Secondo la mitologia greco-romana, Enea è un principe troiano e fondatore leggendario della stirpe romana. E' figlio di Anchise, un membro della famiglia reale troiana, e della dea Afrodite/Venere. Enea fu uno dei pochi eroi troiani a fuggire l'assedio di Troia. In seguito Enea intraprese un viaggio lungo sette anni narrato nell'Eneide dal poeta romano Virgilio (70-19 a.C.).
Rilevanza & Origini
Dopo essere venuti in contatto con gli antichi greci, i romani compresero di avere una carenza di leggendarie tradizioni epiche. La letteratura greca includeva l'Iliade e l'Odissea di Omero (circa 750 a.C.), e nella mitologia greca figuravano eroi come Achille ed Ercole, mentre i romani avevano solo Romolo e Remo, che non potevano competere con gli intrepidi eroi greci.
I romani crearono un legame tra la loro storia e la famosa Guerra di Troia associandone un eroe a Romolo. Scelsero un eroe il cui destino era ignoto - Enea, un principe di Troia. Intorno al 500 a.C. divenne narrazione comune che Enea sarebbe riuscito a fuggire da Troia in fiamme ed a raggiungere l'Italia, dove avrebbe fondato la stirpe romana.
La storia della nascita di Enea è raccontata nell'Inno omerico ad Afrodite. L'inno racconta di come Afrodite abbia influenzato le storie d'amore delle divinità. Neanche il potente Zeus era immune ai poteri di Afrodite, avendo molte tresche amorose con donne mortali. Zeus decise di dare ad Afrodite un assaggio della sua stessa medicina e la fece innamorare di un uomo mortale, facendolo apparire ai suoi occhi come un dio.
Zeus fece nascere nel cuore della dea il desiderio per Anchise, così che non appena lo vide - mentre era intento a badare al suo bestiame - la passione si impadronì di lei. Afrodite viaggiò verso il suo tempio a Pafos, sull'isola di Cipro, dove fu spalmata d'unguento e preparata. Una volta raggiunto il Monte Ida incontrò Anchise, il quale si sentì subito rapito da ella. Le chiese se fosse una dea o una ninfa; Afrodite mentì, affermando di essere una mortale e che Ermes le aveva detto che sarebbe divenuta la legittima moglie di Anchise.
Anchise ed Afrodite dormirono assieme, e solo alla mattina lei rivelò la sua vera forma. Anchise cadde in preda al panico, realizzando di aver giaciuto con una dea. Tuttavia, Anfrodite lo rassicurò e gli disse che non c'era ragione di avere tanta paura.
Non subirai alcun danno da me
nè dagli altri benedetti,
poichè tu sei amato dagli dei.
Avrai un caro figlio
che regnerà sui troiani
e nasceranno bambini
dai suoi figli per sempre.
Enea sarà il suo nome.
(Gli Inni Omerici: Inno ad Afrodite, 194-197)
Afrodite disse ad Anchise che le ninfe di montagna avrebbero badato a loro figlio, e quando avesse raggiunto una certa età sarebbe stato portato a suo padre, il quale avrebbe dovuto annunciare che la madre di suo figlio era una ninfa. Lo avvertì che se avesse detto la verità sulle origini di loro figlio, uno Zeus furioso gli avrebbe scagliato contro una saetta.
Come predetto da Afrodite, una volta che Zeus ebbe scoperto che Anchise era padre di Enea, gli scagliò contro una saetta. Anchise sarebbe morto se Afrodite non fosse intervenuta a deviare il fulmine che colpì la terra ai suoi piedi; tuttavia lo sconvolgimento dell'impatto indebolì Anchise a tal punto che non fu più in grado di camminare.
Le origini di Enea sono menzionate anche nella Teogonia di Esiodo (circa 700 a.C.):
E la bella Cytherea provò un dolce amore
per l'eroe Anchise, e giacque con lui
e partorì Enea sulla cima della montagna,
nell'Ida, con le sue numerose fenditure boscose. (1008-1011)
Enea nell'Iliade
Enea rivestì un ruolo minore nell'Iliade, in cui era a capo dei Dardani della Dardania (nell'attuale Anatolia). Dimostrò molto coraggio, particolarmente evidente nel Libro 5, in cui entrò in battaglia, noncurante di tutte le lance che lo circondavano. Combattè al fianco di Pandaro, un signore troiano e comandante, e ne protesse il corpo dopo la sua morte per mano di Diomede, re di Argo.
Diomede colpì Enea alla coscia con un pesante macigno, facendolo cadere sulle ginocchia. Sarebbe morto se sua madre - Afrodite - non fosse accorsa in suo aiuto, proteggendolo dal violento attacco delle armi. Diomede fu in grado di ferire Afrodite, che indietreggiò. Apollo trascinò via Enea fino alle sacre alture di Pergamo, dove fu guarito. Ares ordinò ad Enea di soccorrere Ettore, così Enea tornò sul campo di battaglia acclamato dai suoi uomini.
Nel Libro 20 Apollo sollecita Enea ad affrontare Achille, ricordandogli della sua natura divina in quanto figlio di Afrodite. Così incoraggiato, Enea raggiunse Achille, mentre gli dei si riunivano per assistere. Achille iniziò a provocare Enea, provando a spingerlo alla ritirata. Enea rimase saldo, dicendo ad Achille che sarebbero servite molto più che delle minacce per spaventarlo e fece vanto delle sue origini. Lo implorò di proseguire la battaglia invece di scambiarsi insulti. Entrambi combatterono con ferocia, ma era evidente che Enea non fosse all'altezza del potente Achille. Per fortuna gli dei decisero di salvare Enea: Poseidone distrasse Achille riversando della nebbia nei suoi occhi e spingendo Enea lontano.
L'Eneide
Scritta intorno al 30-19 a.C., l'Eneide è molto simile all'Odissea, ed appare chiaro come Virgilio sia stato ispirato dal poema epico di Omero nello scrivere del suo eroe. Virgilio non fu soddisfatto dell'Eneide e ne ordinò la distruzione alla sua morte. Tuttavia l'Imperatore romano Augusto (27 a.C.-14 d.C.) lo proibì e chiese agli amici di Virgilio Vario Rufo e Plozio Tucca di revisionarla e completarla.
La Caduta di Troia
Dopo dieci anni di guerra tra i greci ed i troiani, Sinone - un soldato greco - convinse i troiani ad accettare un dono dai greci: un cavallo gigante. Laocoonte, un sacerdote di Nettuno, avvertì i troiani di non fidarsi dei greci, anche se avessero offerto dei doni, ma i troiani non prestarono attenzione ai suoi avvertimenti.
Ettore apparve ad Enea in sogno avvertandolo che Troia era condannata e lo spinse a fuggire con le loro divinità per mare. Enea ignorò i suoi ordini e combattè in vano per salvare Troia. Condotto al palazzo di Re Priamo, si unì ai troiani superstiti che avevano assistito alla morte del re. Venere lo scortò fino a casa, dove implorò suo padre di fuggire dalla città assieme a lui. Dopo aver inizialmente rifiutato, Anchise pregò gli dei e ricevette un segno che lo invitava a lasciare la città caduta.
Portando suo padre sulle spalle, Enea andò in cerca di sua moglie Creusa, ma dopo che gli era apparsa in una visione, realizzò che era già morta. Riunendo i troiani sopravvissuti, incluso suo figlio Ascanio, Enea li condusse lontano da Troia.
I Viaggi di Enea
Enea raccontò i suoi viaggi dopo aver lasciato Troia. Dopo essere stato fuorviato da profezie e sogni, arrivarono a Delo dove furono accolti dal Re Anio. Partirono poi alla volta di una deserta Creta dove trovarono un paesaggio caldo ed arido. Dopo aver raggiunto le Strofadi, furono allontanati dalle feroci arpie. Giunti finalmente nell'Epiro, furono accolti da altri esuli troiani, tra cui Re Eleno ed Andromaca, vedova di Ettore. Tuttavia, Enea sapeva che il proprio destino era quello di fondare una grandiosa città e proseguì il suo viaggio. Avvicinandosi alla Sicilia, diedero retta all'avvertimento di Re Eleno evitando lo stretto sorvegliato dai mostruosi Scilla e Cariddi. Sfortunatamente, durante il loro soggiorno in Sicilia, Anchise morì.
Enea & Didone
Dopo sei anni di navigazione in giro per il Mediterraneo ed essere stato in balia di tempeste e della furiosa Giunone, Enea ed i suoi uomini furono condotti sulle rive di Sirte (sulla costa settentrionale dell'Africa). Venere (l'equivalente romana di Afrodite) assistette agli sforzi di suo figlio e supplicò suo padre - Giove - affinché permettesse ad Enea di vivere e compiere il suo destino; Giove le assicurò che lo avrebbe fatto. Venere si camuffò e guidò suo figlio a Cartagine dopo averlo avvolto in una nebbia di invisibilità. Egli riflettè sul periodo trascorso a Troia dopo aver visto le rappresentazioni della Guerra di Troia nel nuovo Tempio di Giunone.
Enea ed i suoi uomini conobbero Didone, regina di Cartagine, che diede un banchetto in loro onore. Venere era ancora preoccupata per le intenzioni di Giunone riguardo Enea. Decise quindi di far innamorare Didone di suo figlio, inviando Cupido sotto mentite spoglie per infondere amore e passione nel suo cuore. La donna implorò Enea di raccontarle la tragica storia della Guerra di Troia. Didone ed Enea si innamorarono, nonostante ella avesse giurato di non innamorarsi più dopo la morte del marito. Giunone organizzò una sorta di matrimonio tra i due per impedire ad Enea di fondare Roma - che un giorno avrebbe distrutto la sua amata Cartagine. Tuttavia, Giove ricordò ad Enea del suo destino e gli ordinò di lasciare Didone. Una Didone dal cuore infranto eresse una pira, maledisse Enea e giurò che Cartagine sarebbe stata in guerra perpetua con il suo popolo, prima di saltare nella pira togliendosi la vita.
Dopo essere salpato da Cartagine, Enea guardò per l'ultima volta la città e vide le fiamme, non realizzando che fosse Didone a bruciare sulla pira. Una tempesta li costrinse ad attraccare nuovamente in Sicilia, dove Enea tenne dei giochi funebri in onore di suo padre. Decise di lasciare le donne ed i bambini in Sicilia in una nuova città governata da Aceste, un compagno troiano.
L'Arrivo in Italia & la Guerra
Enea ed i suoi uomini giunsero finalmente in Italia, approdando a Cuma, a nord del Golfo di Napoli. Consultò la Sibilla e la pregò di condurlo nell'oltretomba affinché potesse parlare con suo padre, Anchise. Ella accettò ma prima gli chiese di trovare un ramo d'oro su di un albero e di seppellire Miseno, un compagno che era annegato. Egli portò a termine questi compiti e fu quindi condotto nell'oltretomba, dove incontrò Didone, gli eroi di Troia e suo padre nei Campi Elisi. Anchise gli spiegò la creazione dell'universo ed il significato della vita. In fine, assisterono alla parata dei grandi romani in marcia verso la luce della vita.
Al suo ritorno dall'oltretomba, Enea ed i suoi uomini navigarono nel Fiume Tevere. Latino, re del Lazio, li accolse. Offrì sua figlia Lavinia in matrimonio ad Enea, tuttavia, Giunone inviò Aletto per provocare disordini. Prima persuase la Regina Amata ad opporsi alle nozze. Poi spinse Turno, un principe latino, ad iniziare una guerra contro i troiani. La sua mossa finale fu dare inizio ad una guerra tra il popolo del Lazio ed un gruppo di cacciatori troiani.
Enea viaggiò fino al villaggio di Pallantium (sul Colle Palatino), dove Re Evandro gli raccontò di come fosse stato salvato da Ercole e lo informò di Mezenzio, un etrusco detronizzato dai suoi sudditi che aveva ricevuto ospitalità da Turno. Informò Enea che nessun etrusco avrebbe permesso ad un italiano di comandarli e gli disse di andare con suo figlio Pallante a reclamare il comando degli eserciti che combattevano contro i latini. Venere persuase Vulcano a forgiare una nuova armatura per Enea, su cui erano raffigurate le successive guerre di Roma.
Enea ordinò ai troiani di chiudere i loro cancelli e rifiutarsi di combattere. Essi obbedirono anche quando Turno ed i suoi uomini attaccarono il loro accampamento. Turno riuscì a fare irruzione nell'accampamento troiano e, dopo aver ucciso alcuni troiani, fu costretto a ritirarsi e tornare dai suoi uomini. Pallante fu ucciso da Turno, e furono indetti i giochi funebri in suo onore. I latini supplicarono Enea affinché dichiarasse una tregua così che potessero recuperare i loro morti, egli accettò specificando che rimaneva del tutto contrario alla guerra. Enea si offrì di affrontare Turno in un combattimento testa a testa, così che nessun altro sarebbe morto. Dopo una lunga discussione i latini accettarono. Tuttavia, mentre Enea raggiungeva la città, Turno richiamò il suo esercito alle armi ed attese il passaggio di Enea imboscato. Entrambi gli eserciti si stavano avvicinando l'un l'altro.
Turno richiese di scontrarsi in battaglia con Enea, il quale aveva stipiulato un accordo con Latino secondo cui il vincitore avrebbe sposato Lavinia. Se Enea fosse stato sconfitto, i troiani si sarebbero pacificamente ritirati e stabiliti a Pallantium. Ancora una volta, Giunone aveva altri piani e provocò il ferimento di Enea con una freccia. Dopo essere stato guarito da sua madre, egli tornò a combattere. Giove e Giunone si riconciliarono, e Giunone fece finalmente pace con il destino di Roma. Turno fu ucciso da Enea, che, una volta sposata Lavinia, fondò la città di Lavinio e nominò suo figlio Ascanio suo successore; Ascanio fondò quindi la città di Alba. Circa 400 anni più tardi, Romolo avrebbe fondato Roma da Alba Longa.
Enea Diviene un Dio
Venere supplicò suo padre - Giove - di fare di Enea un dio, affermando che egli era già stato una volta nell'oltretomba sopravvivendo. Giove accettò, e Venere raggiunse il Fiume Numico chiedendo che lavasse via le parti mortali di Enea. Unse il suo corpo con fragranze divine e toccò le sue labbra con nettare ed ambrosia, rendendolo divino. I romani lo onorarono con templi ed altari.
Arte & Eredità
Uno dei più importanti cimeli troiani è il Palladio (una statua di Atena), che si credeva avesse origini divine. C'è un fitto mistero attorno alla statua sacra. Alcune fonti affermano che Diomede ed Odisseo l'avrebbero rubata a seguito di una profezia. Secondo altre tradizioni avrebbero rubato una semplice copia, mentre l'originale era custodita da Enea, il quale la portò con sé nella fuga da Troia. Secondo la tradizione romana, il Palladio sarebbe finito nel Tempio di Vesta nel Foro Romano, dove le Vergini Vestali se ne sarebbero prese cura.
Oltre a Roma, anche la città greca di Enea nella Penisola Calcidica si dice sia stata fondata da Enea. Qui sono state ritrovate delle monete raffiguranti Enea mentre trasporta suo padre sulle spalle. Enea che eroicamente trasporta suo padre sulle spalle lontano da Troia fu un tema popolare nell'arte antica. A Veio (un'antica città etrusca), sono state rinvenute delle sue statue datate intorno al 500 a.C, assieme ad antichi vasi su cui è raffigurata la stessa scena sparsi in tutta l'Etruria.
La storia di Enea ha ispirato tragedie, opere, libri ed opere d'arte nel corso della storia. E' un personaggio nella tragedia Troilo e Cressida di William Shakespeare (-1616). Appare anche nella popolare saga letteraria Gli Eroi dell'Olimpo di Rick Riordan ed è un protagonista in Lavinia di K. Le Guin (1929-2018), che racconta la storia di Enea dal punto di vista di sua moglie, Lavinia. Il compositore inglese Henry Purcell (1659-1695) scrisse la sua famosa opera Didone ed Enea in onore del grande amore tra Enea e Didone, e della tragica morte di quest'ultima.
In Enea, i romani trovarono finalmente il loro eroe, tanto illustre quanto il grande Achille ed Ercole. Il figlio di una dea che combattè coraggiosamente nella Guerra di Troia ed aiutò i suoi compagni troiani a scappare dalla città caduta, un uomo che navigò in mare per sette anni ed affrontò molte difficoltà allo scopo di compiere il suo destino.