Lucio Cornelio Silla (138-78 a.C.) promosse una serie di riforme costituzionali nell'81 a.C., quando era dittatore, con l'obiettivo principale di rafforzare il potere del Senato. Silla nasce in momento davvero turbolento della storia di Roma, spesso descritto come l'inizio del declino della Repubblica romana. Il clima politico della città è infatti sconvolto da conflitti sociali e una crescente violenza politica, tanto che alcune assemblee popolari si tengono in presenza di gruppi armati. Due grandi fazioni si contendono il potere: gli Optimates, che sostengono l'autorità del Senato, e i Populares, che invece si fanno portavoce dei diritti del popolo.
In questo periodo, il potere del Senato viene ridimensionato, mentre si osservano notevoli progressi nella tutela dei diritti del popolo attraverso l'azione dei tribuni della plebe, magistratura creata appositamente per il popolo tradizionalmente nel 494 a.C. Silla si schiera con gli Optimates e dopo la sua ascesa al potere si auto-dichiara dittatore e fa approvare diverse riforme costituzionali per rivitalizzare e restaurare il potere senatorio. Benché le sue riforme non durino a lungo, la sua eredità politica influenza notevolmente la politica romana negli ultimi anni della Repubblica fino alla sua caduta nel 27 a.C.
Silla e la Tarda Repubblica
Silla nasce all'interno di un'antica famiglia patrizia e, pertanto, i suoi antenati dovrebbero risalire ai primi senatori nominati da Romolo, il fondatore di Roma. Una parte del cursus honorum, il percorso convenzionale di carriera nelle cariche pubbliche, consisteva nel servire anzitutto come ufficiale militare prima di potersi candidare a cariche pubbliche. Silla, in virtù del suo rango patrizio, salta il servizio militare e viene eletto alla magistratura minore di quaestor nel 108 a.C. Ottiene rapidamente una buona reputazione come eccellente comandante e negoziatore al servizio del console Gaio Mario (157-86 a.C.) - del partito dei Populares, ricopre straordinariamente cinque consolati consecutivi dal 104 al 100 a.C. - nella guerra contro Giugurta (112-106 a.C.). La contesa tra Mario e Silla su chi fosse veramente responsabile della cattura di Giugurta rappresenta il primo seme di odio tra i due e porterà alla prima grande guerra civile di Roma.
Silla viene eletto praetor urbanus nel 97 a.C. e l'anno successivo diventa governatore della provincia di Cilicia in Asia Minore. Il Senato ordina a Silla di riportare al trono di Cappadocia il re Ariobarzane - amico di Roma - estromesso dal re del Ponto Mitridate VI (120-63 a.C.), che voleva inserire suo figlio come re della Cappadocia. La missione di Silla ha successo, tanto da venire addirittura acclamato dai suoi soldati come imperator, ossia comandante vittorioso.
Nella tarda repubblica, gli Italici avevano a lungo desiderato la cittadinanza romana e pari diritti politici. I Romani avevano invece mostrato un talento nel dissimulare la concessione della cittadinanza, senza mai approvare effettivamente una legge che garantisse agli Italici ciò che volevano. Questa conflitto civile raggiunge un punto critico nel 91 a.C., con lo scoppio della Guerra Sociale tra Roma e gli Italici, che alla fine, dopo gravi perdite da entrambe le parti, ottengono la cittadinanza nell'89 a.C. Durante la Guerra Sociale, Silla ha il comando delle legioni nell'Italia meridionale, dove assedia Pompei e respinge con successo gli eserciti italici che tentavano di soccorrere la città. Per il suo valore in battaglia i suoi soldati gli conferiscono la Corona ossidionale o d'erba (corona graminea), la più alta onorificenza militare. Questo successo militare lo rende immensamente popolare a Roma e gli vale il consolato dell'88 a.C.
Mario contro Silla
Durante il suo consolato, a Silla viene affidato il comando orientale delle legioni per affrontare il re del Ponto, Mitridate VI, uno dei più formidabili nemici di Roma, che stava seminando il caos a est. Mitridate VI aveva accumulato un impero e si era circondato di alleati, arrivando addirittura, durante il consolato di Silla, ad ordinare a tutte le città nei suoi territori di uccidere tutti i Romani e gli Italici, senza risparmiare nemmeno donne e bambini. Tuttavia, prima che Silla potesse intraprendere il suo viaggio verso est e sconfiggere Mitridate VI, Mario e il suo alleato Sulpicio, servendosi di bande armate e 600 cavalieri come guardie del corpo, "convincono" le assemblee popolari a rimuovere il comando orientale di Silla e a trasferirlo a Mario. Mario attiva quindi due tribuni militari per assumere il comando dell'esercito di Silla.
Questo è uno dei punti di svolta cruciali della storia di Roma. Silla, a questo punto, si rivolge ai suoi soldati con un discorso non militare, bensì politico: fa sollevare i suoi 35.000 legionari mostrando loro i torti subiti dal Senato. L'Oriente era noto per le sue infinite ricchezze e Mario ora li stava derubando dell'abbondante bottino orientale che sarebbe spettato a loro. L'emozionante discorso di Silla ha successo e rende le sue legioni fedeli solo a lui: infatti, quando arrivano i tribuni di Mario i soldati sillani li uccidono senza esitazione. Inizia così la loro marcia contro Roma per riprendersi ciò che era loro di diritto, tanto che quando viene chiesto a Silla per quale motivo avesse marciato contro il suo stesso paese, egli risponde "per liberarla dai tiranni". Silla, il primo di fatto a conquistare Roma, quindi annulla i provvedimenti di Mario e Sulpicio e si reintegra come console. Silla e le sue legioni avevano ancora una volta l'ambito comando orientale, mentre Mario è costretto a fuggire da Roma.
Durante la sua missione in Oriente, Silla adotta la strategia di rimuovere il controllo di Mitridate VI sulla Grecia e per questo motivo assedia Atene nell'inverno dell'87-86 a.C. Proprio durante l'assedio, Silla apprende che Mario e la sua fazione sono tornati e hanno conquistato Roma, approvando un decreto che dichiarava Silla nemico dello stato. Mario taglia i finanziamenti della campagna di Silla, che si ritrova quindi costretto a tassare i Greci locali. Improvvisamente, a Roma, Mario muore di polmonite nell'86 a.C. Silla continua la propria campagna in Oriente, conquistando Atene, vincendo la battaglia di Cheronea (86 a.C.) e la battaglia di Orcomeno (85 a.C.), e riesce quindi a estromettere Mitridate e ripristinare l'autorità romana in Grecia. Nel tempo restante, Silla riorganizza la provincia d'Asia fino a quando, finalmente, torna in Italia nell'83 a.C. per affrontare la fazione dei Populares di Mario nella prima guerra civile di Roma.
Silla attraversa l'Italia insieme ai suoi legionari ormai veterani, convincendo le legioni nemiche a disertare dalla sua parte o sconfiggendo in battaglia quelle ostili. Con particolare clemenza, Silla perdona chi, persone, popoli o città, decide solo ora di passare dalla sua parte. Tuttavia, una volta arrivato vittorioso a Roma, dimentica la passata clemenza e si libera dei suoi nemici attraverso le liste di proscrizione (proscriptio). Le proscrizioni consistevano materialmente in tavolette con i nomi delle persone che dovevano essere uccise e di cui si doveva confiscare la terra. In totale, cadono vittima delle proscrizioni sillane un centinaio di senatori e più di mille cavalieri.
A questo punto Silla è del tutto incontrastato: il Senato annulla il decreto che lo rendeva nemico dello stato e ordina di erigere una statua in suo onore davanti al Foro Romano. Per legittimare la sua autorità, Silla decide di far rivivere l'antica carica di dittatore: dopo 120 anni dall'ultimo dittatore a Roma, il Senato, privato degli oppositori, viene costretto a soddisfare la richiesta di Silla, nominandolo dittatore per scrivere leggi e ristabilire la costituzione. I dittatori venivano nominati solo in momenti di estrema emergenza, quando non c'era altra scelta che affidare tutta l'autorità e il potere a una sola persona per salvare lo stato. In passato però il mandato di un dittatore era stato di massimo sei mesi, anche se i suoi poteri erano sostanzialmente illimitati: il dittatore aveva infatti autorità sulla vita e sulla morte e poteva dichiarare guerra e pace, nominare e rimuovere senatori, fondare e demolire città. La dittatura di Silla non ha invece limiti di tempo: padrone di Roma, Silla può pertanto impiegare tutto il tempo necessario per ristabilire la costituzione.
Le riforme costituzionali
Silla, ora dittatore, di fatto si presenta al Senato con i poteri di un re, come dimostrano i 24 fasci littori tenuti davanti a lui, lo stesso numero riservato agli antichi re. La riforma probabilmente più importante di Silla come dittatore è la drastica riduzione del potere e del prestigio dei tribuni della plebe. I tribuni erano stati originariamente creati per tutelare i diritti della plebe rispetto ai patrizi e il loro potere legale (potestas) era vasto, grazie soprattutto ai progressi dei precedenti tribuni della plebe della fazione dei Populares. Tra tutti, Tiberio Gracco, che nel 131 a.C. era entrato in lotta con il Senato e aveva presentato le sue leggi di riforma agraria direttamente alle assemblee popolari.
Silla, con l'intenzione di annullare questi progressi, sancisce che un tribuno della plebe debba chiedere il permesso al Senato prima di introdurre una legge. Inoltre, toglie ai tribuni il fondamentale diritto di veto e, infine, priva il tribunato di ogni prestigio, stabilendo che chiunque abbia ricoperto questa magistratura non possa ricoprire le altre del cursus honorum. Dopo questa legge, ovviamente nessuno che volesse fare carriera in politica avrebbe più ricoperto la carica di tribuno della plebe. La magistratura del tribunato, con il suo storico passato di difesa della plebe, era ormai scomparsa.
Silla riorganizza anche il cursus honorum. In particolare, si proibisce a chiunque di poter ricoprire la carica di praetor prima di essere stato quaestor o di essere eletto consul prima di essere stato praetor, così come si proibisce di ricoprire consecutivamente la stessa magistratura, se non dopo dieci anni dalla prima volta. Allo stesso modo, tra una carica e un'altra devono trascorrere due anni. Il numero dei questori viene ampliato fino a venti, quello dei pretori ad otto. Questo numero crescente di magistrati era infatti necessario per governare e amministrare l'impero in continua espansione.
Un'altra riforma sillana stabilisce che i governatori provinciali non potevano trattenersi nelle loro province più a lungo del loro mandato, riducendo così notevolmente la loro possibilità di costruire un esercito personale da guidare contro i rivali politici o la stessa Roma, come aveva fatto lo stesso Silla. Del resto, il numero maggiore di magistrati introdotto dalle riforme di Silla evita proprio che i governatori rimangano a lungo nella loro provincia: c'erano tanti magistrati per coprire un posto vacante in una provincia dopo la fine del mandato annuale di un governatore. Inoltre, qualsiasi eccesso o abuso di potere da parte di un governatore d'ora in poi sarebbe stato processato come alto tradimento (maiestas).
Dal momento che il Senato era stato notevolmente ridotto dalla guerra, per non parlare delle proscrizioni dello stesso Silla, si decide di raddoppiare il numero di senatori, da 300 a 600. Tuttavia, i cittadini romani di ragno senatorio rimasto erano solamente 400 e allora Silla stesso come dittatore nomina nuovi senatori da un gruppo di cavalieri ritenuti degni di questo privilegio. Per l'assegnazione dei posti rimanenti, Silla si fa consigliare da molte persone diverse e così facendo riesce a creare un folto gruppo di nuovi senatori riconoscenti e grati per la loro promozione di grado. Oltre ai numeri, il Senato acquista quindi molto potere.
In una delle sue riforme più importanti Silla ripristina il potere del Senato nei tribunali. All'epoca, infatti, le giurie dei tribunali erano utilizzate come uno strumento politico estremamente potente, tanto che i Populares volevano giurie composte da cavalieri, gli Optimates giurie di soli senatori. Si capisce bene che una giuria composta esclusivamente da senatori avrebbe difficilmente ritenuto colpevole un proprio collega del Senato, mentre, al contrario, una giuria composta da cavalieri non esiterebbe un attimo a condannare un senatore accusato di corruzione. Populares e Optimates si sono costantemente scontrati su questo tema: Silla annulla la riforma del tribuno Gaio Gracco al tribunale delle estorsioni, che aveva vietato ai senatori di sedere nella giuria. Inoltre, Silla istituisce sette nuovi tribunali permanenti per omicidio, contraffazione e falsificazione, frode elettorale, appropriazione indebita, tradimento, lesioni personali ed estorsione provinciale.
In quegli anni, l’eredità di Silla pesava ancora sulla repubblica. Il senato, epurato da tutti gli oppositori che non si erano sottomessi prontamente al regime, era stato plasmato dal dittatore, che lo aveva riempito di suoi sostenitori. Silla aveva comunque rafforzato la posizione del senato, restaurando il monopolio dei senatori su tribunali e giurie e limitando drasticamente i poteri del tribunato della plebe. Aveva inoltre apportato ulteriori modifiche all’apparato statale, introducendo, per esempio, una legge che limitava i poteri dei governatori delle province, con l’intento di impedire che altri generali, seguendo il suo stesso esempio, usassero le loro legioni contro lo stato. (Goldsworthy, Cesare, 92)
Oltre alle sue riforme, Silla si serve dei suoi poteri di dittatore come strumento di vendetta, non solo a Roma, ma in tutte le regioni d'Italia a lui ostili. Queste vengono punite con massacri, condanne all'esilio e confische per coloro che durante la guerra civile avevano parteggiato per Mario, semplicemente dando ospitalità, prestando denaro o favorendo in qualsiasi maniera la fazione nemica. La vendetta di Silla non si limita ai singoli individui, ma colpisce addirittura intere città, in alcuni casi distruggendo le fortificazioni o abbattendo le mura, in altri imponendo multe o tributi soffocanti. Spesso, nei territori e nelle città cadute in disgrazia e punite vengono fatti stabilire, attraverso una distribuzione coloniale, i veterani sillani.
Eredità
Una volta ristabilita la costituzione, Silla decide di deporre la dittatura. L'anno successivo, nell'80 a.C., viene eletto console e nel 79 a.C. si ritira del tutto dalla vita politica, per trasferirsi nella sua casa di campagna in Campania, dove si accinge alla scrittura delle sue memorie. Secondo quanto ci racconta Plutarco, nel 78 a.C., dopo un sogno premonitore della propria morte, Silla smette di scrivere le sue memorie: due giorni dopo muore.
La costituzione di Silla viene pedissequamente rispettata dagli altri Optimates, come Pompeo (106-48 a.C.) e Crasso (115/112-53 a.C.), ma alla fine le sue riforme non durarono. I suoi tentativi di porre rimedio ai problemi che affliggevano la Repubblica sono confluiti in soluzioni troppo faziose mirate al rafforzamento del potere del Senato, a discapito soprattutto del tribunato della plebe e delle cariche riservate ai non senatori.
Giulio Cesare (100-44 a.C.) durante il suo periodo come tribuno militare si esprime a favore del ripristino dei poteri dei tribuni della plebe, completamente smantellati da Silla, tanto che nel 75 a.C. lo stesso Cesare fa approvare da suo zio, Caio Aurelio Cotta, console di quell'anno, un disegno di legge che consentiva agli ex tribuni di accedere anche alle altre magistrature. Così già nel 75 a.C. una delle riforme chiave di Silla viene completamente vanificata: il tribunato della plebe non era più una magistratura senza uscita, ma poteva invece aprire la strada alla carriera di politici ambiziosi.
L'azione legislativa di Cesare tocca anche un'altra riforma sillana. Interessato da sempre all'amministrazione delle province - tanto che le sue più famose apparizioni in tribunale rientrano in procedimenti giudiziari contro governatori corrotti e oppressivi - le riforme cesariane sul ruolo e sui poteri dei governatori provinciali di Roma divengono lo standard per i secoli a venire. Cicerone in seguito descriverà la riforma di Cesare come una "legge eccellente". Infine, anche la legge di Silla per cui solo i senatori erano ammessi nelle giurie viene rovesciata: il pretore Lucio Aurelio Cotta permette infatti che le giurie siano composte sia da senatori che da cavalieri, ristabilendo l'equilibrio di potere.