorie sbalorditiva. Ignorando il suo iniziale vantaggio numerico, Graziani si lamentò con Mussolini del fatto che il suo esercito fosse come “una pulce contro un elefante" (Liddell Hart, 98). Gli italiani avevano già perso incredibilmente otto divisioni, ma il peggio doveva ancora venire.
La presa di Tobruch
Tobruch era un porto per i rifornimenti e una base navale di vitale importanza per qualsiasi esercito che volesse operare in questa parte della Libia e nell'Egitto occidentale. Per la difesa della città, Graziani aveva 34.000 uomini, 220 cannoni, circa 90 carri armati e un supporto aereo, seppur limitato. Altre due divisioni italiane erano a Derna e Bengasi. O'Connor doveva fronteggiare i problemi alle sue linee di rifornimento dovuti alla sua rapida avanzata: ai soldati alleati venivano date razioni dimezzate, visto che la priorità era assegnata al trasporto di carburante e munizioni. Wavell non poteva inviare rinforzi a O'Connor perché aveva distolto delle truppe ancora una volta, in questo caso per assistere la Grecia, invasa dalle forze italiane il 28 ottobre, e per fronteggiare altre minacce agli interessi britannici in Medio Oriente. O'Connor dovette arrangiarsi con quello che aveva ma, se non altro, anche gli italiani avevano i loro problemi. La Regia Aeronautica, già ostacolata dal fatto di avere velivoli antiquati rispetto a quelli britannici, vide ridursi drammaticamente il numero di aerei a sua disposizione dopo che gli Alleati presero la base aerea e il deposito di riparazione presenti a El Adem.
Tobruch venne attaccata a partire dal 21 gennaio 1941. Un pesante bombardamento di artiglieria venne seguito da un attacco concentrato di carri armati sulle difese a sud-est della città. L'azione nel corso della mattinata arrise agli Alleati ma, nel pomeriggio, gli italiani usarono le navi sulla costa per bombardare gli attaccanti. Gli alleati si aprirono la strada con la forza e, per la fine della giornata, avevano preso quasi la metà del terreno dei difensori. Dopo una notte di bombardamenti, la mattina seguente la guarnigione di Tobruch ne aveva avuto abbastanza e si arrese. Una volta ancora, gli Alleati ottennero un'immensa quantità di armi e rifornimenti, tra cui 87 carri armati e scorte di cibo per due mesi. Gli Alleati ebbero 400 perdite nel corso dello scontro. Il porto di Tobruch venne rimesso in funzione dopo 48 ore.
Le vittorie a Derna, Bengasi e Beda Fomm
Il XIII Corpo britannico adesso puntò alle divisioni italiane di stanza a Derna, per poi dirigersi verso Bengasi, che rappresentava una preda molto appetibile, trattandosi di un grande porto con 65.000 abitanti. Se gli Alleati avessero preso Bengasi, sarebbe stato un duro colpo per le possibilità italiane di riprendersi dalle sconfitte dell'operazione Compass. I britannici vinsero una battaglia di carri armati presso el-Mechili il 24 gennaio. Derna venne presa il 30 gennaio. Il 4 febbraio, Bengasi era circondata. Nel giro di tre giorni, il porto venne conquistato. La 10ª Armata italiana venne pesantemente sconfitta a Beda Fomm il 7 febbraio del 1941. Questa volta, il generale Bergonzoli si ritrovò tra i 25.000 prigionieri.
L'operazione Compass era stata un successo strepitoso, che di fatto aveva distrutto l'esercito italiano e la sua forza aerea nella Libia occidentale. O'Connor aveva guidato la sua forza, relativamente piccola, per oltre 800 chilometri nel deserto, sconfiggendo di volta in volta l'esercito italiano. "Subendo meno di 2.000 perdite, aveva distrutto dieci divisioni nemiche, catturato 138.000 prigionieri di guerra, tra cui cinque generali, e preso 400 carri armati e 850 cannoni" (Boatner, 399). L'esercito italiano subì 12.000 perdite, tra caduti e dispersi. Si trattò della prima grande sconfitta delle potenze dell'Asse nel corso della guerra.
Conseguenze
Graziani ebbe un esaurimento nervoso, e si ritirò dal servizio attivo nel marzo del 1941. Anche a O'Connor le cose non andarono molto meglio, dato che venne catturato nelle fasi successive della guerra nel deserto, anche se riuscì a scappare e a prendere parte alle operazioni dello sbarco in Normandia del 1944. Per quanto riguarda gli Alleati, vanno considerati alcuni aspetti negativi legati alla relativa facilità con cui ottennero le vittorie nel corso dell'operazione Compass: "gli eserciti del Commonwealth non avevano appreso nulla della cooperazione tra i mezzi corazzati e la fanteria, o sul corretto uso dell'artiglieria in supporto alle formazioni meccanizzate, né tanto meno sull'uso di armi anticarro" (Moreman, 31). Queste lezioni vennero apprese nel modo più duro nella fase successiva della guerra nel deserto.
L'esercito italiano in Tripolitania venne potenziato in maniera significativa nel febbraio del 1941 dall'arrivo di truppe tedesche che, in questo momento delle operazioni nel deserto, erano meglio addestrate ed equipaggiate rispetto sia agli italiani che agli Alleati. La nuova divisione corazzata tedesca formò quello che sarebbe diventata l'unità d'élite del Deutsches Afrikakorps (D.A.K.). La situazione migliorò ulteriormente per le potenze dell'Asse quando il generale Rommel prese il comando delle truppe italo-tedesche in Nordafrica. Gli ordini ufficiali erano di contenere gli Alleati e concentrarsi sulla difensiva; Rommel ignorò allegramente queste direttive, andando immediatamente all'offensiva, avvantaggiandosi della sovraestensione delle linee nemiche. Rommel prese El-Agheila il 24 marzo del 1941, poi Marsa el-Brega il 1° aprile, Bengasi il 4 aprile ed el-Mechili il 7 aprile. I progressi di Rommel si fermarono a causa dell'infruttuoso assedio di Tobruch, durato da aprile a dicembre del 1941, ma ottenne una grande vittoria nella battaglia di Ain el-Gazala, combattuta tra il maggio e il giugno del 1942, che alla fine portò alla presa di Tobruch. Rommel, afflitto anch'egli dai problemi alle linee di rifornimento, perse l'iniziativa nel corso della prima e della seconda battaglia di El Alamein, tra il luglio e il novembre del 1942. L'imponente sbarco alleato in Nordafrica nel novembre del 1942, che prese il nome di operazione Torch, segnò l'inizio della fine per le ambizioni dell'Asse in Nordafrica.