I conquistadores iberici furono i primi europei a esplorare, fare la guerra e impadronirsi di territori nelle Americhe e in Asia che sarebbero entrati a far parte degli imperi spagnolo e portoghese. I popoli indigeni non potevano competere con le armi dei conquistadores quali cannoni, spade, balestre e lance, senza contare la più devastante di tutte, cioè, la cavalleria corazzata.
La superiorità delle loro armi, unita all'uso disciplinato di tattiche militari e al significativo aiuto dei loro alleati indigeni, permise loro di tener fede al loro nome più e più volte, dal Messico al Perù, dall'India alle Filippine. Una volta che i conquistadores avevano imperversato come una piaga, il processo di colonizzazione vero e proprio veniva portato avanti dai coloni e dai funzionari, inviati dalle corone spagnola e portoghese per "pacificare" la regione e iniziare il sistematico e prolungato sfruttamento dei nativi e delle loro risorse.
L'avanguardia dell'impero
I conquistadores del XV e XVI secolo furono le avanguardie degli imperi spagnolo e portoghese nella loro espansione al di fuori dell'Europa. Erano uomini che avevano accumulato esperienza militare e il gusto per la vittoria in conflitti come la Reconquista e le guerre in Italia. Dotati di dubbia moralità, erano motivati al di là di ogni cosa da sogni di ricchezze personali. Obiettivi come esplorazione, commercio ed evangelizzazione, che tanto preoccupavano le autorità spagnole e portoghesi, per la maggior parte di loro erano secondari. Alcuni conquistadores, in particolare i capi, possono aver avuto interesse in obiettivi nobili come l'esplorazione e la "civilizzazione" dei popoli che incontravano, ma la truppa era composta da invasori crudeli che, per soddisfare la loro sete di ricchezza e di oro in particolare, non si fermavano davanti a niente, nemmeno all'uccisione dei loro compagni europei. I conquistadores divennero un problema tale che le monarchie europee furono sempre più desiderose di rimpiazzarli il prima possibile in ogni nuovo territorio con ufficiali coloniali più controllabili.
Gli indigeni erano l'ostacolo maggiore tra i conquistadores e la ricchezza che avrebbero potuto riportare con loro in Spagna. Naturalmente, le tribù locali, non appena realizzarono che questi visitatori provenienti da un altro mondo erano invasori dediti alla conquista, resistettero al meglio delle loro forze per conservare la loro terra, le loro risorse e la loro stessa sopravvivenza culturale. Sfortunatamente, pur essendo molti di loro abili nel combattimento, erano secoli, se non ere indietro rispetto agli europei in termini di armamenti. La superiorità delle armi dei conquistadores era tale che non avevano paura di ingaggiare uno scontro con eserciti molto più numerosi; le loro innumerevoli vittorie li facevano sembrare invincibili.
L'arsenale dei conquistadores
Una formazione di conquistadores poteva fare affidamento su un impressionante gamma di armamenti:
- cannoni
- archibugi
- balestre
- spade
- alabarde
- picche
- lance
- pugnali
- cani da combattimento
I cannoni erano di diverse dimensioni, e andavano da quelli portatili a quelli più grandi montati su ruote, adatti per attaccare fortificazioni difensive. Tra le diverse varietà erano presenti colubrine, falconetti e lombarde, solo per nominarne una piccola parte della miriade in uso all'inizio dell'Età moderna. Rispetto ai campi di battaglia in Europa, il numero di cannoni usato era molto ridotto, a causa del loro costo e del peso, nonché della scarsità di munizioni. Per citare un esempio, il gruppo guidato da Hernán Cortés (1485-1547), che conquistò la civiltà azteca in Messico dal 1519, aveva con sé solo 18 cannoni di vario tipo. La mancanza dei preziosi cavalli e di bestie da soma locali comportava l'uso di portantini umani, che spesso si legavano ai cannoni per trascinarli da una battaglia all'altra. Nonostante questo, un pugno di cannoni, caricati a mitraglia e con pezzi di metallo, poteva causare danni fisici e psicologici tremendi al nemico, completamente disabituati al terrore che scatenavano. Il fumo, il rumore e ovviamente le terribili ferite che gli indigeni non avevano mai visto prima, valevano la pena di trasportarli sui campi di battaglia.
Gli archibugi erano difficili da maneggiare, e richiedevano una miccia sempre accesa e dei supporti per le loro lunghe canne, che andavano da 1 a 1,5 metri. Il lungo tempo di ricarica permetteva loro di sparare un colpo ogni 90 secondi, il che era un altro fattore negativo per l'uso efficace di queste armi da fuoco. Usato assai meno rispetto ai più ordinati campi di battaglia europei, l'archibugio era più utile come arma psicologica per instillare paura nel nemico piuttosto che per ferirlo. Tuttavia, si dimostrarono efficaci negli assedi, sia in difesa che in attacco, quando gli sparatori venivano protetti da barriere o bastioni che gli permettevano di ricaricare in sicurezza.
Un'altra arma molto efficace in Europa ma meno in questo contesto era la balestra. Le balestre erano di tutte le dimensioni e venivano costruite in acciaio, legno, osso e canne. Potevano sparare un dardo con una potenza tale da perforare le armature di metallo e avevano una gittata che arrivava fino a 305 metri. Il problema era che gli indigeni non avevano tali armature, e la precisione che aveva nell'uccidere un singolo avversario era inutile quando si aveva a che fare con un nemico che attaccava in migliaia di unità su un fronte molto ampio. Come per l'archibugio, il complesso meccanismo della balestra, in cui la corda era spinta indietro usando un cricchetto o una chiave, e la grande vulnerabilità dei suoi componenti alle condizioni climatiche locali, portarono a seri problemi sulla sua affidabilità. Il lungo tempo di ricarica, che permetteva di sparare una freccia al minuto, la rendeva più adatta agli assedi. Un'altra seria limitazione per le armi a proiettili come cannoni, archibugi e balestre era il problema di rifornirle continuamente con munizioni e polvere da sparo.
Piuttosto che in questa tipologia di armi, dunque, il vero vantaggio dei conquistadores consisteva nel combattimento ravvicinato corpo a corpo. Le lance, lunghe tipicamente dai 3 ai 4 metri, dotate di punte di metallo, erano molto efficaci nel perforare le corazze dei nativi.
Le spade avevano stili e lunghezze differenti ma, generalmente, le lame di questo periodo erano lunghe circa un metro, sottili e a doppio taglio. Le lame in acciaio di Toledo, con l'estremità acuminata, potevano essere usate sia per colpire di punta che per tirare un fendente in due direzioni. Molto spesso, quando un guerriero nativo riusciva ad abbattere un conquistador, quest'ultimo poteva colpirlo e procurargli una ferita fatale al petto. Le spade avevano un'impugnatura a una mano o a due, con la guardia composta da un semplice pezzo di ferro. Secondo il tipo europeo più diffuso all'epoca, la barra della guardia aveva una forma a S, con una parte piegata all'indietro che proteggeva la mano, mentre la parte piegata in avanti strappava l'arma dalle mani del nemico. Il falcione in acciaio, molto popolare tra i conquistadores, era leggero ed economico da produrre, e la sua lama curva mostra una chiara influenza delle armi usate dai Mori di Spagna. Gli europei sapevano che le spade davano loro un vantaggio vitale e, per questo motivo, era proibiti ai nativi americani possederne una nei territori controllati dagli spagnoli.
In ultimo, un'altra arma mai vista prima in America erano i feroci cani da combattimento impiegati dai conquistadores. Tra questi c'erano cani lupo, mastini e levrieri, portati per la caccia e per attaccare il nemico in branco. Un levriero era alto fino a 80 centimetri e pesava circa 40 chili, e incuteva molta paura in popoli come gli aztechi, abituati solo ai chihuahua. I cani erano utilizzati anche per giustiziare lentamente i prigionieri.
La cavalleria e le armature
Altri due fattori che avvantaggiavano i conquistadores nel combattimento con gli indigeni erano i cavalli e le armature. La cavalleria, quando impiegata su un terreno adatto e in formazione disciplinata, si rivelò invincibile nelle Americhe. Il conquistatore e cronista Pedro de Cieza de León descrive adeguatamente il cavallo come una "fortaleza per gli spagnoli", cioè, una fortezza (Sheppard, 44). Tuttavia, il loro trasporto attraverso l'oceano non era un compito logistico facile. Inoltre, avevano un costo esorbitante, che spiega perché una formazione come quella di Francisco Pizarro (circa 1478-1541), che attaccò gli Inca in Perù nel 1532, all'inizio ne avesse solo 62 esemplari.
I cavalieri spesso indossavano un'armatura che copriva i tre quarti del corpo e degli stivali di cuoio, che facilitavano e velocizzavano i movimenti. Possedevano tipicamente una corazza, protezioni per la parte alta delle gambe e guanti di metallo. Con il proseguire della conquista delle Americhe, le armature diventarono tendenzialmente più leggere, dato che non dovevano proteggere da pallottole e dardi. In ogni caso, l'umidità del clima distruggeva il metallo di cui erano composte, anche se gli spagnoli tentarono di rimediare dipingendo i pezzi di nero. Molti conquistadores adottarono le armature locali, come giacchette imbottite di cotone o fibre di agave, che erano state immerse in una soluzione di acqua salata per indurirle sufficientemente per contrastare le frecce.
I cavalieri avevano degli elmetti, che di solito non erano dotati di guardia per il viso. Il cavallo poteva essere protetto con placche d'acciaio sotto il collo e sulla fronte. Le selle di cuio avevano delle placche aggiuntive per offrire un'ulteriore protezione per la coscia e l'inguine. Con questo sistema, un soldato poteva caricare usando il cavallo come un ariete, avvantaggiandosi pienamente dell'altezza superiore colpendo i nemici con la spada o infilzandoli con la lancia. Potevano portare anche un piccolo scudo circolare in acciaio usato per parare i colpi. Erano in uso anche degli scudi di cuio indurito, perché erano più leggeri e sufficienti a contrastare i colpi delle armi non europee.
Un cavaliere aveva una velocità e una manovrabilità superiore rispetto a un soldato di fanteria. Il cronista Cieza de León descrive l'efficace combinazione tra le balestre e la cavalleria in Messico:
...dopo aver allestito due compagnie con balestre, scudi e picche, e altre due con cavalli, il comandante Rojas si avvicinò al più numeroso squadrone di indiani da due parti, affinché le balestre potessero ferirli gravemente...poi attaccò dai lati con i cavalli in formazione chiusa e stretta. Gli indiani vennero calpestati e uccisi dalle lance, il loro squadrone andò in rotta...vennero sconfitti e dispersi. (Sheppard, 45)
La fanteria, che costituiva il grosso di ogni esercito di conquistadores, indossava elmetti più semplici, come la bigoncia, o celata, il cabasset, il morione e la borgognotta, che aveva i margini discendenti. Il torso poteva essere protetto da una corazza di placche di metallo, attaccate a un supporto di lino o di cuoio, o da una cotta di maglia. Per il collo si indossava un collare di metallo o una gorgiera, che si poteva alzare per proteggere la parte più bassa della faccia. Nel corso del tempo, la fanteria dei conquistadores adottò armature locali più leggere, dato che erano efficaci contro le armi degli indigeni.
La risposta del nemico
I popoli indigeni erano equipaggiati con le loro armi, costituite principalmente da armi da taglio con lame di bronzo, rame o da materiali come l'ossidiana, molto tagliente ma che si spezzava facilmente. Altre armi usate comunemente erano arco, fionde, giavellotti, bastoni taglienti, mazze chiodate, asce da battaglia e lance. Le lame e le punte erano fatte di ossidiana o di legno indurito dal fuoco, ma non riuscivano a perforare il metallo delle armature europee. Solo un colpo diretto in un punto non protetto come il viso poteva mettere in seria difficoltà i conquistadores. È per questo che i cronisti riportano frequentemente ferite al naso, agli occhi e perdita di denti, ma raramente segnalano la morte dei conquistadores. L'armatura indigena è già stata menzionata precedentemente; poteva essere implementata da un piccolo scudo di legno, canna o cuoio. Come detto, non riuscivano a contrastare le armi da fuoco o le tecniche degli spadaccini europei.
I conquistadores non erano certo invincibili, ma sembrava che lo fossero. Nelle battaglie in campo aperto, la cavalleria europea regnava sovrana, e alla fine gli eserciti indigeni evitarono questo tipo di scontro. I Maya in particolare adottarono tattiche di guerriglia, compiendo imboscate e attacchi notturni di grande efficacia. Durante l'assedio di Cusco del 1536-7, un esercito Inca resistette fieramente e in maniera prolungata contro i conquistadores. Ci furono anche numerosi rovesci per gli spagnoli, nel momento in cui i guerrieri locali usavano la loro conoscenza del luogo o quando gli invasori diventavano troppo sicuri di sé o si isolavano in piccoli gruppi.
I nativi si adattarono presto alle nuove minacce poste dalle armi sconosciute e dalla cavalleria. Durante la caduta di Tenochtitlan, nel 1521, i guerrieri aztechi si assicurarono di evitare i colpi delle armi da fuoco. Scavarono delle buche con degli spuntoni per intrappolare i cavalli e riutilizzavano le spade che raccoglievano, attaccandole a lunghi bastoni. I nativi avevano le loro armi uniche, che gli europei non conoscevano e che gli costarono molte perdite prima che imparassero a contrastarle. Gli Inca svilupparono le bolas, formate da molte palle tenute insieme con cinturini di cuoio, fatte apposta per buttare a terra i cavalli. I popoli del Venezuela usavano lunghe picche contro la cavalleria con grande efficacia. I nativi della costa della Colombia impiegavano frecce avvelenate per difendere con successo i propri territori. Nonostante diverse sconfitte però, in generale i soldati europei vinsero senza sosta tutte le battaglie chiave.
Oltre alle armi indigene, erano presenti altre minacce per i conquistadores. Malattie tropicali, serpenti velenosi, la fame e gli scontri interni portarono alla scomparsa di molti di loro. La storia però, prese un'altra direzione. Con l'arrivo di ondate di coloni e amministratori nei primi territori strappati dai conquistadores, gli imperi spagnolo e portoghese alla fine si estesero in tutto il globo, e ciò fu reso possibile dalla combinazione di una strategia di guerra totale e l'uso di alleati locali. Un aiuto inestimabile alle ambizioni imperiali fu il collasso quasi totale a livello politico e sociale delle strutture locali nelle aree colonizzate a causa della diffusione delle malattie europee, un nemico invisibile molto più letale delle armi dei conquistadores.