Costruita nel Settimo secolo a.C., l'antica città di Bisanzio aveva dimostrato di essere una città preziosa tanto per gli antichi Greci, quanto per i Romani. Dal momento che si estendeva sul lato europeo dello Stretto del Bosforo, l'Imperatore Costantino ne riconobbe la rilevanza strategica e, una volta riunificato l'Impero nel 324, lì volle che fosse edificata la nuova capitale: Costantinopoli.
Fondazione di Costantino (248-337)
Diocleziano, imperatore dal 284 al 305, credeva che l'Impero fosse troppo grande perché una sola persona potesse averne il comando, e decise di stabilire una tetrarchia (comando dei quattro): Un imperatore (augusto) ed un co-imperatore (cesare) in ognuna delle due parti in cui sarebbe stato suddiviso l'Impero medesimo, l'occidentale e l'orientale. Diocleziano scelse di tenere per sé la parte orientale dell'Impero. Mentre, nella parte occidentale, alla morte di Costanzo, salì al potere il figlio Costantino. Il quale, ambiziosamente, dopo aver sconfitto nella Battaglia di Ponte Milvio il suo rivale Massenzio, nel 312 divenne l'incontrastato Imperatore d'Occidente. Poi nel 313, una volta che Licinio ebbe assunto la carica in Oriente, sfidò anche quest'ultimo sconfiggendolo a Crisopoli e riuscì in tal modo a riunificare l'Impero.
Costantino, pur avendo dei dubbi rispetto alla città da prediligere come sede della nuova Capitale, non pensò mai a Roma. Egli considerava, infatti, evidente il declino infrastrutturale della città; economicamente si poteva ritenerla in stagnazione, poiché la sua unica fonte di finanziamento, si riduceva progressivamente. Nicomedia, invece, aveva tutto ciò che egli avrebbe potuto desiderare per una capitale - un palazzo, una basilica e perfino un circo (grande struttura per ospitare le gare equestri) - ma era già stata la sede dei suoi predecessori, ed egli voleva qualcosa di nuovo, che potesse essere associato esclusivamente al suo nome. Sebbene fosse tentato di costruire la sua capitale là dove una volta sorgeva l'antica Troia, alla fine Costantino reputò essere l'antica Bisanzio la scelta migliore per far sorgere una nuova città, reclamando al contempo che essa fosse una Nuova Roma (Nova Roma). Il sito aveva molti vantaggi. Non era distante dal centro geografico dell'Impero e dal momento che era quasi interamente circondato dalle profonde acque del Bosforo, era agevolmente difendibile (ancor di più allorquando una catena veniva posta da un lato all'altro della baia). La conformazione fisica del sito le aveva dato un porto naturale straordinario - grazie al c.d. Corno d'Oro -, oltre ad un facile accesso alla regione del Danubio ed ai confini delle terre dell'Eufrate. Fu così dato inizio ad un radicale progetto di costruzione e ricostruzione, finanziato da una tassa di scopo e da quanto era stato ricavato dal tesoro di Licinio.
Pur avendo conservato qualcosa della precedente struttura urbana, si sarebbe voluto che la Nuova Roma, estesa su di una superficie quattro volte maggiore rispetto a quella dell'antica Bisanzio, fosse ispirata alla religione cristiana, ma in realtà rimase una città classica. Costruita su sette colli, proprio come la vecchia Roma, la città fu suddivisa in quattordici distretti. C'erano degli ampi viali, presumibilmente voluti dallo stesso Costantino, delimitati dalle statue di Alessandro Magno, Cesare, Augusto, Diocleziano e, naturalmente, Costantino, rappresentato nelle vesti di Apollo, con uno scettro in una mano ed il globo nell'altra. La città si sviluppava intorno a due strade principali con colonnati (risalenti all'epoca di Settimio Severo). Nei settori vicino all'incrocio dei due assi principali, c'erano le terme di Zeuxippus ed il Tetrastoon (o Augustaion), mentre lo stesso incrocio era evidenziato dal Tetrapilon, un insieme di quattro archi a campate contrapposte.
A Nord dell'arco si ergeva l'antica basilica, che Costantino volle trasformare in una piazza squadrata incorniciata da portici, nei quali erano alloggiati una biblioteca e due santuari. Dal lato meridionale si sviluppava il palazzo imperiale, col suo imponente ingresso, il cancello Chalké. Oltre ad un nuovo Foro, la città poteva vantare un edificio civile di ampia capienza, che fungeva da spazio commerciale, borsa delle merci e tribunale. Là dove una volta si ergeva il circo per i giochi, si costruì il sacrario della vittoria, nel quale trovò posto anche il monumento eretto in precedenza a Delfi - La Colonna del Serpente - per celebrare la vittoria dei Greci contro i Persiani nel 479 a.C. L'Ippodromo fu ampliato per permettere le corse delle bighe, mentre il vecchio anfiteatro fu abbandonato (i Cristiani non gradivano le lotte gladiatorie).
Una delle prime preoccupazioni di Costantino fu quella di provvedere a dare acqua a sufficienza alla popolazione urbana. Infatti, se a Roma il problema non era mai sorto, la Nuova Roma doveva far fronte a periodi di grande siccità durante l'estate e nel primo autunno, associati a piogge torrenziali in inverno. Unitamente alla sfida delle condizioni meteorologiche, c'erano sempre in agguato le invasioni e gli assedi. Ragion per cui, la città aveva senz'altro necessità di una disponibilità d'acqua aggiuntiva, in caso d'emergenza. C'era un sufficiente numero di acquedotti, con tunnel e diramazioni capillari, per portare acqua all'interno delle mura urbane, ma si presentava comunque una scarsa capacità di immagazzinamento della stessa. Col fine di affrontare e risolvere il problema, nel 330, fu costruita un'altra grande cisterna, ancora esistente, detta di Filosseno (in Turco Bin bir Direk - delle 1001 colonne).
Inoltre, da quegli anni, la religione assunse un nuovo significato nell'ambito delle vicende imperiali. Costantino fu, infatti, un convinto sostenitore del Cristianesimo (tra l'altro la madre era cristiana), benché gli storici abbiano più di un dubbio sulla veridicità della sua adesione al Cristianesimo, ritenendo possibile che abbia atteso la sua ultima ora per convertirsi. Comunque la Nuova Roma, grazie a ciò, avrebbe potuto fregiarsi tanto di templi dedicati alle divinità pagane (l'antica Acropoli venne conservata), quanto di molte chiese cristiane; tra queste, quella di Sant'Irene, fu una delle prime commissionate da Costantino medesimo, ma sarebbe andata distrutta nel 532 con la rivolta di Nika, durante il regno di Giustiniano.
Nel 330 Costantino inaugurò la nuova capitale dell'Impero, la città che un giorno avrebbe assunto il nome dello stesso imperatore. Costantinopoli sarebbe diventata lo snodo economico e culturale d'Oriente ed il punto di riferimento sia degli ideali cristiani sia dell'eredità culturale della Grecia antica. Il suo ruolo avrebbe avuto una nuova e maggiore rilevanza all'indomani del Sacco di Roma voluto da Alarico nel 410, che portò alla definitiva sottomissione della città ad Odoacre, nel 476. Per tutto il Medioevo Costantinopoli fu, altresì, uno dei luoghi in cui furono conservati i testi degli antichi Greci e dei Romani.
Da Costanzo a Teodosio (337-526)
Costantino morì nel 337, lasciando i suoi successori e l'Impero tra i tumulti. Costanzo II alla fine divenne imperatore di tutto l'impero, riuscendo a prevalere nei confronti dei fratelli e di tutti gli altri pretendenti al trono. L'unico, tra questi, ad essere risparmiato fu Giuliano, che aveva soltanto cinque anni all'epoca e perciò non fu ritenuto essere una seria minaccia; tuttavia quell'innocuo fanciullo avrebbe sorpreso il suo cugino più anziano e sarebbe diventato egli stesso Imperatore, passando alla storia con il nome di Giuliano l'Apostata. Costanzo II ampliò ulteriormente il campo d'influenza della burocrazia, creando nuovi questori, pretori ed addirittura tribuni. Ordinò la costruzione di una nuova cisterna e di altri silos di stoccaggio dei cereali (Horrea del porto). Benché non tutti gli storici siano d'accordo su tale punto (attribuendo a Costantino la paternità dell'opera) si ritiene che fosse lui a volere nel 360 la costruzione della prima delle tre chiese susseguitesi col nome di Hagia Sophia, la chiesa della Santa Sapienza. La chiesa sarebbe poi stata distrutta da un incendio nel 404, ricostruita da Teodosio II, di nuovo devastata e ricostruita sotto Giustiniano nel 532.
Il proselitismo degli Ariani e la morte di Costanzo II, avrebbero poi messo sotto attacco le già incerte condizioni del Cristianesimo nell'Impero. Non a caso, il suo successore, Giuliano l'Apostata, studioso della cultura e della filosofia degli antichi Greci e Romani, sarebbe diventato l'ultimo imperatore pagano, oltre ad essere il primo tra questi ad essere nato a Costantinopoli. Sebbene Costanzo lo avesse ritenuto debole ed innocuo, Giuliano dimostrò di essere un brillante capo militare, meritandosi l'appoggio ed il rispetto dell'esercito, tanto da giungere agilmente al potere in seguito alla morte dell'Imperatore. Tuttavia, per quanto egli provò in ogni modo a cancellare ogni traccia del Cristianesimo nell'Impero, non vi riuscì. Dopo la sua fine, avvenuta nel 363 mentre combatteva contro i Persiani, l'Impero fu suddiviso tra due fratelli, Valentiniano (morto nel 375) e Valente. Valentiniano, il più capace tra i due, ebbe il comando della parte occidentale, mentre a Valente, più debole e di vedute limitate, toccò quella orientale. Suo unico apporto alla città di Costantinopoli ed all'Impero risultò essere l'edificazione di numerosi acquedotti, mentre nel 378 ad Adrianopoli, nel tentativo di consolidare le frontiere dei domini imperiali, là dove egli stesso aveva consentito che s'insediassero i Visigoti, perse una decisiva battaglia e la vita. Dopo la clamorosa disfatta di Valente, i Visigoti pensarono che non sarebbe stato difficile espugnare la città, ma il loro tentativo non andò a buon fine.
Il successore di Valente fu Teodosio il Grande (379-395). In risposta a quanto fatto da Giuliano, egli proibì i culti pagani e nel 391 stabilì il Cristianesimo come religione ufficiale dell'Impero. Convocò il secondo concilio ecumenico, riaffermando il Credo Niceno, che era stato approvato ai tempi di Costantino. Essendo stato l'ultimo Imperatore ad aver comandato sia in Occidente che in Oriente, abolì il culto officiato dalle Vestali a Roma ed anche i Giochi Olimpici, chiudendo, altresì, l'oracolo di Delfi, che esisteva da molto tempo prima di Alessandro Magno. Suo figlio, Teodosio II (408-450), ricostruì Hagia Sophia dopo che era stata distrutta in un incendio, fondò un'università e, nel 413, temendo la minaccia delle popolazioni barbare, ampliò la fortificazione della città; le mura da lui volute sarebbero state alte più di dodici metri e profonde quasi cinque.
Giustiniano e la rivolta di Nika (527-565)
Dopo Teodosio si susseguì una serie di imperatori deboli, fino alla presa di potere di Giustiniano (527-565) - colui che volle la famosa codificazione giuridica passata alla storia con il suo nome. A quel tempo la popolazione urbana vantava oltre trecentomila abitanti. Da Imperatore, Giustiniano favorì molte riforme amministrative, finalizzate a centralizzare e rafforzare il controllo delle provincie e dell'esazione delle tasse. Costruì una nuova cisterna, un nuovo palazzo, le nuove Hagia Sophia ed Hagia Irene; quest'ultime però furono entrambe distrutte nella rivolta di Nika del 532. Il suo più valente consigliere, con cui ebbe piena intesa intellettuale, fu la moglie Teodora, figlia di un domatore di orsi dell'ippodromo. A lei si attribuisce, non a caso, un ruolo decisivo nell'aver perorato molte delle riforme imperiali: l'ampliamento dei diritti femminili con il divorzio, la chiusura dei postriboli e la creazione di molti conventi in cui accogliere le ex prostitute. Grazie al comando militare del brillante generale Belisario, l'esercito di Giustiniano riuscì ad allargare i confini imperiali fino al Nord Africa, alla Spagna ed all'Italia. Purtroppo, egli era destinato ad essere l'ultimo dei grandi imperatori; dopo la sua morte, infatti, l'Impero sarebbe gradualmente andato verso il declino, fino alla definitiva conquista della città da parte dei Turchi Ottomani, avvenuta nel 1453.
Uno dei momenti più bui del regno di Giustiniano si ebbe senz'altro durante la c.d. rivolta di Nika. Il tutto iniziò dagli scontri tra due fazioni rivali del pubblico, i verdi ed i blu, durante le gare che si tenevano nell'ippodromo. Entrambe le parti erano in astio contro Giustiniano, per via delle sue più recenti decisioni politiche, e glielo dimostrarono apertamente quando si mostrò, dal Kathisma del palazzo imperiale, agli spettatori che si trovavano all'ippodromo, a guardare i giochi. Dopodiché i disordini dilagarono nelle strade, con rapine ed incendi. L'ingresso principale del palazzo imperiale, la sede del Senato, le terme e molte altre residenze civili e palazzi andarono distrutti. Sebbene in un primo momento Giustiniano avrebbe preferito allontanarsi dalla città, la moglie lo convinse a rimanere ed opporsi: fu così che si ebbero trentamila vittime. Quando il tutto terminò, dalle ceneri della rivolta, l'Imperatore vide l'opportunità di eliminare le rovine del passato e fare della città un moderno centro di civiltà. Quaranta giorni dopo, Giustiniano pose la prima pietra di una nuova chiesa: la nuova Hagia Sophia.
Non si badò a spese. Egli volle che la nuova chiesa fosse costruita su vasta scala - una chiesa che nessuno avrebbe osato distruggere, grazie alla sua magnificenza. Per le decorazioni, da Efeso fu fatto portare il porfido, il marmo bianco dalla Grecia, le pietre preziose dalla Siria e dall'Africa settentrionale, mentre l'oro dall'Egitto. Lo storico Procopio a riguardo dice:
Svetta in altezza, fino a toccare il cielo, e sta tanto in alto da sembrare che si elevi sopra gli altri edifici, guardando tutte le altre costruzioni rimaste in basso ... è un tripudio di una bellezza indescrivibile.
Oltre diecimila uomini lavorarono per quasi sei anni alla costruzione dell'opera. Alla fine si dice che Giustiniano abbia esclamato: "Salomone, ti ho superato". A fianco alle grandi conquiste del regno di Giustiniano è necessario ricordare che la città nel 541 fu colpita da una grave epidemia - la Peste Nera - durante la quale oltre centomila residenti morirono. Neanche Giustiniano ne fu immune, ma riuscì a sopravvivere. Da tale piaga, però, l'economia dell'Impero non riuscì mai a riprendersi completamente.
La Costantinopoli medievale (fino al 1453)
Nella nostra ricostruzione della storia di Costantinopoli, altri due Imperatori meritano di essere menzionati: Leone III e Basilio I. Leone III Isaurico (717-741) è noto soprattutto per aver voluto l'iconoclastia, la distruzione di tutte le reliquie e delle immagini sacre - ragion per cui Costantinopoli avrebbe perso monumenti, mosaici ed altre opere d'arte - ma egli deve essere altresì menzionato per aver salvato la città. Infatti, quando venne assediata dagli arabi, utilizzò una nuova arma, il "Fuoco Greco", lanciando sugli invasori, per respingerli, un liquido infiammabile. L'arma era comparabile all'odierno Napalm, e l'acqua non era efficacie per estinguere le sue fiamme, anzi ne accresceva la diffusione. Dopo di lui, suo figlio Costantino V, riuscì comunque a prevalere sui nemici, mentre il nipote Leone IV, che nei primi tempi moderò la furia iconoclasta, morì poco dopo aver assunto il potere, lasciandolo all'incompetente Costantino VI e a sua madre Irene, come reggente. Irene esercitò il comando con pugno di ferro e preferendo i trattati alle guerre, esautorò molti ufficiali dai ranghi militari. Pur avendo tollerato il ritorno delle immagini religiose, ed essendosi accattivato in tal modo il favore della chiesa romana, il suo potere sull'Impero e sul figlio ebbe fine quando decise di accecarlo; a causa di ciò fu dunque esiliata sull'isola di Lesbo.
Basilio I (867-886), detto il Macedone (benché non avesse mai messo piede in Macedonia), ereditò l'Impero e la sua capitale caduti in miseria e lanciò un vasto programma di ricostruzione: le pietre presero il posto del legno, i mosaici furono restaurati, chiese ed anche un nuovo palazzo imperiale vennero costruiti, ed, infine, una parte considerevole dei territori persi dall'Impero furono riconquistati. Tuttavia, la gran parte di tali opere, andò persa durante la IV Crociata (1202-1204), allorquando la città saccheggiata, fu messa a ferro e fuoco non dai Musulmani, bensì dai Cristiani, che erano stati chiamati in aiuto per difenderla dagli invasori e finirono per invaderla essi stessi. I Crociati vagarono in lungo ed in largo nella città, vandalizzando le tombe e profanando le chiese. La tomba di Giustiniano fu aperta e il suo corpo disperso. Costantinopoli e l'Impero non si sarebbero mai del tutto ripresi dall'azione dei Crociati, fino a diventare poi facile preda dei Turchi Ottomani nel 1453, nella sua definitiva resa.