Le donne scite

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Articolo

Patrick Scott Smith, M. A.
da , tradotto da Alfonso Vincenzo Mauro
pubblicato il 30 giugno 2021
Disponibile in altre lingue: Inglese, Francese, Tedesco, Spagnolo
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Le donne scite conseguirono al loro tempo ruoli di comando ed assursero a un tale rango, quale forse manca di eguali sino ai tempi recenti. Quantunque numerose figure femminili ascesero a ruoli chiave nella storia, quello di quest’ultime non era un riflesso di sistemiche opportunità. Storicamente, le donne conducevano spesso laboriose e logoranti vite segregate; laddove invece, per le donne scite, le attestazioni documentarie e archeologiche indicano una differente condizione.

Scythians
Ricostruzione degli Sciti
Simeon Netchev (CC BY-NC-ND)

Gli Sciti: origini e territorio

Sebbene dibattuti disaccordi circa l’origine degli Sciti abbondino, “Erodoto afferma, con lui concordando molti studiosi moderni, che essi si mossero verso ovest, dall’Asia all’Europa attraverso il [cosiddetto] grande corridoio delle steppe” (Alexeyev, 23). Nel I sec. a.C., lo storico greco siceliota Diodoro Siculo afferma invece gli Sciti muovessero verso nord, nell’area del Mar Nero settentrionale, dal fiume armeno Aras. Il tradizionale consenso accademico odierno converge invece nel vederli “discendenti della cultura Srubna [cultura delle tombe in legno], la quale, tra la metà del II millennio a.C. e il tardo VII sec. a.C., si spostò verso sud in numerose ondate dalla steppa tra il Volga e l’Ural verso il Mar Nero settentrionale” (Melyukova, 99).

IL RUOLO BELLICO DELLE DONNE SCITE NON ERA DI MERO SUPPORTO: ESSE POTEVANO ANZI DIVENTARE ANCHE COMANDANTI.

Scrivendo nel V sec. a.C., Erodoto ci presenta anche i Sarmati, distaccatisi dagli Sciti del Mar Nero e spostatisi verso est. Inoltre recenti rinvenimenti archeologici nell’area di Tuva, nei Monti Altai, datano un insediamento scitico al IX sec. a.C. e suggeriscono origini orientali. Ad ogni modo, e sulla scorta di testimonianze di storici cinesi di I sec. d.C. circa i loro capelli rossi e occhi azzurri, le caratteristiche caucasiche e la lingua indoeuropea degli Sciti implicano un’origine d’Età del bronzo, e un’affinità ai Celti.

Il predominio scitico, sovente citato nelle fonti antiche, abbracciò i secoli a.C. dal VII al III e le aree contigue il Mar Nero e il Mar Caspio. Con un’estensione longitudinale di 4000 km, il loro territorio andava dalla Tracia ad ovest, attraverso la steppa centroasiatica, fino ai monti Altai ad est; le distese d’aperta pianura, deserto, steppa boscosa attraverso le quali si spostavano erano favorevoli alla pastorizia nomadica e al viaggio a cavallo, piuttosto che a uno stile di vita stanziale e agricolo. Pertanto gli Sciti condussero una vita nomade e guerresca, vivendo in carri coperti; ed è rimarchevole notare come un gruppo di loro donne vivesse similarmente, rivestendo un ruolo altresì guerriero e non meramente di supporto — tale che esse potevano infatti anche aspirare a ruoli di comando.

Scythian Territorial Expanse, c. 700-300 BCE
L'espansione territoriale degli Sciti
Simeon Netchev (CC BY-NC-ND)

Le Amazzoni

Le donne guerriere a noi note come Amazzoni fecero il loro primo ingresso in storiografia grazie ad Erodoto (484 – 425/413 a.C. ca.), secondo il quale esse giunsero in Scizia quale sorta di forza d’invasione. Ibrido di mito e leggenda, queste Amazzoni si riteneva fossero figlie di Ares, il dio della guerra, e presentate in conflitto, quantunque perdenti, con gli eroi greci del mito, quali Eracle, Teseo, e Bellerofonte.

Sebbene il fascino del racconto delle Amazzoni abbia fatto sì che queste s’intrufolassero sin nella cultura pop moderna (Wonder Woman), la loro storicità sic et simpliciter è lungamente discussa. Nei resoconti, esse sembrano rivestire eminente ruolo nella vita militare e politica della loro gente, addirittura guadagnandosi uno rango sociale pari a quello degli uomini. Secondo la storia erodotea, una razza straniera di donne guerriere giunse sulle coste meridionali della Scizia; successivamente, i Greci le sconfissero, ma, radunate prigioniere su tre navi, una volta in mare esse uccisero le loro guardie. Ignare di tecniche di navigazione, restarono in balia di venti e onde sino a che non furono rispinte sulle coste scitiche — là razziando e rubando cavalli, e scatenando una guerra contro gli Sciti.

Amazon Warrior, Attic Relief Plaque
Guerriera amazzone, rilievo attico
Mark Cartwright (CC BY-NC-SA)

Erodoto non ci dà indicazione circa le sorti del conflitto, ma pare che gli Sciti restassero sufficientemente impressionati dalla prodezza bellica e dal coraggio delle Amazzoni — tali da incorporarle nella loro società e unirsi a loro. Lo stratagemma sarebbe stato quello d’inviare un proporzionale contingente di giovani uomini istruiti ad appropinquarsi alle Amazzoni senza combattere, e ripiegare verso il proprio accampamento se inseguiti. Quantunque le due fazioni parlassero lingue diverse, alla fine si sarebbero mescolate. Quando tuttavia gli uomini suggerirono di sistemarsi in Scizia, le Amazzoni avrebbero rifiutato, proponendo un viaggio ad oriente e la creazione di una propria nuova tribù autonoma. Erodoto insomma afferma i Sarmati essere il risultato di questa unione e parlare una lingua scitica ibrida. Inoltre queste donne guerriere avrebbero mantenuto la propria indipendenza, seguendone gli antichi usi, e sovente cacciando propria sponte o affiancando gli uomini in guerra. Avrebbero addirittura proibito alle figlie di contrarre matrimonio fino a che non avessero ucciso un uomo in combattimento. (Storie, IV, 110 – 117)

Le “regie donne” scite

Pienamente o in parte veridico che il resoconto di Erodoto sia, lo storico di II sec. d.C. Appiano di Alessandria conferma lo status bellico-governativo delle donne scite; descrivendo il trionfo celebrato per Pompeo Magno (106 – 48 a.C.) dopo la sconfitta di Mitridate VI del Ponto, egli include nella sfilata dei re e generali captivi le “regie donne degli Sciti” (“Σκυθῶν βασίλειοι γυναῖκες” — Storia romana, XII Guerre mitridatiche, 116-117). Il fatto che Appiano menzioni governanti femminili, plurime e coeve, indica uno status regio ampio, condiviso, comune, e cooperativo. Inoltre, il riferimento erodoteo a Tomiride, regina-guerriera scita vittoriosa su Ciro il Grande (r. 550 – 530 a.C. ca.), suggerisce nuovamente una tradizione di sovranità femminile (Storie, I, 205 – 214). E circa una tribù strettamente affine “che vive sul crocevia della Via della Seta, tra le regioni dell’Altai e la Cina nord-occidentale” (Mayor, 138), Erodoto riferisce anche che “tra i civili e retti succitati [Issedoni], le donne condividono il potere equamente con gli uomini” (Storie, IV, 26, 2).

Scythian Golden Pectoral from Tovsta Mohyla
Pettorale aureo scitico, da Tolstaja Mogila
Terminator (Public Domain)

Le stesse attestazioni archeologiche indicano un diffuso status bellico, se non regale, conferito alle donne scite. Nel 1993, verso la più orientale parte di quelli che furono i territori della confederazione scitica, ad Ak-Alakha sull’altipiano Ukok dell’Altai (odierna Russia, ai confini con Kazakistan, Cina, e Mongolia), gli archeologi rinvennero la sepoltura di una ricca Scita; ella, figura centrale dello scavo, fu sepolta con oggetti di rango e sei cavalli sellati, il che probabilmente la palesa esser stata figura apicale delle sue genti. Secondo Barry Cunliffe, in territorio sarmatico “un quinto di tutte le sepolture di guerrieri riportate alla luce, e databili tra il V e IV sec., è di donne; mentre in territorio scitico sono note più di quaranta sepolture di donne guerriere” (187).

Tuttavia, a netto dell’eccitante ricostruzione storica circa le leggendarie donne guerriere di Scizia, cosa possiamo dire delle non-guerriere, regolari donne lavoratrici? Si trattava di un gruppo avente commisurato rispetto all’interno dell’unità familiare e della comunità? La struttura della società scitica lo rendeva indubbiamente possibile.

La struttura sociale nomadica della Scizia

L’apicale governo scitico era sostanzialmente una forma di condiviso potere; quantunque Erodoto faccia riferimento a “re”, talvolta trasmettendone il nome, è più verosimile il governo scitico consistesse d’una confederazione di tribù e capi — una comune forma d’organizzazione sociale in Asia centrale. La struttura tribale scitica è descritta nel resoconto erodoteo dell’invasione della Scizia da parte dell’Impero persiano-achemenide sotto Dario I (522 – 486 a.C.); lo storico riferisce che, mentre un “gran capo” rappresentava l’intera Nazione Scitica nelle ambascerie e nei rapporti tra notabili, anche capi minori esprimevano tuttavia la propria opinione, con considerevole peso nell’attuazione delle decisioni prese.

IN EGUALE, PROLIFICO SFOGGIO, LE SCITE CONDIVIDEVANO COI LORO UOMINI GUSTI SOFISTICATI IN ARTE E MODA.

Quanto alla loro struttura sociale, e sebbene Erodoto faccia menzione di due classi stanziali di Sciti (la regale e la contadina), come piuttosto attestato da altre fonti antiche e indicato dalla loro organizzazione militaristica, gli Sciti furono principalmente nomadici — e più di una fonte ne menziona le case su ruote, a traino di buoi. Rispetto ai centri urbani delle socialmente più stratificate comunità agricole, la natura stessa dello stile di vita scitico (nomadismo su carri coperti) può aver generato un maggior grado di sinergia d’intenti e una società più aperta; quantunque ci fossero capi, tutti vivevano allo stesso modo e si muovevano contemporaneamente.

Non c’erano palazzi grandiosi con alte mura, richiedenti consuetudini di separazione sociale dell’élite; e, quando pure essi talvolta si stanziarono, le attività celebrative o cerimoniali erano coralmente condivise. Inoltre, ben lungi dall’eccessivo accumulo di ricchezza da parte di pochi, foriero di effetti sociali conflittuali in una interdipendente comunità di persone in movimento, quando si trattava delle quotidiane attività d’allevamento, commercio, artigianato, caccia e guerra, il contributo di tutti era anzi visibile oltre che essenziale. E a ognuna delle donne non guerriere spettava comunque il governo del proprio carro.

I carri scitici potevano essere riccamente e policromaticamente adorni — come gli stessi individui; infatti, quantunque si possa ritenere che nomadi in costante movimento vivessero spartanamente, le scoperte archeologiche ci svelano invece qualcosa di straordinariamente diverso. In eguale e prolifico sfoggio, le Scite condividevano coi loro uomini gusti sofisticati in fatto di arte e moda.

Parità di genere nel vestiario e nell’arte degli Sciti

La gran parte di ciò che circa la cultura scitica si è appreso viene da recenti ritrovamenti nei tumuli sepolcrali (kurgan) a nord del Mar Nero e nella regione dell’Altai mongolo. Sebbene le fonti scritte antiche monotematicamente si concentrino su un carattere nomadico e bellico, i corredi funebri scitici soggiungono un altro livello di nostra comprensione circa le loro considerevoli sofisticazione culturale e vivacità sociale. Non solo la loro intricata oreficeria, anche numerosi altri artefatti raccontano scene di vita comune; e così un pettine non è solo realizzativamente definito dalla sua funzione, ma è anzi adornato con scene di feroce guerra scitica — mentre un pettorale mostra scene di vita quotidiana: la mungitura di una pecora, due uomini che intessono una veste, vitello e puledri che vengono allattati.

I rinvenimenti sul Mar Nero, come pochi altri corredi sanno fare, offrono vivide istantanee del vestiario scitico, degli interessi, delle credenze, delle abitudini e immagini di vita quotidiana… Molti, come il succitato pettorale, riportano motivi di preda e predatore; altri temi comuni sono i gatti giacenti e i cervi reclinati, raffigurati in modo straordinariamente accurato o stilizzati in modo unico.

Scythian Gold Comb
Pettine aureo scitico
Maqs (Public Domain)

Uguagliandone il fantasioso gusto per l’oro, “le tombe ghiacciate dell’Altai offrono un’incomparabile visione dell’esuberanza dell’abbigliamento degli Sciti: l’amore per i colori brillanti e contrastanti, e le intricate decorazioni formate da cuciture, ricami, e inserti in pelle” (Cunliffe, 207). Si trattava di prodotti sfoggiati sia da uomini che donne. Caratteristica delle sepolture scitiche è la presenza di tombe di coppia; delle cinque sepolture nel sito di Pazyryk, “ognuna consisteva in un cubicolo [ipogeo] costruito con tronchi e contenente bare lignee solitamente d’un uomo e d’una donna” (Stepanova, 98). Presso questo e altri siti dell’Altai, unitamente ai resti umani sono stati rinvenuti tappeti colorati e tessuti di varie trame e ornamenti, tinti di verde, blu, giallo, rosso e arancione. Altri rinvenimenti constano di numerosi oggetti che ci caratterizzano una moda per così dire unisex; e oltre ad oggetti pratici come pettini e specchi presumibilmente usati da entrambi i sessi, numerose sono anche le placche auree zoomorfe nello stile astratto scitico.

Scythian Stag Plaque
Placca del cervo
Cleveland Museum of Art (Public Domain)

Sono altresì state rinvenute collane di gemme e perline vitree, e numerosi orecchini aurei con pendenti lavorati con granulazione. Nel sito noto come Pazyryk-2, un paio d’orecchini d’oro, con pendenti smaltati (in tecnica simile al cloisonné) erano indossati da una salma di donna con ambe le orecchie forate; gli uomini seppelliti nello stesso complesso presentano il lobo sinistro forato. Inoltre, nell’ambito dell’abbigliamento scitico, le calze di feltro erano popolari per entrambi i sessi. “Le calze femminili erano ornate con inserti di palmette di loto unite in ghirlanda, le calze maschili con motivi a forma di cuore” (Stepanova, 127). I copricapi potevano essere considerevolmente decorati: uno, appartenente a un capotribù, sfoggia un ornamento in forma d’aquila (di 34,5 cm) con la testa di un cervo nel becco; ma un altro, femminile, rinvenuto nelle vicinanze, avrebbe attratto simile attenzione coi suoi 40 cm. Tali copricapi, rinvenuti nei siti scitici dei monti Altai, e indossati su capo rasato (le donne aventi però uno chignon), erano tipicamente crestati con sagome di cervi, figure di uccelli, striature, e forcine a foglie d’oro. Ornamenti così esagerati erano sicuramente intesi a captare cospicua attenzione verso chi li indossava.

Sychtian Gold Helmet
Elmo aureo scitico
VoidWanderer (CC BY-SA)

D’importanza pari agli abiti alla moda, i tatuaggi godevano d’ampio appeal presso ambo i sessi. Gli odierni intenditori apprezzerebbero la propensione scitica per i tatuaggi d’intricate immagini stilizzate di gatti, cervi, montoni, antilopi, capre, e creature mitiche. Il corpo d’un uomo di rango rinvenuto a Pazyrk presenta gambe, petto, schiena, spalle, braccia e mani tatuate secondo la consuetudine scitica; una donna d’egual status, popolarmente ribattezzata come la “principessa siberiana”, ha tatuaggi di simile design e ampiezza. Proprio come gli odierni sono realizzati onde farne sfoggio, anche i tatuaggi scitici riflettevano un livello di reciproco apprezzamento.

Conclusioni

Nello studio delle donne scite, sappiamo tuttavia poco circa gli individui ordinari, poiché e i meravigliosi rinvenimenti nei kurgan sono riconducibili ad una élite, e le fonti antiche si focalizzano prevalentemente sulla loro propensione e valentia bellica. Tuttavia, un paragone tra la loro struttura sociale e più recenti genti nomadiche ventila l’ipotesi d’una particolare inclinazione all’equivalenza sociale. Come Adrienne Mayor attamente afferma:

Estese interrelazioni amichevoli-cameratesche caratterizzate da uguaglianza e senso d’interdipendenza costituiscono tipici e pratici modi vivendi in molte culture nomadiche e semi-nomadiche. Le antiche Saghe dei Nart del Caucaso alludono ad autorità, responsabilità e interdipendenza condivise tra uomini e donne, nonché ai reciproci amori ed affetti; e i viaggiatori europei della prima modernità sottolineavano altresì la grande libertà e il rispetto accordato alle donne del Caucaso. Inoltre ‘sereno cameratismo’ e ‘sfumatura dei confini tra i ruoli di genere’ sono locuzioni utilizzate onde descrivere l’egualitario stile di vita di alcuni nomadi dell’odierno Kazakistan e altre regioni una volta facenti parte della Scizia.” (138-39)

Pertanto, circa lo status femminile, la storia della Scizia ci offre un affascinante resoconto d’un gruppo di donne guadagnatesi un ruolo più equo e contributivo. Poiché la struttura sociale nomadica degli Sciti generava uguaglianza, alcune donne solevano recarsi in guerra al fianco degli uomini mentre altre erano sovrane a pieno titolo. La vivacità e la raffinatezza dell’arte scitica era pari a un condiviso e sofisticato gusto; e l’eguale accesso a, uso, e sfoggio di abiti e ornamenti per ambo i sessi (incluse le donne non guerriere), come testimoniato dei rinvenimenti nei kurgan, indica un reciproco apprezzamento interpersonale e degli oggetti. Quantunque questo mutuo rispetto, se declinato ai più alti livelli sociali, rischi suggerire un nostro bias di conferma, un nostro volerci rispecchiare nel passato, la nota propensione degli odierni nomadi per un’ampia parità sociale indica al contempo un certo livello di filiazione antica del fenomeno. E, ad ogni modo, quanto ad assertività femminile, va riconosciuto la storia delle donne scite occupi un posto unico nella storia antica.

Info traduttore

Alfonso Vincenzo Mauro
Interprete e traduttore a Vietri sul Mare (SA). Condirettore del festival di cultura 'La Congrega Letteraria', a Vietri sul Mare. Corso di laurea in Storia, Universita' degli Studi di Napoli 'Federico II'.

Info autore

Patrick Scott Smith, M. A.
Patrick Smith, MA, ha presentato ricerche per l'American Schools of Oriental Research e la Missouri Academy of Science. Come scrittore per l'Associazione per lo Studio scientifico della Religione ha vinto nel 2015 il Frank Forwood Award per l'Eccellenza nella Ricerca.

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A., P. S. S. M. (2021, giugno 30). Le donne scite [Scythian Women]. (A. V. Mauro, Traduttore). World History Encyclopedia. Estratto da https://www.worldhistory.org/trans/it/2-1783/le-donne-scite/

Stile CHICAGO

A., Patrick Scott Smith, M.. "Le donne scite." Tradotto da Alfonso Vincenzo Mauro. World History Encyclopedia. Modificato il giugno 30, 2021. https://www.worldhistory.org/trans/it/2-1783/le-donne-scite/.

Stile MLA

A., Patrick Scott Smith, M.. "Le donne scite." Tradotto da Alfonso Vincenzo Mauro. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 30 giu 2021. Web. 21 dic 2024.