Nella Battaglia della Foresta di Teutoburgo del 9 d.C., una forza barbara disordinata annientò tre legioni romane, lasciando l'imperatore romano Augusto (27 a.C. - 14 d.C.) a vagare di notte nel suo palazzo e gridare al comandante sconfitto, Publio Quintilio Varo, di rendergli le sue legioni. La sconfitta non solo arrestò l'espansione dell'Impero Romano ma creò anche la suddivisione Latino-Germanica che persiste ancora oggi in Europa occidentale.
Varo in Germania
Nel 9 d.C. Publio Quintilio Varo, il primo governatore della nuova provincia romana della Germania, stava lasciando i suoi acquartieramenti estivi vicino a Minden diretto alla fortezza legionaria di Moguntiacum (odierna Mainz, alias Magonza) quando giunse voce che una piccola tribù di Germani si era ribellata. Le ribellioni non erano una novità per Varo: nel suo precedente inarico quale governatore della Syria, aveva ricevuto il compito di imporre un rigido regime fiscale sulla poloazione locale, e come avveniva quasi sempre nel momento in cui un popolo concquistato iniziava a sentire il giogo delle pretese fiscali di Roma, la Giudea irruppe in rivolta. Con l'utilizzo della strategia romana per soffocare le insurrezioni, Varo marciò rapidamente con due delle sue quattro legioni per liberare una legione intrappolata a Gerusalemme. Al suo arrivo, la città di Seffori (o Zippori) venne presa d'assalto e la sua popolazione venduta come schiava. Alla vista delle potenti legioni, unitamente ad esempi quali Seffori, stroncò la volontà dei rivoltosi, e Gerusalemme si arrese senza combattere, fatto che non trattenne Varo dal crucifiggere 2,000 sospetti ribelli.
Avendo aggiunto un ulteriore esempio vincente alla strategia romana, Varo non vide alcun motivo per modificare una metodologia comprovata. Muovendo rapidamente ai primi segnali di ribellione in Germania, egli mosse con le tre legioni a sua disposizione - XVII, XVIII, XIX. Sfortunatamente per Varo, il suo avversario, Arminio, era stato educato ed addestrato alla romana e, quindi, molto a conoscenza della strategia romana.
Distesa su oltre dieci miglia ed in marcia come se avesse poco di cui preoccuparsi, la colonna romana divenne insolitamente disunita ed indisciplinata. Per come i legionari li vedevano, dopo anni di campagne da parte di Tiberio e di suo fratello Druso, i germani erano un popolo di sconfitti. Alcuni di essi si potevano ribellare di tanto in tanto, ma pochi consideravano ciò più preoccupante delle sporadiche rivolte in Gallia dopo la concquista di Giulio Cesare. Di conseguenza, molti legionari erano in marcia disarmati al seguito degli altri dell'accampamento quando ebbe luogo il disastro.
La foresta di Teutoburgo
La pioggia giunse presto durante il secondo giorno di marcia, divenendo più intensa quando alla mattina sopraggiunse il pomeriggio. Lottando contro la pioggia battente ed i venti sferzanti, i legionari avanzavano arrancando nel fango che costrinse il convoglio delle salmerie a muoversi lentamente. Affastellati contro gli elementi, divennero insensibili a tutto tranne che alla loro miseria. Entrando in uno stretto passaggio tra due sezioni della foresta di Teutoburgo, gli ignari romani non si resero conto della trappola tesa con cura e disgraziatamente vi marciarono dentro.
Bersagliate da tutti i lati da dardi, le legioni caddero nel caos, incoraggiando i guerrieri germani ad avvicinarsi ulteriormente, scagliando sempre più dardi e travolgendo parti della colonna romana. Gradualmente ma inesorabilmente, i centurioni temprati dalle battaglie riportarono ordine nella colonna vacillante mentre, radunando i legionari presso i loro stendardi, estraevano spade e conducevano contrattacchi. Dopo una lotta feroce, i primi frenetici assalti dei germani vennero respinti. I romani avevano guadagnato tempo e Varo aveva ancora a portata di mano la maggior parte delle tre legioni di veterani scosse ma in rapido recupero. Mentre i sopravvissuti costruivano un accampamento fortificato e bruciavano il loro ingombrante convoglio di vettovagliamento, Varo tenne un consiglio di guerra, che decise di marciare verso occidente, alla volta della base romana di Xanten. Pur se a seguito di una nottata miserabile, le legioni ancora imperterrite rapidamente fecero breccia attraverso le linee dei germani e si diressero verso occidente.
Varo, ancora una volta, giocò una mano a favore di Arminio. Mentre le legioni risolute marciavano nello stretto passo di Kalkrieser-Niederweder-Senke, Arminio ed il grosse delle sue forze di germani aspettavano dietro un vallo eretto lungo l'intero tratto del passo di quattro miglia. Anche se i romani furono nuovamente assaliti da tutti i lati, questa volta essi erano pronti a fronteggiare l'assalto. Tuttavia, anzichè offrire uno scontro frontale, i germani rimasero dietro la copertura del loro vallo protettivo, scagliando dardi a migliaia. La maggior parte dei romani si accovacciarono dietro i loro scudi mentre alcune coorti, non volendo rimanare quali bersagli passivi, avanzarono sulle posizioni dei germani. La maggior parte di questi assalti privi di supporto vennero facilmente respinti, ma alcuni riuscirono a fare breccia, solo per poi essere sopraffatti dalle migliaia di germani in attesa dietro il vallo.
Come
la coesione romana iniziò a collassare, Arminio scatenò i suoi guerrieri ammassati sulle legioni vacillanti. In migliaia caddero con entrambe le parti che fendevano l'un l'altra con spade ed asce. Le perdite dei germani devono essere state maggiori, ma essi erano continuamente rinforzati durante tutto il giorno, mentre i romani, ancora distanti cento miglia dalla loro fortezza, disperavano di poter essere aiutati.
I resti della colonna romana si ritirò verso occidente, probabilmente verso Osnabrück, e si accampò per la notte in cima ad una collina circostante. Senza l'energia per fortificare il loro accampamento, i legionari si accalcarono contro gli elementi e una marea crescente di barbari. La loro malinconia crebbe quando si venne a sapere che la cavalleria aveva disertato e Varo si era suicidato. Il quarto giorno, essi subirono nuovamente un'imboscata in una zona boscosa, e per mezzogiorno era tutto finito. Dopo uno scontro in movimento di quattro giorni, i germani avevano cancellato tre legioni. I sopravvissuti romani vennero torturati prima di essere impiccati od arsi vivi. Le loro teste vennero inchiodate ad alberi od i teschi portati a casa come trofeo.
Conseguenze
Sei anni più tardi Germanico, alla testa di un nuovo esercito romano in cerca di vendetta, ritrovò il sito della battaglia. Tacito ha riferito l'evento:
Nella pianura in mezzo c'erano ossa sbiancate, sparse o in piccoli mucchi, come gli uomini erano caduti, in fuga o in piedi. Difficile da posare lance scheggiate e arti di cavalli, mentre teschi umani erano inchiodati in modo prominente sui tronchi degli alberi. Nei boschi vicini stavano gli altari selvaggi sui quali avevano massacrato i tribuni e i capi centurioni.
In un istante virtuale, la potenza romana ad est del Reno svanì, e due decadi di sforzi romani per assoggettare la Germania finirono in rovina. Sconvolto dal collasso della sua politica e dalla perdita irreparabile di tre delle 28 legioni dell'Impero Romano, Augusto si mise in lutto, si strappò gli abiti, e si lasciò crescere i capelli e la barba. Mentre si aggirava nelle sale della sua residenza, antiche fonti affermano, che di quando in quando egli si fermasse e sbattendo il capo contro un muro, gridasse, "Varo, rendimi le mie legioni".