Annibale

Definizione

Joshua J. Mark
da , tradotto da Giovanni De Simone
pubblicato il
Disponibile in altre lingue: Inglese, Francese, Spagnolo, Turco
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Hannibal Barca [Artist's Impression] (by Creative Assembly, Copyright)
Annibale Barca [rappresentazione artistica]
Creative Assembly (Copyright)

Annibale Barca, vissuto tra il 247 e il 183 a.C. fu un generale cartaginese nel corso della Seconda guerra punica tra Roma e Cartagine, che ebbe luogo tra il 218 e il 202 a.C. È considerato uno dei più grandi generali dell'antichità, e le sue tattiche vengono studiate e utilizzate ancora oggi. Suo padre era Amilcare Barca, vissuto tra il 275 e il 228 a.C., il grande generale della Prima guerra punica, combattuta tra il 264 e il 241 a.C.

Queste guerre vennero combattute tra le città di Cartagine, situata in Nordafrica, e Roma, posta al centro della penisola italica, per ottenere la supremazia nel Mediterraneo. Il secondo conflitto fu il risultato diretto del primo. Annibale assunse il comando delle truppe cartaginesi dopo la morte del padre, e le guidò vittoriosamente nel corso di numerose battaglie, arrivando quasi alle porte di Roma; dovette fermarsi non per merito dei suoi avversari, ma per il mancato invio di risorse per prendere la città.

Fu richiamato in Africa per difendere Cartagine dall'invasione romana, e venne sconfitto nel 202 a.C. nella battaglia di Zama da Scipione l'Africano, vissuto tra il 236 e il 183 a.C, dopo di che smise di servire Cartagine. Passò il resto della sua vita come statista e si esiliò volontariamente presso le corti di re stranieri. Morì nel 183 a.C., suicidandosi con del veleno.

Origini

Anche se Annibale è uno dei più famosi generali dell'antichità, la sua figura resta avvolta nel mistero. Lo studioso Philip Matyszak nota che:

Ci sono molte cose che non sappiamo di quest'uomo, sebbene sia stato uno dei più grandi generali dell'antichità. Non ci sono pervenute sue biografie; le notizie su di lui sono altalenanti e variano in base all'attenzione che i vari autori hanno dedicato alle sue gesta e al suo personaggio. (24)

Non si sa nulla di sua madre e, nonostante al tempo delle sue vittorie più importanti fosse sposato, non ci sono testimonianze di sua moglie, fatta eccezione per il nome, Imilce, e per il fatto che gli diede un figlio. Il destino della sua consorte e di suo figlio è sconosciuto. La vita di Annibale ci viene in larga parte raccontata dai suoi nemici, i Romani, attraverso gli storici che si occuparono delle Guerre puniche.

Il padre di Annibale gli IMPOSE, quando era ancora un ragazzo, di "giurare che non sarebbe mai diventato amico di Roma".

Lo storico greco Polibio, vissuto circa tra il 208 e il 125 a.C., scrisse che Amilcare lo invitò a seguirlo in una spedizione in Spagna, quando il ragazzo aveva circa nove anni. Annibale accettò l'invito con entusiasmo ma, prima gli fosse permesso di unirsi alla spedizione, suo padre "lo prese per mano e lo portò su un altare. Lì ordinò ad Annibale di poggiare una mano sulla vittima sacrificale e di giurare la sua inimicizia verso Roma" (3:11). Annibale accettò il giuramento con piacere, e non lo dimenticò mai.

Accompagnò suo padre in Spagna, dove imparò a combattere, rintracciare il nemico e, soprattutto, a superarlo in astuzia. Matyszak commenta come "il moderno concetto di adolescenza, inteso come la fase tra l'infanzia e l'età adulta, non esisteva nel mondo antico, e ad Annibale fu affidato il comando di truppe fin da giovanissimo" (23). Quando suo padre annegò, il comando del suo esercito passò ad Asdrubale il Vecchio, vissuto circa tra il 270 e il 221 a.C., che era il marito di sua figlia; quando quest'ultimo venne assassinato nel 221 a.C., le truppe elessero all'unanimità Annibale come loro comandante, nonostante avesse solo 25 anni all'epoca.

L'attraversamento delle Alpi e le prime vittorie

Dopo la Prima guerra punica, il trattato tra Roma e Cartagine stabiliva che quest'ultima poteva continuare a occupare determinate regioni in Spagna, purché pagasse un tributo a Roma e che si astenesse dall'espandersi. Nel 219 a.C., i Romani orchestrarono un colpo di stato nella città di Sagunto, installandovi un governo ostile a Cartagine e ai suoi interessi. Annibale marciò sulla città nel 218 a.C., la assediò, e la conquistò. I Romani, sentendosi oltraggiati, chiesero a Cartagine di consegnargli il loro generale; il rifiuto a tale richiesta diede inizio alla Seconda guerra punica.

Map of Hannibal's Route into Italy
Mappa dell'itinerario di Annibale in Italia
The Department of History, United States Military Academy (GNU FDL)

Annibale decise di portare la guerra nel territorio dei Romani, e invase l'Italia settentrionale nel 218 a.C., attraversando la catena montuosa delle Alpi. Lasciò suo fratello Asdrubale Barca, vissuto circa tra il 244 e il 207 a.C., al comando dei suoi eserciti in Spagna, e partì con i suoi uomini verso la penisola italica. Lungo il cammino, capendo l'importanza di conquistare il sentimento della gente, si presentò agli iberici come un liberatore dal dominio di Roma.

Il suo esercito si ingrossava continuamente con nuove reclute arrivando, al momento dell'attraversamento delle Alpi, a 50.000 fanti e 9.000 cavalieri. Aveva con sé anche un certo numero di elefanti, che trovò molto utili per terrorizzare l'esercito e la cavalleria romana. Una volta raggiunte le montagne, fu costretto ad abbandonare le macchine d'assedio e un certo numero di rifornimenti che lo avrebbero rallentato, dopo di che, con il suo esercito, iniziò l'ascesa.

Il generale e le sue truppe dovettero affrontare non solo il brutto tempo e le pendenze dell'ambiente montano, ma anche l'ostilità delle tribù che vivevano in quel territorio. Una volta svalicato, dopo 17 giorni, il suo esercito si era ridotto a 26.000 uomini totali e gli erano rimasti pochi elefanti. Nonostante ciò, Annibale era fiducioso della sua vittoria e guidò i suoi uomini nelle pianure settentrionali della penisola italica.

I Romani, nel frattempo, non avevano idea dei movimenti di Annibale. Non avevano mai pensato al fatto che avrebbe potuto muovere il suo esercito passando per le montagne; ritenevano che fosse ancora da qualche parte in Spagna. Quando però a Roma giunse la notizia della manovra di Annibale, la reazione fu rapida e venne mandato per intercettarlo il generale Scipione, padre di Scipione l'Africano, che era al suo seguito. I due eserciti si scontrarono presso il fiume Ticino: i Romani furono sconfitti, e Scipione quasi ucciso.

Carthaginian War Elephant
Elefanti da guerra cartaginesi
The Creative Assembly (Copyright)

Nella battaglia successiva, Annibale sconfisse i suoi nemici sulle sponde del lago Trasimeno, ottenendo rapidamente il controllo dell'Italia settentrionale. Non avendo macchine d'assedio ed elefanti per prendere le città, Annibale fece affidamento sulla sua immagine di liberatore per provare a persuaderle a passare dalla sua parte. Mandò messaggi a Cartagine per ricevere uomini e rifornimenti, specialmente macchine d'assedio, ma la sua richiesta venne respinta. Il senato cartaginese credeva che il suo generale sarebbe riuscito a gestire la situazione senza spese aggiuntive da parte loro, e gli suggerì di approvvigionarsi sul territorio.

Gli stratagemmi di Annibale e la battaglia di Canne

La strategia di Annibale di presentarsi come liberatore funzionò, e molte città scelsero di stare dalla sua parte contro i Romani; inoltre, grazie alle sue vittorie sul campo, le sue fila si ingrossavano con nuove reclute. Dopo la battaglia del Trebbia, nel 218 a.C., nella quale sconfisse ancora i Romani, Annibale si ritirò verso nord per passare l'inverno e pianificare la sua campagna primaverile, dovendo sviluppare vari stratagemmi per non essere assassinato nel suo campo dalle spie o dai sicari mandati dai Romani. Polibio scrive di come Annibale

avesse una serie di parrucche, ognuna delle quali gli conferiva un'età diversa. Le cambiava costantemente, adattando ogni volta il suo abbigliamento alla sua apparenza. Così facendo, rese difficile il suo riconoscimento, non solo per quelli che lo vedevano per poco, ma anche per coloro che lo conoscevano bene. (3:78)

Con l'arrivo della primavera, Annibale lanciò un nuovo assalto, distruggendo un esercito romano comandato da Gaio Flaminio e un altro guidato da Servilio Gemino.

I Romani allora mandarono contro di lui il generale Quinto Fabio Massimo, vissuto circa tra il 280 e il 203 a.C. Fabio adottò una tattica nuova: logorò Annibale tenendolo costantemente in movimento e prendendolo alla sprovvista. Fabio divenne conosciuto come il temporeggiatore perché si rifiutò di affrontare Annibale direttamente, rinviando qualsiasi scontro faccia a faccia; preferì impiegare il suo esercito per prevenire i suoi attacchi o per impedirgli di ritirarsi dall'Italia. La strategia di Fabio ebbe un successo tale che fece quasi cadere Annibale in trappola.

ANNIBALE PASSÒ IL TEMPO STUDIANDO I PUNTI DI FORZA E LE DEBOLEZZE DEI SUOI NEMICI, E SAPEVA CHE VARRONE ERA TROPPO SICURO DI SÉ.

I cartaginesi si rifugiarono vicino Capua, dove la loro ritirata fu fermata dal fiume Volturno. Sembrava che Annibale non avesse altra scelta che aprirsi la strada o arrendersi ma, una notte, i Romani videro una fila di torce muoversi dal campo cartaginese verso una zona dove sapevano che era presente una loro forte guarnigione.

Pareva chiaro che Annibale volesse uscire dalla trappola. I generali di Fabio lo incoraggiarono a organizzare un attacco notturno per portare aiuto alla guarnigione e schiacciare il nemico tra due fuochi, ma lui rifiutò, credendo che la guarnigione avrebbe potuto facilmente impedire ad Annibale di fuggire e resistere fino al mattino. Quando però la guarnigione marciò per combattere contro Annibale, i Romani trovarono solo del bestiame a cui erano state legate delle torce sulle corna, mentre l'esercito cartaginese sgattaiolò attraverso il passo che i Romani avevano lasciato incustodito.

La tattica di Fabio di rifiutare il combattimento in campo aperto iniziava a innervosire Roma, che pretendeva un'azione diretta. In qualità di suo luogotenente, venne nominato un generale più giovane, Minucio Rufo, che era sicuro di poter sconfiggere Annibale e riportare la pace nella regione. Fabio però aveva compreso che non avevano a che fare con un avversario comune, e si rifiutò ancora di combatterlo. Consegnò a Rufo metà del suo esercito e lo invitò a fare del suo meglio. Rufo attaccò Annibale presso la città di Geronio, e fu sconfitto così brutalmente che Fabio dovette salvare lui e ciò che rimaneva delle sue truppe dall'annichilazione totale. Dopo questi eventi, il mandato di Fabio era scaduto e Rufo scomparve dalla storia (trovò la morte nella successiva battaglia di Canne).

Annibale marciò verso Canne, importante deposito di rifornimenti romano, che prese facilmente, permettendo ai suoi uomini di riposare. I Romani mandarono i consoli Lucio Emilio Paolo, morto nel 216 a.C., e Gaio Terenzio Varrone, in carica dal 218 al 200 a.C. Con una forza di 80.000 uomini, i due marciarono contro le posizioni cartaginesi; Annibale aveva meno di 50.000 soldati al suo comando. Come suo solito, Annibale passò il tempo studiando i punti di forza e le debolezze dei suoi nemici, e sapeva che Varrone era ansioso di combattere e troppo sicuro di sé. I due consoli romani erano costretti ad alternare il comando su base giornaliera, e questo andò a tutto vantaggio di Annibale quando, nel primo giorno della battaglia, il comando supremo toccò a Varrone, il più ambizioso e incauto dei due.

Annibale dispose il suo esercito ad arco, piazzando la sua fanteria leggera di Galli al centro, con alle spalle la fanteria pesante; sulle ali c'erano la cavalleria pesante e quella leggera. I Romani, al comando di Varrone, utilizzarono la formazione tradizionale, marciando verso il centro delle linee nemiche per schiacciarle. Varrone credeva di avere di fronte uno dei tanti avversari che le legioni romane avevano sconfitto in passato, e confidava che le sue truppe avrebbero distrutto la formazione cartaginese; questo era precisamente quello che voleva Annibale.

Battle of Cannae - Initial Deployment
Battaglia di Canne - Schieramento iniziale
The Department of History, United States Military Academy (Public Domain)

Quando i Romani avanzarono, il centro cartaginese iniziò a cedere il passo, in modo da far pensare a Varrone che le sue deduzioni fossero corrette e che il centro stesse cedendo. I cartaginesi ripiegarono ordinatamente, attirando i Romani sempre di più tra le loro linee; a quel punto, la fanteria leggera si spostò verso le estremità dell'arco disegnato da Annibale, e la fanteria pesante avanzò verso la prima linea. In quello stesso momento, la cavalleria cartaginese ingaggiò quella romana disperdendola, e si piazzò alle spalle della fanteria romana.

I Romani seguitarono con le loro tattiche ben collaudate, continuando a spingere in avanti, non rendendosi conto di avanzare verso la macchina di morte costituita dalla fanteria pesante cartaginese. La cavalleria di Annibale colmò le distanze e si mise alle spalle delle forze romane, che vennero completamente circondate. Su 80.000 soldati romani che scesero in campo quel giorno, 44.000 persero la vita, mentre Annibale subì all'incirca 6.000 perdite. Fu una sconfitta devastante per Roma: molte città-stato stato defezionarono, passando dalla parte di Annibale e di Filippo V di Macedonia (re tra il 221 e il 179 a.C.), dando peraltro inizio alla Prima guerra macedonica.

Battle of Cannae - Destruction of the Roman Army
Battaglia di Canne - Distruzione dell'esercito Romano
The Department of History, United States Military Academy (Public Domain)

I cittadini di Roma si mobilizzarono per difendere la loro città, essendo sicuri dell'arrivo imminente di Annibale. Sia i veterani che le nuove reclute rifiutarono la paga pur di difendere l'Urbe. Annibale, tuttavia, non poteva muovere contro Roma perché non aveva macchine d'assedio né rinforzi per il suo esercito. La sua richiesta per ricevere i necessari rifornimenti venne rifiutata dal senato cartaginese, che non voleva continuare lo sforzo bellico o spendere altri soldi.

Il comandante della cavalleria di Annibale, Maarbale, lo incoraggiò ad attaccare comunque, confidando nel raggiungimento della vittoria, visto che a questo punto l'esercito romano era allo sbando e il popolo in preda al panico. Annibale però si rifiutò, e Maarbale gli disse "sai come ottenere una vittoria, ma non sai come sfruttarla". Annibale, tuttavia, aveva ragione: dopo Canne, le sue truppe erano esauste e non aveva elefanti e macchine d'assedio per prendere Roma. Non aveva neanche uomini sufficienti per circondare la città e costringerla ad arrendersi dopo un lungo assedio. Se Cartagine avesse inviato gli uomini e i rifornimenti richiesti, la storia sarebbe potuta andare un modo diverso, ma non fu così.

Ulteriori campagne e la battaglia di Zama

Tra i combattenti romani sopravvissuti a Canne c'era l'uomo che sarebbe diventato conosciuto come Scipione l'Africano. Suo padre e suo zio, due ex-comandanti, erano stati uccisi in battaglia da Asdrubale Barca in Spagna e, quando il senato romano invocò un generale che difendesse la città contro Annibale, i comandanti più papabili rifiutarono, credendo che, dopo Canne, si trattasse di una missione suicida. Scipione, che aveva appena 24 anni in quel momento, si fece volontario. Lasciò Roma con soli 10.000 fanti e 1.000 cavalieri per andare incontro alle ben più numerose forze di Annibale.

Scipione però non iniziò il suo compito in Italia, bensì nella penisola iberica, sforzandosi di sopraffare prima Asdrubale per prevenire l'arrivo di rinforzi in Italia. Come prima mossa, prese la città di Cartagena, per poi ottenere altre vittorie. Nel 208 a.C., sconfisse Asdrubale nella battaglia di Baecula, usando la stessa tattica che Annibale aveva impiegato a Canne.

ASDRUBALE REALIZZÒ CHE LA SPAGNA ERA ORMAI UNA CAUSA PERSA, E COSÌ ATTRAVERSÒ LE ALPI PER UNIRSI AD ANNIBALE E LANCIARE UN ATTACCO COMBINATO SU ROMA.

Asdrubale realizzò che la Spagna era ormai una causa persa, e così attraversò le Alpi per unirsi ad Annibale e lanciare un attacco combinato su Roma. Tuttavia, nel corso della battaglia del Metauro, nel 207 a.C., l'esercito di Asdrubale venne sconfitto dai Romani guidati da Gaio Claudio Nerone, vissuto all'incirca tra il 237 e il 199 a.C.: Asdrubale perse la vita e i suoi soldati vennero dispersi. Nerone stava combattendo con Annibale a sud ma, nel corso della notte, sgattaiolò per andare incontro ad Asdrubale sconfiggendolo, e tornò senza che Annibale se ne accorgesse. Annibale venne a sapere della sorte di suo fratello quando un contingente romano gettò la sua testa alle sentinelle del suo campo.

Scipione, ancora in Spagna, chiese soldi e rifornimenti al senato romano per portare la guerra contro Annibale direttamente a Cartagine: con questa mossa era sicuro di costringere i cartaginesi a richiamare Annibale dall'Italia per difendere la sua città. Il senato romano rifiutò, e così Scipione li umiliò sollevando il suo stesso esercito e appellandosi al popolo di Roma per ricevere un supporto: il senato allora gli affidò il comando della Sicilia, da cui sarebbe partita la sua invasione del Nordafrica.

Nel frattempo, Annibale era costretto a proseguire la sua precedente strategia, che consisteva nell'affrontare i Romani in combattimenti organizzati rapidamente e nel cercare di portare le città-stato dalla sua parte, non essendo capace di prenderle con la forza. Matyszak scrive:

Sul campo Annibale rimase insuperabile. Nel 212 e nel 210 a.C. sfidò i Romani e li sconfisse. Tuttavia, adesso aveva capito che la ferita ricevuta da Roma a Canne non era stato mortale. Il flusso di defezioni che aveva ingrossato le sue fila rallentò, per poi fermarsi. (39)

In Spagna, i cartaginesi erano stati sconfitti da Scipione, ma Annibale non lo sapeva: era a conoscenza della morte del fratello, ma non che la Spagna fosse sotto il controllo romano.

Battle of Zama
Battaglia di Zama
Sailko (CC BY-SA)

In quel momento, Scipione era già pronto a invadere il Nordafrica, e il suo piano funzionò esattamente come previsto. Nel 205 a.C. sbarcò in Africa con le sue forze e si alleò con il re della Numidia, Massinissa. Conquistò rapidamente la città di Utica e marciò verso Cartagine. Annibale fu richiamato dall'Italia per far fronte a questa minaccia: i due eserciti si scontrarono nel 202 a.C., nella battaglia di Zama.

Scipione aveva studiato attentamente le tattiche di Annibale, allo stesso modo di come aveva fatto precedentemente quest'ultimo, così scrupoloso nello studiare il nemico e nel superarlo in astuzia. Annibale però non aveva mai affrontato Scipione; sapeva solo che era il giovane generale che aveva sconfitto Asdrubale in Spagna. Scipione sembrava assecondare le aspettative di Annibale quando dispose le sue forze in formazione tradizionale, in quello che in apparenza era un gruppo serrato.

Annibale era convinto di disperdere facilmente i Romani con una carica di elefanti, ma Scipione usò la sua prima linea per coprire un tipo molto diverso di formazione: invece di adottare una configurazione serrata che presentava un fronte orizzontale tra le linee, che era ciò che vedeva Annibale dalla sua posizione, dispose le sue truppe nelle retrovie in colonne verticali. Quando Annibale lanciò la sua carica di elefanti, la prima linea di Scipione semplicemente si spostò, e gli elefanti passarono senza infliggere danni tra gli spazi creati dai legionari, che poi uccisero coloro che li manovravano e li indirizzarono contro i ranghi dei cartaginesi, schiacciandoli: Annibale venne sconfitto, e la Seconda guerra punica era finita.

The Battle of Zama - Elephant Charge
Battaglia di Zama - Carica degli elefanti
Mohammad Adil (CC BY-SA)

Ultimi anni ed eredità

Dopo la guerra, Annibale accettò la posizione di magistrato capo di Cartagine, un ruolo che ricoprì bene, così come aveva fatto come capo militare. Le pesanti sanzioni imposte da Roma alla sconfitta Cartagine, che avevano lo scopo di paralizzare la città, vennero pagate facilmente grazie alle riforme di Annibale. I membri del senato cartaginese, che avevano rifiutato di inviargli aiuti quando si trovava in Italia, lo accusarono di aver tradito gli interessi dello stato non prendendo Roma quando ne aveva avuto l'occasione. Annibale rimase fedele agli interessi del suo popolo fino a che i senatori inventarono nuove accuse e lo denunciarono a Roma, affermando che stesse ricostituendo nuovamente la potenza di Cartagine per sfidare ancora i Romani. Non è chiaro il momento in cui i senatori decisero di comportarsi in questo modo; le uniche cose sicure sono la loro delusione nei suoi confronti dopo la sconfitta di Zama e la gelosia verso le sue abilità.

A Roma, anche Scipione aveva a che fare con i problemi causati dal senato romano, che lo accusava di simpatizzare con Annibale per avergli concesso la grazia e averlo lasciato andare, di essere corrotto e di appropriazione indebita di denaro. Scipione difese Annibale, definendolo un nemico onorevole, e fermò i Romani dal mandare una delegazione che pretendeva il suo arresto. Annibale però capì che era solo una questione di tempo prima che venisse tradito dai suoi stessi concittadini, e fuggì da Cartagine nel 195 a.C., andando prima a Tiro e poi in Asia Minore, dove divenne il consulente di Antioco III il Grande, sovrano dell'Impero seleucide dal 223 al 187 a.C.

Antioco ovviamente conosceva la reputazione di Annibale, e non voleva correre il rischio di dare il controllo del suo esercito a un condottiero così potente e famoso: lo mantenne a corte fino a che le necessità non portarono a nominarlo ammiraglio della flotta, in quel momento in lotta contro Rodi, alleata di Roma. Annibale era un marinaio inesperto, come lo era il suo equipaggio, e fu sconfitto, anche se va detto che arrivò vicino alla vittoria. Quando Antioco fu sconfitto dai Romani a Magnesia, nel 189 a.C., Annibale sapeva che la sua consegna avrebbe fatto parte degli accordi e fuggì ancora.

Hannibal Barca Bust
Busto di Annibale Barca
Carole Raddato (CC BY-SA)

Nel 183 a.C., alla corte di Prusia, re di Bitinia, Annibale, con i Romani che ancora lo inseguivano, decise di porre fine alla sua vita piuttosto che cadere nelle mani dei suoi nemici. Dopo aver detto "mettiamo fine a questa vita, che tanto terrore ha causato ai Romani" bevve del veleno. Aveva 65 anni. Nello stesso momento, a Roma, Scipione era tanto disgustato dalle accuse che gli venivano mosse che si ritirò in una sua proprietà fuori città e ordinò nelle sue volontà che fosse seppellito lì, e non a Roma. Morì lo stesso anno di Annibale, a 53 anni.

Annibale divenne una leggenda nel corso della sua stessa vita e, anni dopo la sua morte, le madri romane continuavano a spaventare i loro figli che non volevano andare a dormire con la frase Hannibal ad porto, cioè, "Annibale è alla porta" Il suo attraversamento delle Alpi, impensabile ai suoi tempi, gli fece guadagnare la riluttante ammirazione dei suoi nemici e una fama imperitura fin da allora.

Le strategie di Annibale, apprese così bene da Scipione, furono incorporate nelle tattiche romane e usate con buoni risultati in seguito alla battaglia di Zama. Dopo le morti di Annibale e Scipione, Cartagine continuò a causare problemi a Roma, che alla fine portarono alla Terza guerra punica tra il 149 e il 146 a.C., in cui Cartagine venne distrutta.

Lo storico Ernle Bradford scrive che la guerra di Annibale contro i Romani

può essere considerata come l'ultimo sforzo dei vecchi popoli semiti e orientali nel prevenire il dominio del mondo mediterraneo da parte di una potenza stanziata nella parte occidentale del bacino. Tale sforzo fu frustrato dall'immensa resilienza dei Romani, dovuta sia alla loro costituzione politica che militare. (210)

Pur essendoci del vero in queste parole, la sconfitta finale di Annibale fu dovuta alla debolezza che la sua gente aveva per il lusso, la ricchezza e la comodità, tanto quanto dal rifiuto di Roma di arrendersi dopo Canne. Non c'è dubbio, come nota anche Bradford, che "se Annibale avesse combattuto contro qualsiasi altra nazione del mondo antico...con le sue travolgenti vittorie le avrebbero piegate tutte, provocando una capitolazione veloce" (210); il motivo della sconfitta di Annibale risiede nel rifiuto dell'aristocrazia cartaginese di supportarlo mentre combatteva per la loro causa.

Non ci sono testimonianze a Cartagine che attestano ad Annibale qualsivoglia riconoscimento per il suo servizio in Italia; fu onorato più dalla grazia e dalla difesa concessagli da Scipione che da qualsiasi azione dei suoi connazionali. Anche così, continuò a fare del suo meglio per la sua gente nel corso di tutta la sua vita, e restò fedele al voto che aveva preso da giovane: fino alla fine, restò un nemico dei Romani e il suo nome venne ricordato come quello del più grande avversario di Roma per generazioni, fino ai nostri giorni.

Info traduttore

Giovanni De Simone
Ho conseguito la laurea in Lingue e Mediazione Culturale con il massimo dei voti presso l'Università di L'Aquila. Ho una grande passione per la storia e sono convinto che l'attività di traduzione possa arricchire la conoscenza di ciascuno di noi.

Info autore

Joshua J. Mark
Scrittore freelance ed ex Professore part-time di Filosofia presso il Marist College (New York), Joshua J. Mark ha vissuto in Grecia ed in Germania, ed ha viaggiato in Egitto. Ha insegnato storia, scrittura, letteratura e filosofia all'Università.

Cita questo lavoro

Stile APA

Mark, J. J. (2018, marzo 29). Annibale [Hannibal]. (G. D. Simone, Traduttore). World History Encyclopedia. Estratto da https://www.worldhistory.org/trans/it/1-406/annibale/

Stile CHICAGO

Mark, Joshua J.. "Annibale." Tradotto da Giovanni De Simone. World History Encyclopedia. Modificato il marzo 29, 2018. https://www.worldhistory.org/trans/it/1-406/annibale/.

Stile MLA

Mark, Joshua J.. "Annibale." Tradotto da Giovanni De Simone. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 29 mar 2018. Web. 16 set 2024.