La battaglia di Plassey, avvenuta il 23 giugno del 1757, vide un contingente della Compagnia delle Indie Orientali, comandato da Robert Clive, sconfiggere un esercito più numeroso, guidato dal Nawab del Bengala. La vittoria consentì alla Compagnia di assicurarsi nuove ricchezze e segnò l'inizio della sua espansione territoriale nel subcontinente indiano. Pur essendo stata poco più di una schermaglia, Plassey è spesso considerata come l'inizio del dominio britannico in India.
Clive e l'espansione della Compagnia delle Indie
La Compagnia delle Indie Orientali (chiamata in inglese East India Company: EIC) venne fondata nel 1600 e, alla metà del XVIII secolo, aveva reso i suoi azionisti immensamente ricchi grazie al monopolio del commercio con l'India. Di fatto, era il braccio coloniale del governo britannico in India anche se, per proteggere i suoi interessi, utilizzava il suo esercito privato e assoldava truppe dall' esercito regolare britannico. Negli anni Cinquanta del Settecento, l'EIC era ansiosa di espandere la sua rete commerciale instaurando un controllo territoriale più attivo sul subcontinente indiano.
Robert Clive (1725-1774) si era già distinto al servizio della Compagnia durante l'assedio di Arcot, dove resistette con le sue truppe per 52 giorni. Successivamente, ottenne un'altra vittoria ad Arni, nel dicembre del 1751. Gli fu poi affidato il comando dell'artiglieria dell'EIC a Tiruchirappalli, nel giugno del 1752. Nel 1755, Clive era ormai diventato tenente colonnello dell'esercito dell'EIC, e il suo nome venne preso in considerazione per la nomina a prossimo governatore di Madras; tuttavia, il vero problema della Compagnia era il Bengala.
Il Bengala aveva un nuovo Nawab, Siraj ud-Daulah, nato nel 1733. Siraj ud-Daulah aveva appena vent'anni ed era un giovane spericolato quando assunse la carica nell'aprile del 1756. Ereditò il titolo da suo nonno Alivardi Khan e la sua nomina fu una sorpresa. La decisione di designarlo principe ereditario era stata presa quattro anni prima e aveva spaccato la corte reale del Bengala proprio nel momento in cui sarebbe dovuta restare unita per fronteggiare la sua sfida più grande.
Il nuovo Nawab si risentì per la presenza dell'EIC nella regione, e marciò su Calcutta nel giugno del 1756. Siraj ud-Daulah era particolarmente arrabbiato perché la Compagnia aveva costruito delle fortificazioni a Calcutta senza il suo permesso, e aveva rifiutato la sua richiesta di rimuoverle. Arrivato in città con il suo esercito, riuscì a prendere Calcutta dopo un breve assedio. A questo punto, l'EIC si vide obbligata a rispondere alla perdita di uno dei suoi centri commerciali più importanti; un curioso incidente però fece prendere il sopravvento all'ala militarista della Compagnia nei confronti di coloro i quali preferivano che restasse un ente puramente commerciale. Dopo la caduta della città, alcuni civili e una parte del personale militare che si trovavano nel forte della città furono catturati e tenuti in una piccola prigione scarsamente illuminata e poco ventilata, nota alla popolazione locale con il nome di "buco nero di Calcutta". Secondo la testimonianza di un prigioniero, sopravvissero solo 23 uomini sui 146 prigionieri originari (maschi e femmine): tutti gli altri morirono disidratati a causa del terribile calore presente all'interno della cella affollata. Gli effetti della storia del "buco nero" spinsero la Compagnia a dare una risposta militare.
L'EIC affidò un esercito a Robert Clive per ristabilire una presenza commerciale all'interno di Calcutta. Avendo a disposizione cinque navi e 1.500 uomini, Clive riuscì a riconquistare Calcutta nel gennaio del 1757. Siraj ud-Daulah però poteva ancora contare su un grande esercito. Per di più, i rivali della Compagnia francese delle Indie Orientali controllavano la città di Chandannagar, proprio sulla costa. Clive si decise a intraprendere un'azione militare risolutiva. Sempre nel mese di gennaio, riuscì a prendere il forte di Hughli, che venne cannoneggiato e distrutto dalla flotta dell'EIC. Attaccò anche l'esercito del Nawab fuori Calcutta, ma ebbe meno successo e fu costretto a ritirarsi. Entrambe le parti diffidavano l'una dell'altra e temevano le pesanti perdite che ci sarebbero state in caso di scontro, ma adesso era in gioco il controllo del Bengala. I due contendenti siglarono un trattato di pace, ma erano coscienti del fatto che si trattasse solo di una pausa temporanea. Nel frattempo, Clive sapeva di dover affrontare la minaccia della presenza dei francesi nella regione. Nel marzo del 1757, Clive attaccò e prese Chandannagar, ponendo fine alle residue ambizioni francesi nel Bengala. Quando i Seth di Murshidabad, una dinastia di finanzieri indù, si preoccuparono del fatto che un conflitto più ampio avrebbe potuto causare l'eventuale scomparsa dei mercanti europei dalla regione, ritirarono il loro supporto al Nawab, che ora restò isolato. Clive non esitò a cogliere l'attimo.
Formazioni di battaglia
La battaglia ebbe luogo il 23 giugno del 1757, vicino il villaggio di Plassey (Palashi), nel Bengala, sulle rive del fiume Bhagirathi. Pochi giorni prima, Clive aveva preso il forte di Katwa, che era pieno di utilissime derrate alimentari. Dopo la cattura del forte e della vicina città, Clive non sapeva come procedere. Il tempo era terribile perché era in corso la stagione dei monsoni; inoltre, non disponeva di cavalleria. Tuttavia, se non avesse oltrepassato subito il fiume, presto si sarebbe ingrossato troppo e l'attraversamento sarebbe stato impossibile. Pose il problema al suo consiglio di guerra, ma i comandanti erano divisi tra chi voleva ritirarsi, coloro che volevano aspettare condizioni migliori e quelli che pressavano per dare battaglia. Clive ponderò ancora la situazione e, dopo circa un'ora, prese la fatale decisione di attaccare.
Dopo aver marciato sotto la pioggia e il fango, Clive stabilì il suo centro di comando in un capanno da caccia vicino a un terreno paludoso in cui sorgeva una mangrovia. La mangrovia, parzialmente sommersa, si rivelò una ridotta migliore di quanto si possa pensare: l'esercito di Clive ora era ben protetto su due lati da un vecchio muro e da una sponda piuttosto alta di fronte a un lungo fossato. I due eserciti erano letteralmente a un tiro di schioppo l'uno dall'altro. Dal tetto del capanno da caccia, Clive poté vedere i suoi nemici, di cui offre la seguente descrizione:
Gli elefanti coperti di tessuti scarlatti, i cavalieri con le spade sguainate che brillavano al sole, il loro pesante cannone trainato da un enorme convoglio di buoi e i loro stendardi sventolanti li rendevano sfarzosi e favolosi alla vista.
(Dalrymple, 126-7)
Clive era al comando di un esercito composto da 1.400 soldati indiani, i cosiddetti sepoy, e 700 fanti e artiglieri europei, tra cui 250 veterani del 39° Reggimento di fanteria dell'esercito britannico. Alcuni storici affermano che il contingente arrivava a 3.000 uomini, includendo però i marinai delle cinque navi che avevano accompagnato Clive nella sua spedizione in Bengala. L'esercito del Nawab era molto più grande e ammontava a circa a 50.000 soldati ben addestrati, tra cui c'era un piccolo gruppo di circa 50 artiglieri francesi dotati di quattro cannoni. Tuttavia, la lealtà di questi uomini verso il Nawab, e persino di alcuni dei comandanti, era altamente discutibile. Entrambi gli eserciti erano dotati di fucili a pietra focaia, spade, alabarde e lance. Clive aveva solo dieci cannoni a sua disposizione, contro i 51 del Nawab (53 secondo lo stesso Clive).
L'attacco
I combattimenti iniziarono intorno alle 8:00 a.m. con il consueto bombardamento di artiglieria condotto da entrambe le parti. A questo punto, uno dei generali del Nawab, Mir Jafar (1691-1765), mandò un messaggio a Clive con la conferma di ciò che gli aveva promesso precedentemente: non avrebbe combattuto per il Nawab. Sfortunatamente, i cannoni dell'EIC erano già impegnati a bombardare proprio la sezione del campo di battaglia dove si trovavano le truppe di Mir Jafar. Fu allora che un pesante temporale fece pendere la bilancia a favore di Clive. I cannoni del Nawab non erano stati protetti, mentre Clive li aveva saggiamente coperti con dei teloni per mantenere le polveri asciutte. Quando la tempesta terminò, Siraj ud-Daulah, pensando che anche i cannoni di Clive fossero fuori uso, mandò dentro la cavalleria. L'artiglieria britannica aprì nuovamente il fuoco uccidendo Mir Madan, uno dei comandanti più fedeli al Nawab. Dopo una pausa di alcune ore, Clive fu costretto ad appoggiare un'avanzata del suo secondo in comando Kilpatrick che egli non aveva ordinato; i suo secondo aveva visto l'estremità del fianco destro dello schieramento nemico che si stava iniziando a ritirare, e così i britannici decisero di inseguirli per portargli pressione e ottenere un vantaggio. L'esito di questa decisione fu un massacro per le truppe di Siraj ud-Daulah, che iniziarono ad abbandonare il campo di battaglia in tanti gruppi.
Gli artiglieri dell'esercito del Nawab tentarono di far funzionare ancora i cannoni, ma ciò si rivelò più d'ostacolo che d'aiuto, come spiega lo storico Lawrence James:
Erano dotati di cannoni pesanti da 24 e 32 libbre, ciascuno dei quali montato su una piattaforma trainata da quaranta o cinquanta buoi, e spinta in posizione da elefanti. Questa modalità di trasporto si rivelò un disastro per gli artiglieri, perché non appena vennero uccisi tre elefanti, il resto dei pachidermi si imbizzarrì. Anche i buoi, terrorizzati dal fuoco, si fecero prendere dal panico e corsero via, portando con sé i loro condottieri. Come se non fosse già abbastanza, un osservatore notò che gli artiglieri indiani sembravano impacciati, e in una occasione misero accidentalmente fuoco ai loro stessi barili di polvere che, esplodendo, crearono solo altra confusione all'interno di quel pandemonio. (35).
Vedendo la palese mancanza di lealtà tra i suoi comandanti, Siraj ud-Daulah si ritirò prontamente sul suo cammello. Le riserve di Clive inseguirono una parte dei nemici in ritirata nel corso di una sanguinosa baraonda che coinvolse uomini, cammelli ed elefanti in preda al panico. La battaglia, rivelatasi poco più che una schermaglia, fu vinta intorno alle 5 p.m., con i britannici che avevano subito appena 50 contro le 500 dell'esercito del Nawab.
Conseguenze
Dopo la battaglia, Siraj ud-Daulah venne catturato, pugnalato a morte e rimpiazzato da Mir Jafar. L'enorme tesoro dell'ex-Nawab venne distribuito tra i vincitori com'era usuale, e Clive diventò ancora più ricco di quanto già non fosse, arrivando a un patrimonio stimato in 50 milioni di dollari statunitensi attuali. Mir Jafar, come ringraziamento, concesse a Clive anche le cosiddette jagir, cioè i diritti di riscossione delle entrate tributarie nell'area di Calcutta. Clive poté riferire con giubilo agli amministratori dell'EIC a Londra che adesso avevano il "potere di esercitare la propria grandezza a loro piacimento nel regno del Bengala" (James, 36). Lo storico revisionista Jon Wilson ci offre una valutazione più realistica della battaglia di Plassey: "ci si assicurò semplicemente che il caos politico all'interno del Bengala durasse più a lungo di quanto avrebbe fatto altrimenti" (103). Qualunque siano stati gli eventi sul campo e le loro immediate conseguenze, Plassey venne presentata dalla propaganda dell'epoca come una grande vittoria, in primis dallo stesso Clive, che descrisse molte volte l'evento come niente meno che una "rivoluzione". È anche significativo il fatto che i membri del 39° Reggimento di fanteria (e i suoi successori) da quel momento in poi indossarono dei distintivi sulle uniformi su cui erano incise le parole "Plassey" e "Primus in Indus".
Il vuoto di potere dopo la vittoria di Plassey permise all'EIC di sottrarre risorse al Bengala senza pagare lo scotto dell'amministrazione, che fu lasciata al Nawab, ormai divenuto un governante-fantoccio. La battaglia associò definitivamente la figura di Clive al subcontinente indiano, facendogli guadagnare l'appellativo di Clive of India. Inoltre, fu nominato governatore del Bengala nel febbraio del 1758, rimanendo in carica per due anni e venendo rieletto nel 1764. Essendo la prima mossa del progetto di espansione territoriale dell'EIC, Plassey è spesso indicata come l'inizio del dominio britannico in India, anche se in realtà il processo di colonizzazione avvenne gradualmente. L'idea che questa battaglia fosse un punto di svolta si diffuse ancor di più durante l'Età vittoriana, in cui si eressero statue commemorative di Clive a Londra e a Calcutta e durante la quale la battaglia venne presentata come un tema di rilievo nei libri di testo scolastici. La data di Plassey assunse un grande significato anche per gli indiani: durante la rivolta dei Sepoy, il capo degli insorti Nana Saheb Peshwa II (1824-1859) attaccò la residenza dell'EIC a Kampur nello stesso giorno e mese, 100 anni esatti dopo la battaglia.