I Cani di Nimrud

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Joshua J. Mark
da , tradotto da Elisa Mion
pubblicato su 12 gennaio 2017
Disponibile in altre lingue: Inglese, Francese
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I Cani di Nimrud, cinque statuette raffiguranti dei cani rinvenute nell'omonima antica città mesopotamica, sono solamente alcuni dei numerosi e sorprendenti reperti archeologici provenieneti da questa regione nel corso del XIX secolo, quando le spedizioni, inviate per avvalorare le narrazioni bibliche mediante prove tangibili, finirono invece per fare esattamente il contrario.

Nel 612 a.C., circa, l'impero neo-assiro cadde sotto le forze d'invasione dei Babilonesi, dei Persiani, dei Medi e degli Sciti. L'impero si era espanso in ogni direzione sin dal regno di Adad-Nīrārī II (912-891 a.C., circa) e divenne sempre più potente durante i regni di grandi sovrani, quali, ad esempio, Tiglath Pil'eser III (745-727 a.C., circa), Salmanassar V (727-722 a.C., circa), Sargon II (722-705 a.C., circa), Sennacherib (705/4-681 a.C., circa) ed Esarhaddon (681-669 a.C., circa) fino a quando, all'epoca del sovrano Assurbanipal (668-627 a.C., circa), risultò essere troppo esteso per essere gestito efficacemente.

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Assurbanipal fu l'ultimo dei re assiri ad avere il potere personale e l'abilità di gestire un impero così vasto, e unicamente dopo la sua morte venne riconosciuta agli Stati vassalli la possibilità di liberarsi dal dominio imperialistico assiro. Le molte regioni che erano state tenute così strettamente sotto controllo colsero la debolezza dell'impero neo-assiro, ormai in frantumi, e, coalizzandosi, marciarono contro per la sua distruzione.

Tutte le grandi città assire, molte delle quali avevano resistito per millenni, vennero saccheggiate, e i loro numerosi tesori portati via, distrutti o gettati in vari luoghi. Gli Assiri avevano tenuto la regione sotto una morsa così stretta che, una volta allentata, gli ex Stati assoggettati non seppero trattenersi dallo sfogare le loro frustrazioni e dal cercar vendetta per le ingiustizie precedentemente subite e vissute. Grandi città come Ninive, Kalḫu ed Aššur vennero saccheggiate, e Ninive, in particolar modo, venne distrutta così completamente che le generazioni future non ebbero più nemmeno modo di dire, di sapere dove fosse ubicata.

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Scavi archeologici e scoperta

A Kalḫu, sede di una delle più antiche capitali dell'impero neo-assiro, le sabbie della Mesopotamia ricoprirono gradualmente e progressivamente le rovine della città, e la medesima sarebbe stata probabilmente dimenticata se non fosse che nella Bibbia si menzionano città come, ad esempio, Babilonia e Ninive. Nel XIX secolo, gli esploratori europei, alla ricerca di evidenze storiche per le narrazioni bibliche, si diressero in Mesopotamia e recuperarono queste città perdute. Tra loro, Austen Henry Layard (1817-1894) fu il primo a scavare sistematicamente presso l'antica città di Kalḫu, in seguito nota con il nome Nimrud.

Dog Figurine from Nimrud
Statuetta proveniente da Nimrud raffigurante un cane
Metropolitan Museum of Art (Copyright)

Layard e gli altri archeologi erano letteralmente e completamente sponsorizzati da enti, organizzazioni e musei europei che speravano che i loro sforzi avrebbero poi portato alla luce prove tangibili a dimostrazione dell'accuratezza storica della Bibbia, in particolar modo, dei libri dell'Antico Testamento. Queste spedizioni, tuttavia, ebbero un effetto completamente diverso da quello inizialmente desiderato. Prima della metà del XIX secolo, la Bibbia era infatti considerata come il libro più antico al mondo e si pensava che le sue narrazioni fossero opere originali, ma gli archeologi scoprirono che, contrariamente a questa convinzione, la Mesopotamia aveva creato le narrazioni del Grande Diluvio Universale e della Caduta dell'Uomo ben prima, molti secoli prima della stesura dei libri biblici.

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Queste scoperte incrementarono notevolmente l'interesse europeo per l'area mesopotamica e lì vennero inviati altri archeologi e studiosi. Quando Layard iniziò il suo lavoro presso Kalḫu, non sapeva nemmeno quale città stesse scavando. Credeva di aver scoperto Ninive e, infatti, nel 1849 pubblicò il suo libro più venduto inerente i relativi scavi archeologici, Ninive and Its Remains, ancora convinto delle sue letture interpretative. Il suo libro fu così popolare, assieme ai reperti ed ai manufatti scoperti così intriganti, che vennero rapidamente finanziate altre spedizioni nella regione. Qui, ulteriori attività di scavo archeologico stabilirono che le rovine scoperte da Layard non erano quelle di Ninive ma di Kalḫu, che gli studiosi al tempo associarono alla biblica Nimrud (Calah, Kalakh), nome con cui il sito è conosciuto da allora.

Gli avori di Nimrud

L'attività di Layard continuò con William Kennett Loftus (1820-1858), il quale scoprì i celebri avori di Nimrud (anche noti con il nome "avori di Loftus"). Queste incredibili opere d'arte erano state gettate in un pozzo dalle forze d'invasione, perfettamente e straordinariamente conservate dal fango e dalla terra che le ricoprivano. Joan Lines, storica e curatrice del Metropolitan Museum of Art di New York descrive così questi reperti:

Gli oggetti più sorprendenti provenienti dal sito di Nimrud sono gli avori - teste squisitamente intagliate -, che un tempo dovevano sicuramente ornare gli arredi interni dei palazzi reali; scatole intarsiate d'oro e decorate con rappresentazioni di processioni di piccole figure; placchette decorative; animali di piccole dimensioni delicatamente intagliati. (234)

La scoperta degli avori suggerì che potevano esserci reperti ancor più grandi e sepolti negli antichi pozzi, nelle cripte e negli edifici in rovina delle città, e vennero di conseguenza finanziate ulteriori spedizioni in Mesopotamia. Per il resto del XIX secolo e per tutto il XX secolo, archeologi provenienti da ogni parte del mondo lavorarono nei siti archeologici della regione mesopotamica, scoprendo le antiche città e recuperandone i reperti ed i manufatti dalle sabbie.

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Nimrud Ivory Plaque of an Egyptian Sphinx
Placchetta in avorio proveniente da Nimrud raffigurante una Sfinge
Osama Shukir Muhammed Amin (Copyright)

Nel 1951-1952, l'archeologo (e secondo marito della scrittrice di gialli Agatha Christie) Max Edgar Lucien Mallowan (1904-1978) si recò presso il sito di Nimrud e scoprì un numero di avori ben superiore a quello di Loftus. Le scoperte di Mallowan, infatti, rimangono ancora oggi le più distintive nelle esposizioni museali e nelle fotografie. Gli avori vengono abitualmente citati e considerati come il più grande ritrovamento di Mallowan a Nimrud, ma una scoperta meno nota è comunque altrettanto importante: quella dei Cani di Nimrud.

Cani e Magia

I cani occupavano un posto di particolare rilievo nella vita quotidiana degli antichi popoli della Mesopotamia. Lo storico Wolfram Von Soden si sofferma ulteriormente ad evidenziare tale aspetto, così scrivendo:

Il cane (Sumerico, Ur-Gi; Proto-Semitico *kalb; Accadico Paleo-Babilonese: *kal.bu[m]) è stato uno dei primi animali domestici sin dall'antichità e serviva principalmente a proteggere le greggi e le proprie abitazioni dai nemici. Nonostante il fatto che i cani vagassero liberamente nelle città, nel Vicino Oriente antico il cane era sempre e generalmente legato ad un solo ed unico padrone e da questi accudito. (91)

I cani erano tenuti come animali domestici ma anche come protettori personali e venivano spesso raffigurati in compagnia delle divinità. Inanna (poi Ištar), una delle dee più celebri ed amate della storia mesopotamica, veniva spesso raffigurata con i suoi cani, e Gula, dea della guarigione, era strettamente associata ai cani per l'effetto curativo della loro saliva. La gente, infatti, notava che quando un cane era ferito si leccava per poter guarire, motivo per cui la saliva del cane era considerata un'importante sostanza medicinale e il cane stesso un dono degli dèi. Il cane, infatti, divenne simbolo della dea Gula a partire dal periodo paleo-babilonese (2000-1600 a.C., circa).

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LE STATUETTE Raffiguranti DEI CANI NON RAPPRESENTAVANO unicamente i propri amati ANIMALI DOMESTICI, bensì LA PROTEZIONE DIVINA. Vennero appositamente CREATE PER TENERE AL SICURO LE PERSONE Delle qualI CI SI PRENDEVA CURA.

Il cane come protettore, tuttavia, era importante quanto il suo ruolo di guaritore. All'epoca del regno del sovrano Hammurabi (1792-1750 a.C., circa), le statuette raffiguranti dei cani venivano regolarmente fuse in argilla o in bronzo e collocate sotto le soglie delle abitazioni come entità protettive. Lo studioso Ernest Alfred Wallis Budge, scrivendo dei ritrovamenti nella città di Kiš, riporta che "in una stanza sono state recuperate due figurine in argilla del dio Papsukhal, messaggero degli dèi, e tre statuette raffiguranti dei cani; su due di esse sono stati incisi i rispettivi nomi: "Colui che morde il suo nemico" il primo, "Colui che consuma la sua stessa vita", il secondo (209). Dopo una cerimonia di "risveglio" dei loro spiriti, delle loro anime, questi cani venivano posizionati negli edifici per difendersi dalle forze soprannaturali negative. Joan Lines ne descrive ulteriormente la funzione simbolica ed ideologica:

Queste statuette, realizzate in argilla o in bronzo, erano simboli di Gula-Ninkarrak, dea della guarigione, colei che difende le famiglie e le abitazioni. Venivano seppellite sotto il pavimento, di solito sotto la porta di casa, per spaventare gli spiriti maligni e i demoni, e durante la rispettiva cerimonia veniva recitato un incantesimo chiamato "Cani feroci". Su molte effigi di cani erano incisi i loro nomi. (242-243)

Queste statuette raffiguranti dei cani sono molto significative per meglio comprendere il concetto mesopotamico di magia e di protezione magica. Gli antichi popoli della Mesopotamia credevano che gli uomini fossero collaboratori degli dèi nel mantenere l'ordine cosmico contro le forze del male e del caos. Si occupavano delle attività e dei compiti per i quali gli dèi non avevano tempo. In cambio, gli dèi fornivano loro tutto ciò di cui avevano bisogno nella vita. Nel pantheon mesopotamico, però, v'erano molte divinità e, anche se una di loro poteva rappresentare esclusivamente il meglio per una persona, un'altra poteva invece offendersi o adirarsi per i suoi pensieri o per le sue azioni. Inoltre, v'erano da tenere in considerazione pure i fantasmi, gli spiriti maligni e i demoni. Gli antichi popoli della Mesopotamia, dunque, realizzarono ciondoli, amuleti, incantesimi e rituali di protezione, tra cui queste statuette raffiguranti dei cani.

Model Clay Dogs from Nineveh
Modellino in argilla proveniente da Ninive e raffigurante un cane
Osama Shukir Muhammed Amin (Copyright)

Gli antichi abitanti della Mesopotamia credevano che le loro azioni, per quanto piccole, venissero riconosciute e premiate oppure punite dagli dèi, e che ciò che loro stessi facevano in vita, sulla terra, avesse poi grande importanza dopo la morte, nei Cieli. La creazione delle statuette raffiguranti dei cani attingeva al potere protettivo dello spirito del cane come entità eterna e potente e, attraverso i rituali osservati durante la loro creazione, le figurine stesse venivano impregnate di questo potere. La studiosa e accademica Carolyn Nakamura commenta:

Attraverso questa produzione di statuette, i rituali apotropaici neo-assiri tracciano delle relazioni complesse, persino disorientanti, tra gli esseri umani, le divinità e le differenti entità soprannaturali, nello spazio e nel tempo ... La creazione di potenti entità soprannaturali di piccole dimensioni ed in forma ridotta, in argilla, mima la creazione divina di ogni essere vivente dall'argilla primordiale. (33)

Proprio come gli dèi avevano creato l'umanità, gli esseri umani ora potevano creare i propri aiutanti. Una volta generati, i cani svolgevano la loro importante e necessaria funzione di protezione in concerto con altri artefatti magici. A Nimrud, Mallowan scoprì in alcune stanze delle abitazioni delle scatole magiche che servivano anche a proteggere ogni abitante della città. Le scatole venivano sistemate in corrispondenza dei quattro angoli di una stanza e spesso dei quattro punti nei quali veniva appoggiato un letto, e venivano successivamente intagliate recitando incantesimi a protezione dagli spiriti maligni e dai demoni. I cani, sepolti sotto gli ingressi delle case, erano la prima linea di difesa contro i pericoli soprannaturali e le scatole amuletiche all'interno delle abitazioni fornivano un ulteriore grado di comfort e sicurezza.

I Cani di Nimrud

I rituali che ammantano le statuette raffiguranti dei cani sono esemplificati dalla collocazione di una serie di cinque figurine di questa medesima tipologia scoperte da Layard nel XIX secolo a Ninive. Sono state tutte recuperate sotto un portale d'accesso al Palazzo Nord, in linea con la pratica simbolica ed ideologica descritta poc'anzi. Per garantire la massima protezione, si raccomandava di seppellire due serie di cinque figurine di questa tipologia in corrispondenza dei lati di una porta o sotto un enorme portale.

A Nimrud, Mallowan recuperò le statuette raffiguranti dei cani all'interno di un pozzo situato nell'angolo di una stanza del Palazzo Nord-Ovest. La scoperta viene così descritta dalla studiosa e accademica Ruth Ann Horry:

La squadra di Mallowan si imbattè in un pozzo profondo nell'angolo della Stanza NN, colmo di fango, che Mallowan descrisse come fatto "della consistenza del Gesso di Parigi". Non essendo disponibili pompe elettriche per scavare il pozzo, gli operai dovettero estrarre l'acqua e il fango a mano, aiutati unicamente da pesanti attrezzature di sollevamento, in prestito dall'Iraq Petroleum Company. Si trattava di un lavoro alquanto difficile e pericoloso, poiché il fondo del pozzo si riempiva ripetutamente d'acqua ... [tuttavia], proprio il fango aveva fornito le condizioni ideali per conservare materiali che altrimenti si sarebbero decomposti, come, ad esempio, i frammenti di corda assira e delle attrezzature in legno del pozzo cadute accidentalmente. (1-2)

Tra gli altri oggetti v'erano quelli gettati di proposito nel pozzo durante il saccheggio della città, tra i quali gli avori e le statuette raffiguranti dei cani. Mallowan ha interpretato questi reperti e manufatti come scarto, collocabile cronologicamente alla distruzione di Nimrud - piuttosto che semplicemente gettato nel pozzo dai loro proprietari - basandosi su altri oggetti, come, ad esempio, dei finimenti di cavalli stranieri, rinvenuti assieme alle statuette stesse.

Cinque di queste figurine presentavano chiaramente delle sembianze canine e alcune avevano il loro nome inciso (esattamente come quelle rinvenute a Ninive), ma la sesta non aveva un nome e, inoltre, assomigliava più ad un gatto. Il gatto, tuttavia, non è mai stato considerato come un'entità protettiva nell'antica Mesopotamia e non è mai stato rappresentato in alcun amuleto o in alcuna statuetta. Horry scrive:

Le serie dei presagi ritraggono [i gatti] come animali selvatici, o meglio, indomabili, che entravano ed uscivano dalle abitazioni a proprio piacimento. Esseri umani e gatti vivevano l'uno accanto all'altro, ma non si confrontavano mai direttamente ... In altre parole, gli abitanti dell'antica città di Kalḫu, persino il sovrano nel suo palazzo, non potevano contare sui gatti per sorvegliare un edificio, sia dai topi che da forze soprannaturali, ben più temibili e pericolose. (2-3)

Mallowan ebbe difficoltà ad interpretare i reperti principalmente per questo motivo: sebbene sembrasse ad un gatto, non esistevano precedenti raffigurazioni di gatti o immagini di questi ultimi negli amuleti. Nei suoi reports iniziali, egli cita il ritrovamento di cinque statuette raffiguranti dei cani e di un'altra "dalle sembianze feline" (Horry, 5). La maggioranza delle evidenze, tuttavia, sconsigliava di interpretare l'ultima statuetta come un gatto e pare che Mallowan in seguito abbia sempre creduto che si trattasse di un cane "dall'aspetto felino" (Horry, 5). Mallowan infine consegnò i suoi reperti alle autorità irachene e, come da contratto, alcuni vennero inviati al Museo dell'Iraq di Baghdad e alcuni, invece, ad altri enti, musei ed istituzioni. La statuetta del "gatto" è stata reinterpretata dagli studiosi e accademici britannici di Cambridge esattamente come tale e la presente classificazione è rimasta in vigore fino al 2013, quando le statuette sono state nuovamente studiate in gruppo, arrivando finalmente a stabilire che la figurina del gatto in realtà si tratta di un altro cane.

I Cani oggi ed il loro significato

Le statuette raffiguranti dei cani recuperate a Ninive sono attualmente conservate ed esposte presso il British Museum di Londra (Regno Unito), mentre i Cani di Nimrud si trovano presso i musei di Baghdad in Iraq; di Cambridge, nel Regno Unito; di New York, negli Stati Uniti d'America; di Melbourne, in Australia. Le figurine dell'Iraq Museum di Baghdad sono rimaste intatte durante i saccheggi del 2003 e appartengono tuttora alla collezione museale permanente.

I visitatori di questi musei sempre si meravigliano - e giustamente - di fronte a tali esposizioni di opere d'arte mesopotamica antica come i celebri avori di Nimrud, ma spesso trascurano le statuette raffiguranti dei cani. Anche in quelle esposizioni nelle quali viene raccontata la loro storia, l'attenzione si concentra in gran parte sulla loro scoperta, accennando solo brevemente al significato che avevano per le persone stesse che le crearono. Di frequente, pare che i cani vengano interpretati dai visitatori come semplici rappresentazioni di animali domestici. Ma le statuette raffiguranti dei cani non rappresentavano unicamente i propri amati animali domestici, bensì la protezione divina. Vennero appositamente create per tenere al sicuro le persone delle quali ci si prendeva cura. Secoli fa, le persone creavano le statuette raffiguranti dei cani, donando loro vita attraverso un rituale e seppellendole infine sotto l'uscio di casa per garantirne maggiore tranquillità, pace, serenità, calma, salute e benessere.

Allo stesso modo, un persona che vive nella nostra epoca contemporanea potrebbe installare un sistema di sicurezza in casa, assicurarsi che le porte e le serrature siano sicure, e forse, infine, appendere anche un simbolo religioso o un talismano totemico vicino alla porta. I Cani di Nimrud sono manufatti altamente significativi perché così sentitamente personali. Nakamura commenta la loro creazione ed il loro uso, osservando come "un idioma, un linguaggio di protezione abbia origine dalla messa in scena materiale della memoria medesima" (33). La "messa in scena della memoria" in passato era strettamente collegata al risveglio dello spirito, dell'anima del cane nella statuetta. Oggi, invece, i Cani di Nimrud evocano lo spirito, l'anima del passato e la memoria di coloro che hanno creato le figurine per proteggere dal male se stessi ed i propri cari.

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Informazioni sul traduttore

Elisa Mion
Archeologa, sin da bambina prova sincero e crescente interesse e fascino (se non vero e proprio Amore!) per le Civiltà, la Storia e l'Archeologia del Vicino Oriente antico. Nel 2022 si è laureata con lode in Archeologia del Vicino Oriente antico discutendo una tesi incentrata su Ninive (Iraq).

Sull'autore

Joshua J. Mark
Scrittore freelance ed ex Professore part-time di Filosofia presso il Marist College (New York), Joshua J. Mark ha vissuto in Grecia ed in Germania, ed ha viaggiato in Egitto. Ha insegnato storia, scrittura, letteratura e filosofia all'Università.

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Stile APA

Mark, J. J. (2017, gennaio 12). I Cani di Nimrud [The Nimrud Dogs]. (E. Mion, Traduttore). World History Encyclopedia. Recuperato da https://www.worldhistory.org/trans/it/2-1001/i-cani-di-nimrud/

Stile Chicago

Mark, Joshua J.. "I Cani di Nimrud." Tradotto da Elisa Mion. World History Encyclopedia. Ultima modifica gennaio 12, 2017. https://www.worldhistory.org/trans/it/2-1001/i-cani-di-nimrud/.

Stile MLA

Mark, Joshua J.. "I Cani di Nimrud." Tradotto da Elisa Mion. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 12 gen 2017. Web. 19 nov 2024.