Invasioni mongole del Giappone del 1274 e 1281

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Mark Cartwright
da , tradotto da Giovanni De Simone
pubblicato il 02 luglio 2019
Disponibile in altre lingue: Inglese, Cinese, Francese, Indonesiano, Spagnolo, Turco
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Le invasioni mongole del Giappone ebbero luogo nel 1274 e nel 1281, quando Kublai Khan, Gran Khan dei mongoli dal 1264 e primo imperatore della dinastia Yuan dal 1279 fino al 1294, decise di inviare verso l'arcipelago giapponese due enormi flotte dalla Cina e dalla Corea. In entrambe le occasioni i giapponesi, e specialmente i guerrieri samurai, difesero tenacemente le loro coste. Tuttavia, il Giappone si salvò dalla conquista straniera grazie a dei tifoni che distrussero le navi nemiche: questi tempestosi e provvidenziali venti presero il nome di kamikaze, termine traducibile come "vento divino". Da quel momento in poi, tale glorioso episodio, considerato un misto di intervento divino ed eroismo marziale, assunse un'aura mitologica nella cultura giapponese che dura fino ai nostri giorni.

Japanese Samurai Attack Mongol Ships
Samurai giapponesi attaccano navi mongole
Unknown Artist (Public Domain)

Apertura diplomatica

Quando Kublai Khan mise gli occhi sul Giappone, i mongoli avevano inglobato nel loro immenso impero la Corea e metà del territorio cinese. Kublai era nipote di Genghis Khan e il fondatore della dinastia Yuan, che regnò sulla Cina dal 1271 al 1368. La sua capitale era Dadu, costruita ex-novo sul sito dove sarebbe sorta la futura Pechino. Non sono chiare le ragioni per cui decise di includere il Giappone nel suo impero. Uno dei motivi può essere stato quello di volersi impadronire delle risorse dell'arcipelago nipponico: il Paese era storicamente noto in Asia per essere una terra ricca d'oro, come ci viene raccontato anche dal viaggiatore veneziano Marco Polo (1254-1324). Kublai Khan potrebbe aver desiderato aumentare il suo prestigio o stroncare i rapporti commerciali che i giapponesi avevano con i suoi grandi nemici, la dinastia dei Song meridionali (1125-1279). La conquista gli avrebbe inoltre fornito un nuovo e ben equipaggiato esercito che avrebbe potuto usare proprio contro i problematici Song. Le invasioni potrebbero inoltre essere state una sorta di vendetta per il caos che i wako, cioè i pirati giapponesi, stavano causando sulle coste dell'Asia orientale a causa dei loro attacchi alle navi mercantili. Qualunque fosse la ragione, l'approccio fu chiaro: prima l'uso della diplomazia, poi della guerra.

Fu così che il Gran Khan inviò una lettera ai giapponesi nel 1268, con la quale riconosceva il loro sovrano come "re del Giappone" e in cui esprimeva la volontà di incoraggiare relazioni amichevoli; si richiedeva però anche il pagamento di un tributo ai mongoli, minacciando velatamente l'uso delle armi in caso di rifiuto, specificando che era un'alternativa che il Khan avrebbe voluto evitare. Nel 1270 venne inviato in Giappone anche un ambasciatore cinese, Zhao Liangbi, che rimase lì un anno per promuovere una sorta di intesa tra le due nazioni. Vennero inviate altre lettere e ambasciatori fino al 1274, ma questi sforzi vennero palesemente ignorati dai giapponesi, che sembrava non sapessero come rispondere e che dunque aspettassero in silenzio il corso degli eventi.

Kublai Khan Statue
Statua di Kublai Khan
A. Omer Karamollaoglu (CC BY)

Lo shogunato Kamakura regnava sul Giappone fin dal 1192, e il reggente dello shogun, Hōjō Tokimune, al potere dal 1268 al 1284, era sicuro di poter respingere qualsiasi minaccia proveniente dall'Asia continentale. I tentativi diplomatici del Gran Khan vennero respinti con decisione sia dall'imperatore che dallo shogunato: vennero allertate le truppe nella fortezza di Dazaifu e nella base militare nel nord-ovest di Kyūshū, che erano i punti in cui si riteneva più probabile l'arrivo di invasori. La mancanza di delicatezza nella risposta giapponese alle aperture del Khan può essere spiegata con la mancanza di esperienza nelle relazioni internazionali dopo un lungo periodo di isolamento, con i pregiudizi che il loro contatto principale con l'Asia continentale, vale a dire la dinastia dei Song meridionali, gli avevano trasmesso e con la bassa opinione che monaci zen buddisti esiliati avevano sui conquistatori mongoli.

Prima invasione (campagna di Bun'ei)

Kublai Khan riunì una flotta di circa 800-900 navi, che salpò dalla Corea verso il Giappone all'inizio di novembre del 1274. Le imbarcazioni trasportavano un esercito stimato tra i 16.600 e i 40.000 uomini, composto da mongoli e coscritti cinesi e coreani. Gli invasori approdarono prima sulle isole di Tsushima (5 novembre) e Iki (13 novembre), che vennero saccheggiate. Sull'isola di Tsushima i mongoli incontrarono una forte resistenza guidata da So Sukekuni, che però ebbe la peggio a causa della grande superiorità numerica degli invasori. I difensori dell'isola di Iki, al comando di Taira Kagetaka, furono altrettanto valorosi ma, alla fine, furono costretti a opporre un'ultima resistenza all'interno del castello di Hinotsume. Il castello cadde per il mancato arrivo di rinforzi.

GLI INVASORI IMPIEGARONO STRATEGIE DI BATTAGLIA DINAMICHE, CHE PREVEDEVANO L'USO DI CAVALIERI ABILI E BEN DISCIPLINATI CHE RISPONDEVANO AGLI ORDINI DATI DA GONG E TAMBURI.

Dopo una breve sosta sull'isola di Takashima e nella penisola di Matsuura, la flotta d'invasione proseguì verso la baia di Hakata, dove sbarcò il 19 novembre. La grande baia era un ottimo rifugio e aveva delle acque poco profonde: i giapponesi intuirono che sarebbe stato il punto esatto scelto dai comandanti mongoli. La forza di difesa giapponese però, per quanto ben preparata, era relativamente piccola, dato che contava tra i 4.000 e i 6.000 uomini.

I mongoli vinsero i primi scontri grazie alla superiorità numerica e delle armi che avevano in dotazione, tra cui il potente arco composito e le granate di polvere da sparo lanciate con le catapulte; impiegarono anche strategie di battaglia dinamiche, che prevedevano l'uso di cavalieri abili e ben disciplinati che rispondevano agli ordini dati da gong e tamburi. Avevano anche delle balestre che perforavano le armature e utilizzavano frecce avvelenate. Inoltre, i giapponesi preferivano lo scontro individuale, nel quale i guerrieri sceglievano i propri bersagli, e non erano abituati a combattere impiegando grandi truppe in movimento, operando piuttosto in piccoli gruppi guidati da un samurai a cavallo che era anche un abile arciere; tali unità venivano protette da fanti armati con le naginata, che erano delle armi inastate con lame ricurve. Un altro svantaggio dei giapponesi era la loro tendenza a utilizzare gli scudi solo per proteggersi dagli attacchi degli arcieri, mentre la fanteria mongola e coreana tipicamente li portava con sé sul campo di battaglia. Anche i samurai però avevano alcuni vantaggi sul nemico: indossavano armature in cuoio e placche di ferro, mentre nello schieramento dei mongoli solo la cavalleria pesante indossava armature; inoltre, avevano lo loro lunghe e affilate spade, che erano molto più efficaci delle spade corte dei loro avversari.

Samurai on Horseback
Samurai a cavallo
Unknown Artist (Public Domain)

Curiosamente però, 18 giorni dopo il primo sbarco sul suolo giapponese e nonostante il fatto di aver creato una testa di ponte nella baia di Hakata, gli invasori non si spinsero più oltre. Non si sa se questo fu dovuto a problemi di rifornimento oppure alla morte del generale Liu Fuxiang, ucciso dalla freccia di un samurai. Potrebbe anche essere che si trattasse in realtà una missione di ricognizione in vista di una seconda e più massiccia invasione futura, e che dunque non ci fossero intenti di conquista. Qualunque sia stato il motivo, i mongoli restarono sulle loro navi durante la notte e si ritirarono dalla baia il 20 novembre. Questa decisione si rivelò fatale perché, stando ad alcuni racconti, una tempesta terribile colpì la flotta mongola, distruggendone un terzo e danneggiando severamente le altre imbarcazioni. Gli attaccanti furono obbligati a ripiegare verso la Corea.

Intervallo diplomatico

Kublai Khan adottò nuovamente la via diplomatica, inviando un altro ambasciatore in Giappone nel 1275 per esigere ancora una volta il pagamento del tributo. Questa volta lo shogun decise di decapitare gli ambasciatori mongoli su una spiaggia vicino Kamakura. Il Khan continuò imperterrito e inviò una seconda ambasceria nel 1279. I messaggeri andarono incontro allo stesso destino dei loro predecessori, e Kublai Khan realizzò che avrebbe portato il Giappone nella sua sfera d'influenza solo con la forza. In quel momento però, i mongoli erano occupati nelle campagne contro i Song nella Cina meridionale, e ci sarebbero voluti due anni prima che le loro attenzioni si rivolgessero nuovamente all'arcipelago nipponico.

I giapponesi si aspettavano un'altra invasione fin dal 1274, e questo periodo di attesa incise molto sulle casse del governo. Oltre a mantenere un esercito permanente, vennero costruite nuove fortificazioni e, nel 1275, furono erette delle mura di pietra intorno alla baia di Hakata lunghe complessivamente 19 chilometri e alte fino a 2,8 metri. Le mura furono progettate per essere a strapiombo sulla facciata esterna e inclinate nella parte interna, per permettere il passaggio di arcieri a cavallo. I giapponesi erano pronti a fronteggiare una seconda invasione.

Seconda invasione (campagna di Kōan)

La seconda flotta di invasione di Kublai Khan fu molto più grande della precedente. Questa volta, grazie alla recente sconfitta dei Song e all'acquisizione della loro marina, vennero messe insieme 4.400 navi e circa 100.000 uomini tra mongoli, cinesi e coreani.

Anche in questa occasione, gli invasori presero le isole di Tsushima (14 giugno) e Iki (14 giugno) prima di attaccare la baia di Hakata presso l'isola di Kyūshū il 23 giugno del 1281. Questa volta però la forza di invasione si divise: la flotta che attaccava Honshū fu respinta con decisione presso Nagato, e anche nella baia di Hakata i giapponesi offrirono una strenua resistenza. La mura fortificate si rivelarono adatte al loro scopo, e gli attaccanti non riuscirono a stabilire una testa di ponte sulla spiaggia, con il risultato che la maggior parte dei combattimenti ebbero luogo a bordo delle navi. Alla fine, dopo aver subito pesanti perdite, i mongoli si ritirarono prima sulle isole di Shiga e Noki, e poi su Iki. Le loro navi furono costantemente colpite dalle coraggiose incursioni dei giapponesi, che effettuavano attacchi costanti a bordo di piccole imbarcazioni. Molte delle successive storie sulle imprese eroiche dei samurai ebbero origine da questi episodi.

IL 14 AGOSTO UN TIFONE DISTRUSSE LA MAGGIOR PARTE DELLA FLOTTA MONGOLA, LE CUI NAVI ERANO STATE LEGATE INSIEME PER PROTEGGERSI DALE INCURSIONI GIAPPONESI.

Kublai Khan inviò dei rinforzi dalla Cina meridionale, stimati tra i 40,000 e i 100.000 uomini a seconda delle fonti. I due eserciti si riunirono per tentare di spingersi più in profondità nel territorio giapponese: questa volta l'obiettivo scelto fu Hirado, all'inizio di agosto. Le flotte combinate si spinsero a est e attaccarono Takashima, che diede battaglia il 12 agosto.

I combattimenti furono molto duri e andarono avanti per diverse settimane, e gli invasori probabilmente iniziarono a soffrire la mancanza di rifornimenti. Ancora una volta però, furono le condizioni metereologiche a rivelarsi decisive. Il 14 agosto un tifone distrusse la maggior parte della flotta mongola, le cui navi, che erano state legate insieme per proteggersi dalle incursioni giapponesi, vennero sbattute in maniera incontrollabile contro la costa. Circa la metà della forza d'invasione, se non i due terzi, perse la vita. Altre migliaia di uomini finirono sulle spiagge della baia di Imari, andando incontro a esecuzioni sommarie; vennero risparmiati solo alcuni cinesi Song, ex-alleati dei giapponesi. Le navi che non affondarono fecero ritorno in Cina.

The Mongol Scroll, 1293 CE
Rotolo illustrato sull'invasione mongola, 1293
Mōko Shūrai Ekotoba (Public Domain)

Ai venti tempestosi che distrussero la flotta mongola salvando le coste giapponesi venne dato il nome di kamikaze, cioè "vento divino": la tempesta venne considerata una risposta agli appelli dei giapponesi rivolti al dio shintoista della guerra Hachiman, che aiutò il Paese contro un nemico numericamente molto superiore. Il termine kamikaze sarebbe stato applicato secoli dopo anche ai piloti giapponesi della Seconda guerra mondiale (1939-1945) che compirono missioni suicide, e che vennero considerati come l'ultima risorsa per salvare ancora una volta il Giappone dall'invasione.

Sembra che le navi mongole fossero di pessima fattura e dunque meno adatte alla navigazione di quanto avrebbero dovuto essere. La moderna archeologia marina ha rivelato che la maggior parte delle navi aveva alberi molto deboli, il che è un elemento assolutamente svantaggioso in caso di tempesta. La scarsa maestria nella costruzione delle imbarcazioni potrebbe essere dovuta alla fretta di Kublai Khan nel metter insieme quante più navi possibili: molte non avevano una chiglia e non erano adatte alla navigazione in mare. Sembra proprio che il fatto di aver preteso di creare una flotta enorme in tempi rapidi sia stata una scelta che non abbia ripagato, anche perché che le navi cinesi di quel periodo erano famose per essere di ottima fattura. Ciononostante, il fattore cruciale che decise il destino della flotta fu quello di aver deciso di legare le navi insieme con delle catene a seguito delle incursioni giapponesi. Fu una misura difensiva che, con l'arrivo del tifone, si rivelò fatale.

Conseguenze

I mongoli avrebbero fallito anche nel loro tentativo di conquistare il Vietnam e Java ma, dopo il 1281, stabilirono un periodo di pace duratura su quasi tutta l'Asia, la cosiddetta pax mongolica, che sarebbe terminata solo con l'avvento della dinastia Ming (1368-1644). Kublai Khan non abbandonò la via diplomatica e continuò a inviare senza successo delle ambascerie per persuadere il Giappone a unirsi al sistema dei tributi cinese.

Mongol Invasion of Japan, 1281 CE
Invasione mongola del Giappone, 1281
Unknown Artist (Public Domain)

Nel frattempo, i giapponesi, pur avendo respinto due invasioni (che passarono alla storia con il nome di Mōko Shūrai), avevano la certezza di doverne affrontare una terza che sarebbe potuta arrivare in qualsiasi momento e, per questo motivo, mantennero un esercito permanente pronto a intervenire in qualsiasi momento per i trent'anni successivi. Fortunatamente per loro, i mongoli dovettero affrontare altre sfide lungo i confini del loro immenso impero, e non tentarono mai più di invadere il Giappone. Le invasioni mongole ebbero un grande impatto sul popolo giapponese, che lo storico M. Ashkenazi sintetizza con queste parole:

Per i giapponesi del XIII secolo la minaccia delle invasioni mongole fu uno spartiacque di grande importanza, sia storicamente che politicamente. Per la prima volta, il Giappone dovette mobilitare tutta la sua forza militare per difendere la Nazione. Fino ad allora, le guerre straniere erano state poco più che liti che coinvolgevano una o l'altra fazione all'interno del Giappone ma essenzialmente per affari interni. Con l'arrivo dei mongoli, il Giappone si espose alla politica internazionale a un livello nazionale e personale mai visto prima. (188-9)

I monaci buddisti e i sacerdoti shintoisti avevano promesso che un intervento divino avrebbe risolto la situazione: quando le tempeste distrussero le flotte dei mongoli, tutti credettero che avessero avuto ragione, e ci fu un'impennata di popolarità per entrambe le religioni. Curiosamente, il racconto delle invasioni è praticamente assente dalla letteratura medievale giapponese con la sola eccezione di un rotolo che illustra gli eventi. Conosciuto con il nome di Mōko Shūrai Ekotoba, il rotolo venne commissionato da un guerriero samurai che aveva combattuto durante le invasioni: Takezaki Suenaga. Il rotolo venne prodotto nel 1293 e promuoveva il ruolo dello stesso Takezaki durante la battaglia.

Sfortunatamente per il governo giapponese però, il costo materiale delle invasioni ebbe conseguenze importanti: il fatto di dover pagare per un esercito permanente in allerta costante (la baia di Hakata venne presidiata fino al 1312) si rivelò un serio problema che causò un malcontento diffuso. Trattandosi di una guerra di difesa e non di conquista, non c'erano bottini di guerra o terre che ricompensassero i soldati. Inoltre, anche l'agricoltura fu messa a dura prova da questa politica di difesa. I rivali del clan Hōjō, che dominava lo shogunato Kamakura, iniziarono a prepararsi per stravolgere l'assetto politico del paese. L'imperatore Go-Daigo, sul trono tra il 1318 e il 1339, desiderava riottenere il potere politico, da lungo tempo in mano agli shogun: questo portò a una ribellione che alla fine causò la caduta dello shogunato Kamakura nel 1333, con la conseguente creazione dello shogunato Ashikaga (1338-1573), il cui primo shogun fu Ashikaga Takauji, in carica dal 1338 al 1358.

This content was made possible with generous support from the Great Britain Sasakawa Foundation.

Info traduttore

Giovanni De Simone
Ho conseguito la laurea in Lingue e Mediazione Culturale con il massimo dei voti presso l'Università di L'Aquila. Ho una grande passione per la storia e sono convinto che l'attività di traduzione possa arricchire la conoscenza di ciascuno di noi.

Info autore

Mark Cartwright
Mark è ricercatore, storico e scrittore. Formatosi in filosofia politica, si interessa di arte, architettura e di storia globale delle idee. È direttore editoriale della World History Encyclopedia.

Cita questo lavoro

Stile APA

Cartwright, M. (2019, luglio 02). Invasioni mongole del Giappone del 1274 e 1281 [The Mongol Invasions of Japan, 1274 & 1281 CE]. (G. D. Simone, Traduttore). World History Encyclopedia. Estratto da https://www.worldhistory.org/trans/it/2-1415/invasioni-mongole-del-giappone-del-1274-e-1281/

Stile CHICAGO

Cartwright, Mark. "Invasioni mongole del Giappone del 1274 e 1281." Tradotto da Giovanni De Simone. World History Encyclopedia. Modificato il luglio 02, 2019. https://www.worldhistory.org/trans/it/2-1415/invasioni-mongole-del-giappone-del-1274-e-1281/.

Stile MLA

Cartwright, Mark. "Invasioni mongole del Giappone del 1274 e 1281." Tradotto da Giovanni De Simone. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 02 lug 2019. Web. 22 ott 2024.