Le battaglie gemelle di Jena e Auerstedt, entrambe combattute il 14 ottobre del 1806, segnarono un punto di svolta nel corso delle guerre napoleoniche (1803-1815). La Grande Armée, guidata da Napoleone I, imperatore dei francesi dal 1804 al 1814 e nel 1815, sconfisse sonoramente l'esercito prussiano di Federico Guglielmo III, re di Prussia dal 1797 al 1840. In seguito a questi eventi, la Prussia venne assoggettata al Primo Impero francese.
Contesto: l'entrata in guerra della Prussia
Il regno di Prussia era stata una delle prime nazioni a entrare in guerra contro la Francia nel 1792, all'inizio delle guerre rivoluzionarie. Furono proprio le sue truppe, capeggiate da Carlo Guglielmo Ferdinando, duca di Brunswick (1735-1806), a invadere la Francia nel corso delle guerre della Prima Coalizione. La Prussia però non fu mai troppo entusiasta nei confronti della guerra, a cui si era unita a causa degli obblighi che aveva con l'Austria, sua alleata. A quel tempo, era di gran lunga più interessata alla spartizione della Polonia che alla guerra con la Francia. Dopo che la marcia di Brunswick venne fermata da un esercito francese ridotto quasi a brandelli nella battaglia di Valmy del 20 settembre 1792, la Prussia ebbe un approccio molto tiepido allo sforzo bellico fino all'aprile del 1795, quando firmò la pace con la Francia e uscì dal conflitto.
La Prussia rimase neutrale per i successivi undici anni, persino mentre le guerre rivoluzionarie e napoleoniche le imperversavano intorno. Sebbene la Prussia si oppose spesso alle bellicose azioni francesi, l'indecisione del re Federico Guglielmo III fece sì che il suo regno non si impegnasse mai in un'alleanza. La Prussia stava quasi per unirsi alla Terza Coalizione del 1805-1806 ma, alla fine, decise di restarne fuori perché la Francia si era offerta di concedergli l'Hannover in cambio della neutralità. Nonostante ciò, a Berlino si era formato un partito deciso a entrare in guerra, riunito intorno alla regina Luisa (1776-1810). Avendo capito la minaccia che l'impero di Napoleone rappresentava per gli interessi prussiani in Europa centrale, la regina Luisa e i suoi sostenitori alla fine convinsero Federico Guglielmo a mobilitare l'esercito e a fornire aiuto militare allo zar di Russia Alessandro I. Questa mossa avrebbe potuto cambiare il corso della guerra ma, prima che la mobilitazione della Prussia fosse completata, Napoleone distrusse un esercito austro-russo ad Austerlitz, il 2 dicembre del 1805, buttando fuori l'Austria dal conflitto e mettendo fine alle guerre della Terza Coalizione.
L'equilibrio di potere in Europa centrale fu drammaticamente alterato. Il trionfante Napoleone creò la Confederazione del Reno, un insieme di stati tedeschi sotto la protezione francese che includeva, tra gli altri, la Baviera, il Württemberg e il Baden. Gli stati membri della Confederazione furono obbligati non solo a fornire truppe per gli eserciti francesi, ma anche ad abbandonare il Sacro Romano Impero: questo portò direttamente alla sua dissoluzione nel luglio del 1806. Vedendo sfidata la sua posizione all'interno del mondo tedesco dalla Francia, la Prussia si infuriò. I prussiani furono ulteriormente umiliati quando scoprirono che Napoleone offrì l'Hannover al re Giorgio III di Gran Bretagna, nonostante le promesse che aveva fatto a Berlino. Queste e molte altre rimostranze fecero crescere sempre di più il partito della guerra capeggiato dalla regina Luisa: i membri della Guardia prussiana affilavano le loro sciabole sui gradini dell'ambasciata francese a Berlino. Nell'agosto del 1806, il re Federico Guglielmo decise finalmente di entrare in guerra, iniziando ancora una volta la mobilitazione del suo esercito.
I due eserciti
Nonostante avesse avuto undici anni di pace per prepararsi, la Prussia non era pronta per la guerra. Il suo esercito non era più la macchina militare che era stata ai tempi di Federico il Grande: ora soffriva di molte carenze. Il problema più evidente era quello del comando. L'alto comando prussiano era pieno di vecchi generali aggrappati ancora a tecniche militari ormai superate: il duca di Brunswick, comandante in capo dell'esercito prussiano, aveva 71 anni e aveva iniziato la sua carriera nella Guerra dei sette anni (1756-1763), mentre il consigliere reale, Wichard von Möllendorf, aveva addirittura 82 anni.
Lo storico David G. Chandler nota che questo problema si sarebbe potuto superare se la Prussia avesse posseduto "anche solo un rudimentale sistema di stato maggiore" (455). Tuttavia, l'esercito prussiano non aveva una simile struttura, e i doveri di capo di stato maggiore erano condivisi da tre ufficiali, spesso in rivalità tra loro e che si contraddicevano l'un l'altro, creando solo più confusione. Sebbene il singolo soldato prussiano fosse ben disciplinato e valoroso, gli ufficiali si basavano ancora sul rigido sistema lineare spalla a spalla, più adatto al secolo precedente. L'esercito era poco mobile, l'artiglieria era spesso mal gestita e i moschetti prussiani erano tra i peggiori in Europa.
Al contrario, la Grande Armata di Napoleone era forse l'unità combattente più moderna ed efficiente del continente europeo. Tempratasi sui campi di battaglia di Ulm e Austerlitz, era composta da veterani incalliti al comando di alcuni degli ufficiali militari più talentuosi dell'epoca. Per usare le parole di Chandler, la fanteria francese era "flessibile, veloce e intelligente", la cavalleria "imbevuta di un fiero coraggio" e gli artiglieri erano "al massimo della loro forma" (453-54). Dopo le sue recenti vittorie, l'esercito francese non era tornato in patria, ma aveva passato l'inverno in territorio tedesco. Mentre era in corso la mobilitazione prussiana, la Grande Armata stazionava lungo il fiume Meno. Era composta da otto corpi d'armata, per un totale di 160.000 uomini, tra cui c'erano bavaresi e altri alleati tedeschi, nonché da 32.000 cavalieri. La Grande Armée del 1806 fu "probabilmente la forza meglio integrata e più addestrata che Napoleone abbia mai comandato" (ibid).
Napoleone invade la Sassonia
Pressato da sua moglie, il re Federico Guglielmo III inviò un ultimatum a Napoleone, chiedendo il ritiro delle truppe francesi oltre il Reno. A seguito della mancata risposta dell'imperatore dei francesi, la Prussia dichiarò formalmente guerra alla Francia il 9 ottobre del 1806, dando inizio agli scontri della Quarta Coalizione. La dichiarazione era stata fatta frettolosamente e con noncuranza: Federico Guglielmo non si era consultato con il suo alleato, lo zar Alessandro I di Russia, che non riuscì a mandare le sue truppe in supporto della Prussia. Nonostante i prussiani avessero l'appoggio militare dei loro alleati tedeschi dell'Assia e della Sassonia, in linea di massima potevano contare solo su loro stessi. L'esercito prussiano si divise in tre tronconi: quello principale da 65.000 uomini fu affidato al duca di Brunswick, mentre una seconda forza prusso-sassone di 45.000 unità era comandata da Federico Luigi, principe di Hohenlohe-Ingelfingen. Il comando del terzo gruppo di 35.000 soldati, lasciato a guardia della Vestfalia e dell'Assia, fu diviso tra i generali Ernst von Rüchel e Gebhard von Blücher.
Dato che era ovvio che i prussiani si stessero preparando alla guerra, Napoleone fu in grado di mettersi in posizione prima della dichiarazione ufficiale. All'alba dell'8 ottobre la Grande Armée entrò in Sassonia, guidata dagli squadroni di cavalleria leggera comandati personalmente dal maresciallo Joachim Murat. Il resto dell'esercito, posizionatosi a forma di cuneo, seguiva la cavalleria di Murat avanzando su tre colonne: ogni corpo d'armata francese marciava a distanza d'appoggio l'uno con l'altro. La colonna più a sinistra era guidata dal V Corpo del maresciallo Jean Lannes; mentre Lannes si avvicinava alla città di Saalfeld, Napoleone lo avvertì che doveva aspettarsi di incontrare una forte presenza nemica. Come previsto, quando Lannes arrivò a Saalfeld incontrò l’avanguardia dell'esercito di Hohenlohe, comandata dal principe Luigi Ferdinando, nipote del re di Prussia.
Sperando di prevenire l'attraversamento del fiume Saale da parte dei francesi, che avrebbe interferito con i movimenti del più grande esercito prusso-sassone, il principe Luigi decise di tenere la posizione, nonostante i suoi 8.500 uomini fossero in netta minoranza rispetto ai quasi 13.000 soldati del V Corpo di Lannes. Il 10 ottobre iniziò la battaglia di Saalfeld: la divisione del generale francese Louis-Gabriel Suchet si ritrovò sotto un pesante bombardamento non appena uscì dal riparo offerto dagli alberi. I sanguinosi combattimenti andarono avanti per tutta la mattina, fino all'1 p.m., quando i francesi iniziarono a prevalere. In un ultimo e disperato tentativo di cambiare il corso della battaglia, il principe Luigi radunò i suoi squadroni per effettuare una carica di cavalleria, ma venne ucciso in un combattimento corpo a corpo dal quartiermastro Guindey del 10° Ussari francese. La morte del principe Luigi Ferdinando e di 1.000 prusso-sassoni fu un brutto colpo per il morale prussiano.
La battaglia di Saalfeld scosse la fiducia dei comandanti prussiani. Dato che l'avanguardia prussiana fu sconfitta e respinta oltre il Saale, il principe Hohenlohe si ritirò verso la città di Jena. Brunswick, nel frattempo, riunì un consiglio di guerra nel quale si decise di evitare un'immediata battaglia contro Napoleone e di ritirarsi verso Lipsia; ordinò poi a Hohenlohe, che si trovava a Jena, di agire come una retroguardia, fino a che l'esercito principale non si fosse ritirato. Quando però questi ordini vennero inviati la sera del 13 ottobre, era già troppo tardi: la maggior parte dell'esercito di Napoleone stava marciando su Jena. Non sapendo che l'esercito prussiano si fosse diviso in due, Napoleone presumeva che la forza al comando di Hohenlohe costituisse la parte principale delle forze prussiane. Pertanto, per colpire nelle retrovie, inviò il III Corpo del maresciallo Louis-Nicolas Davout e il I Corpo del maresciallo Jean Bernadotte 16 chilometri a nord.
Jena
All'alba del 14 ottobre, tra la fitta nebbia mattutina, il V Corpo di Lannes si mise in posizione sui campi erbosi di Jena. Poiché non c’era abbastanza spazio per dislocare al meglio le truppe, i soldati di Lannes erano così vicini tra loro che "il petto degli uomini di ogni reggimento praticamente toccava la schiena di quelli nelle file davanti; la truppa però era così ben disciplinata che... non ci fu il minimo disordine" (Chandler, 480). L'obiettivo di Lannes era di spingere in avanti e guadagnare abbastanza terreno da permettere a Napoleone di dislocare pienamente il suo esercito di 96.000 uomini; l'attacco di Lannes doveva essere supportato dal VII Corpo del maresciallo Charles-Pierre Augereau e dal IV Corpo del maresciallo Jean-de-Dieu Soult. Alle 6:00 a.m., Napoleone passò in rassegna e arringò il V Corpo, che avrebbe fronteggiato i 38.000 prussiani di Hohenlohe, ancora scossi dalla sconfitta di Saalfeld. Molti soldati prussiani avevano già disertato, e quelli che erano rimasti erano avviliti e malnutriti.
I combattimenti iniziarono alle 6:30 a.m., quando la divisione del generale Suchet, appartenente al V Corpo di Lannes, ingaggiò l'avanguardia prussiana al comando del generale Bogislav von Tauentzien, vicino al villaggio di Closwitz. Nonostante fossero martoriati dall'artiglieria a corto raggio prussiana, Suchet e i suoi uomini riuscirono a colpire Tauentzien nei pressi di Closwitz, dando vita a uno scontro confuso e sanguinoso nella nebbia. Con la divisione di Suchet bloccata, Lannes spinse il resto del V Corpo verso il villaggio di Vierzehnheiligen, difeso dalle riserve sassoni di Tauentzien. Lannes prese rapidamente Vierzehnheiligen, che però venne persa nel giro di poco tempo a seguito di un frenetico contrattacco prussiano. Questo contrattacco però non riuscì a riprendere l'iniziativa, dato che Hohenlohe mandava dentro le sue unità in piccoli gruppi, anziché ordinare un attacco di più ampio respiro. Alle 7.30 a.m., Napoleone si unì a Lannes e preparò una batteria da 25 cannoni per sparare sul villaggio.
Intorno alle 10 a.m., il IV Corpo di Soult si spostò sulla destra e cacciò i prussiani da Closwitz. Questo permise di guadagnare abbastanza terreno per poter dispiegare interamente l'esercito francese. Una delle divisioni di Soult, al comando del generale Saint-Hilaire, si spinse in avanti per attaccare i prussiani vicino Rodigen. Saint-Hilaire incontrò una forte resistenza ma, alla fine, riuscì a sfondare e ad aggirare il fianco sinistro prussiano. Nel frattempo, Augereau e i suoi soldati spuntarono da un burrone per attaccare il fianco destro prussiano a est di Isserstedt.
A questo punto, il maresciallo Michel Ney arrivò sul campo di battaglia con il suo VI Corpo, composto da 4.000 soldati. Senza attendere ulteriori ordini, Ney si gettò nella battaglia, caricando dritto per dritto una forte batteria prussiana sul fianco sinistro di Lannes. Sebbene la linea prussiana collassò contro questa carica a sorpresa, Ney si spinse troppo avanti e si ritrovò isolato da Lannes: fu circondato dalla cavalleria prussiana e dovette posizionare la sua fanteria in quadrati per sopravvivere. Napoleone si rese conto del pericolo in cui si trovava Ney, e decise di inviare la sua cavalleria della Guardia imperiale per soccorrerlo. Questa mossa indebolì il centro francese; tuttavia, forzò Napoleone a muovere il resto delle truppe scelte della Guardia imperiale per colmare il divario.
Allo stesso tempo, Napoleone ordinò a Lannes di spingere attraverso Vierzehnheiligen per sostenere l'isolato Ney. Passando per il villaggio, che ora era avvolto nelle fiamme, Lannes incontrò la linea formata dai prussiani del generale Grawert. Entrambe le parti ebbero perdite pesanti, ma Lannes fu respinto e costretto a tornare nel villaggio in fiamme. Si trattò di un momento decisivo: se Hohenlohe avesse ordinato a Grawert di entrare nel villaggio, Lannes avrebbe potuto essere respinto ancora più indietro. Tuttavia, Hohenlohe aspettava l'arrivo di 15.000 uomini di rinforzo al comando del generale Rüchel, e ordinò a Grawert di restare fermo. Questo fu un errore che gli storici hanno definito come "uno dei momenti più penosi della storia militare" (Chandler, 484). Rüchel non arrivò in tempo, lasciando gli uomini di Grawert in una posizione pericolosamente esposta, dove furono fatti a pezzi dall'artiglieria francese.
Entro mezzogiorno, Augereau aveva preso Isserstedt e Soult aveva messo in sicurezza il fianco destro. Capendo che era arrivato il momento per una grande spinta, Napoleone dispose tutte le sue truppe, mettendo davanti delle dense linee di soldati per effettuare delle schermaglie, e dietro colonne di battaglioni. I prussiani resisterono per un'ora ma, alla fine, si dispersero sotto le ripetute cariche della cavalleria di Murat. Entro le 2:30 p.m., l'intero esercito di Hohenlohe fuggiva in preda al panico; Murat, frusta alla mano, li inseguì senza pietà per 10 chilometri, tagliando fuori migliaia di prussiani che vennero fatti prigionieri. Fu in questo momento che Rüchel finalmente arrivò sul campo di battaglia, solo per essere sopraffatto dal fuoco dei cannoni francesi. Nel giro di poco tempo, anche gli uomini di Rüchel vennero messi in fuga e inseguiti implacabilmente dalla cavalleria di Murat, che non si fermò finché non raggiunse Weimar alle 6 p.m.: il suo inseguimento massimizzò la vittoria di Napoleone, annichilendo i resti dell'esercito di Hohenlohe.
Battaglia di Auerstedt
Quella di Jena non fu l'unica battaglia combattuta quel giorno. Vicino Auerstedt, 20 chilometri più a nord, il III Corpo del maresciallo Davout stava marciando in direzione sud est per unirsi alla battaglia di Jena e attaccare il fianco sinistro prussiano. Inaspettatamente però, incontrò il grosso dell'esercito di Brunswick, che si stava ritirando a nord, verso Lipsia. Davout era in inferiorità numerica, avendo solo 27.000 uomini contro i 64.000 di Brunswick; il I Corpo del maresciallo Bernadotte, che avrebbe dovuto marciare a supporto di Davout, non si vedeva da nessuna parte. Anche se la fitta nebbia gli impedì di dedurre quanti prussiani avesse davanti, la notte del 13 ottobre decise di tenere il terreno, e bivaccò con le sue truppe presso Auerstedt.
Alle 7 a.m. del 14 ottobre, la divisione del generale Étienne Gudin, che stava attraversando la città di Hassenhausen accompagnata dallo stesso Davout, incontrò una divisione agli ordini del secondo in comando di Brunswick, Friedrich Wilhelm von Schmettau. Gudin formò rapidamente un quadrato e tenne testa a una serie di attacchi di cavalleria prussiana, guidati da Gebhard von Blücher. La divisione di Gudin dovette resistere da sola fino alle 9:30 a.m., quando arrivò finalmente la divisione del generale Louis Friant a supportare il suo fianco destro.
La fanteria prussiana impiegò più tempo del previsto per mettersi in formazione, permettendo a Davout di dislocare una batteria di cannoni da 12 libbre a nord di Hassenhausen. La divisione di Schmettau alla fine attaccò alle 9:45 a.m., ma i soldati di Davout, grazie alla loro famosa disciplina ferrea, resistettero; i prussiani furono massacrati dal fuoco incrociato delle due divisioni di Davout, e lo stesso Schmettau venne ferito gravemente. Alle 10 a.m., persino Brunswick venne colpito in mezzo agli occhi mentre guidava un reggimento di granatieri. Riuscì a scappare dal campo di battaglia, ma la ferita si rivelò letale: sarebbe morto poche settimane dopo. Il consigliere reale Wichard von Möllendorf venne fatto prigioniero. Federico Guglielmo III stava accompagnando le sue forze armate, ma il re prussiano non era un soldato, e l'esercito si trovò di fatto senza una guida.
Alle 10:30 a.m., una divisione fresca al comando dell'olandese principe d'Orange arrivò in aiuto dei prussiani ma, allo stesso tempo, Davout si rinforzava a sua volta grazie alla divisione del generale Morand. Alle 11 a.m., Davout si rese conto che i prussiani stavano per cedere e ordinò una carica: le linee prussiane vennero sfondate, e Federico Guglielmo ordinò una ritirata.
Conseguenze
Quando l'aiutante di campo di Davout informò Napoleone che egli a Jena non aveva sconfitto il grosso dell'esercito prussiano, bensì la sua retroguardia, l'imperatore dei francesi non ci credeva, affermando che "il tuo maresciallo deve vederci doppio" (Roberts, 421). Tuttavia, una volta confermata la notizia, il suo atteggiamento si ribaltò, e riempì di lodi e gratitudine Davout e il III Corpo. Allo stesso tempo, l'imperatore notò che Bernadotte non era giunto su nessun campo di battaglia: nonostante le numerose lettere in cui Davout gli chiedeva aiuto, Bernadotte rimase a Naumberg, adducendo come scusa che non aveva ricevuto ordini dall'imperatore e che dunque aveva deciso di non muoversi. Napoleone era furioso e pensò persino di mandare Bernadotte davanti alla corte marziale e fucilarlo, anche se poi non lo fece.
La doppia battaglia di Jena-Auerstedt si concluse con una decisiva vittoria francese. A Jena, i francesi ebbero circa 6.000 perdite contro le 27.000 prussiane; ad Auerstedt, il III Corpo aveva perso 7.100 uomini a fronte di 15.000 prussiani. La sconfitta della Prussia fu completa, e cessò di essere una minaccia all'avanzata francese. La Grande Armée si occupò della restante resistenza prussiana ed entrò a Berlino il 25 ottobre: Davout ebbe l'onore di essere il primo a entrare in città. La Sassonia passò dalla parte di Napoleone e si unì alla Confederazione del Reno, permettendo all'imperatore dei francesi di concentrarsi esclusivamente sui russi. Nonostante la guerra della Quarta Coalizione sarebbe continuata fino al Trattato di Tilsit del luglio 1807, la battaglia di Jena-Auerstedt rimosse di fatto la Prussia dal conflitto, che non rappresentò più una seria minaccia fino alla guerra della Sesta Coalizione del 1813.