Il Porto di Erode venne costruito tra il 22 e il 15 a.C. da Erode il Grande (r. dal 37 al 4 a.C.), re cliente di Roma. L'imponente struttura, situata sulla costa orientale del Mediterraneo, a nord di Alessandria e a sud di Tiro, grazie all'abilità dei romani nella costruzione, veniva considerata un'impresa ingegneristica e una meraviglia visiva dell'epoca.
Scopo
Poiché in questo periodo Roma si trovava in una situazione di stallo con l'impero di Partia, che controllava le lucrose vie della seta settentrionali attraverso la Mesopotamia, lo scopo del porto, con l'annessione della città di Cesarea Maritima, non era solo quello di controllare le vie terrestri meridionali da est a ovest attraverso l'Arabia e le vie marittime attraverso il Mar Rosso in particolare, ma anche di monopolizzare il commercio del Mediterraneo orientale in generale e la posizione, in relazione ai flussi navali e commerciali, ne indicava un piano mirato ad accumulare ricchezza. Il consistente scambio di merci provenienti dall'oriente e dirette verso la costa est del Mediterraneo e il generale movimento antiorario del traffico navale nel Mediterraneo rendevano il porto una porta d'accesso verso l'occidente.
Le merci provenienti dall'India e dall'Indonesia venivano trasportate a ovest e poi a nord-ovest attraverso il Mar Arabico e il Mar Rosso. Le merci provenienti dall'Egitto e dall'Africa venivano trasferite a nord, lungo la costa orientale del Mediterraneo, per essere lì distribuite e poi a ovest in tutto il Mediterraneo. Allo stesso modo, poiché il porto era nella rotta di navi vuote o cariche che percorrevano il Mediterraneo, per queste ultime e per le navi cariche che risalivano la costa da Alessandria, il complesso porto/città interagiva anche con Gaza, che riceveva merci dall'Africa, dall'Arabia, dall'India e dall'Indonesia, le più redditizie delle quali erano il pepe e l'incenso.
Fondazione
La particolarità del porto di Erode è data dal fatto di essere artificiale. Nell'area costiera in cui Erode scelse di costruire, non erano presenti baie o promontori significativi su cui costruire o da ampliare. Inoltre, l'ostacolo più grande per i costruttori di Erode era rappresentato dal vento e dall'azione delle onde che si muovevano verso nord lungo la costa. Flavio Giuseppe cita le stesse condizioni che esistono oggi in quest'area del Mediterraneo,
Infatti, tutto il litorale tra Dora e Joppa, nel mezzo del quale si trova la città, non aveva un porto sicuro, tanto che tutti coloro che salpavano dalla Fenicia per l'Egitto erano costretti a restare nel mare in tempesta, a causa dei venti meridionali che li minacciavano; il vento, se soffiava anche solo un po', sollevava onde così alte e si abbattevano sugli scogli, a tal punto che quando si ritiravano, il mare era in subbuglio per un lungo tratto. (Guerre, 1.21.5)
Grazie a strutture di base chiamate moli, tuttavia, il porto di Erode costituì un rifugio sicuro per le navi. I moli venivano disposti su un percorso circolare per mitigarne l'erosione. Flavio Giuseppe descrive il porto come "circolare" (Antichità, 15.9.6). Dei due moli, il meridionale si estendeva per 300 metri verso ovest e curvava a nord per 500 metri. Anche il frangiflutti settentrionale si estendeva per 300 metri a ovest. Entrambi i lati terminavano all'ingresso nord-occidentale del porto, largo 28 metri.
Alcuni dei blocchi di base che costituivano le strutture dei moli pesavano fino a 50 tonnellate. Flavio Giuseppe cita un blocco che misurava 15 metri di lunghezza, 5,5 metri di larghezza e 2,75 metri di spessore (Guerre, 1.21.6). L' utilizzo del calcestruzzo idraulico per alcune opere di costruzione delle fondamenta è tuttavia altrettanto notevole. Un'ipotesi è che le strutture in legno venissero trasportate in barca fino all'area di posizionamento, per poi essere riempite, in più fasi, con il calcestruzzo romano man mano che venivano calate in loco. Insieme all' impiego di blocchi di cemento, vennero utilizzati anche blocchi di arenaria quarzifera massiccia nell'area d'ingresso per le fondamenta del molo meridionale, mentre per il molo settentrionale si utilizzò il cemento armato.
Sovrastruttura militare
Le fondamenta del porto interessavano aspetti idrodinamici, mentre la sovrastruttura rispondeva alle preoccupazioni militari di Roma. Le fondamenta del molo erano sormontate da una serie torri e mura destinate a respingere qualsiasi invasione militare. Un tale complesso faceva apparire il porto come un'imponente fortezza sul mare.
Flavio Giuseppe cita “edifici lungo tutto il porto circolare” e “torri altissime su un muro di pietra che lo circondava” (Antichità, 15.9.6; Guerre, 1.21.6). Sebbene Flavio Giuseppe non fornisca le dimensioni esatte delle torri del porto, riporta le dimensioni delle opere di fortificazione di Erode il Grande e di Erode Agrippa a Gerusalemme. Lì, le torri comuni variavano tra i 9 e gli 11 metri di lato, mentre le altezze delle cortine murarie erano di 9 metri, con uno spessore tipico pari alla metà dell'altezza del muro. Le larghezze comuni dei ponti romani erano di 5,5 metri, e rispecchiando questo spazio di lavoro è possibile che la larghezza delle mura del Porto di Erode fosse di 5,5 metri (18 piedi), a sostegno della tesi delle torri quadrate di 11 metri (36 piedi). Se la loro altezza fosse il doppio della larghezza, l'altezza della torre più la cortina del muro al porto di Erode potrebbe essere stata di ben 18 o 22 metri. Infine, in base all'effettiva traiettoria delle frecce scoccate dagli archi compositi dell'epoca, lo spazio tra le torri si avvicinava a una distanza di 27-30 metri per un'adeguata protezione dal fuoco incrociato. Come a Gerusalemme, le merlature avrebbero sormontato tutte le torri e le cortine murarie.
Come ogni fortificazione, inoltre, dove l'ingresso era più vulnerabile, le torri del porto di Erode dovevano essere di notevoli dimensioni, arrivando forse a raggiungere una larghezza di 18 metri o più, con altezze vertiginose che superavano i 27 metri. Il fatto che Flavio Giuseppe si riferisca a Drusium come alla torre “principale” del porto , così come il richiamo a una persona importante, il genero di Cesare, Druso, ne suggerisce una maggiore dimensione. Allo stesso modo, anche Erode assegnò nomi di persone alle torri più grandi di Gerusalemme. Per fare un paragone, una gemella di Drusium sarebbe la torre chiamata Phasaelus, dal nome del fratello di Erode.
Inoltre, "sul lato orientale del canale che conduce al bacino del porto" è stata trovata la prova di uno straordinario rinforzo (Oleson, 165). L'uso di blocchi fissati insieme con morsetti di ferro incastonati nel piombo rivela, come dice Avner Raban, "una funzione speciale che imponeva alla struttura sollecitazioni fisiche eccezionali"(Harbours, part 2, 280). Analogamente, Flavio Giuseppe descrive l'uso di morsetti di piombo e ferro tra i blocchi in una sezione del tempio di Gerusalemme per garantire l'integrità delle fondamenta di un edificio "che procedeva a grande altezza"(Antichità, 15.11.3). Lo sforzo aggiuntivo per produrre un tale sostegno alle fondamenta suggerisce una struttura più grande, forse un faro. In ogni caso, all'ingresso del porto sarebbero state impiegate torri più grandi a scopo difensivo.
Edifici all'ingresso
La protezione di un ingresso sul mare richiedeva misure aggiuntive. Flavio Giuseppe racconta che:
All' ingresso del porto si trovavano su ogni lato tre grandi colonne, sostenute da pilastri; le colonne poste sulla sinistra, all'entrata del porto, erano sostenute da una solida torre, mentre sulla destra erano sostenute da due pietre verticali unite tra loro” (Guerre, 1.21.6).
A conferma della descrizione fornita da Flavio Giuseppe in merito agli edifici situati nei pressi dell'ingresso, sono stati rinvenuti quattro blocchi a circa 8 metri a partire da una linea parallela alla parete esterna del frangiflutti settentrionale. I due blocchi, posti appena a ovest dell'ingresso, corrispondono alla struttura che Flavio Giuseppe descrive come unita alla sommità. Il blocco singolo rinvenuto a est dell'ingresso corrisponde anche alla descrizione che Flavio Giuseppe fa di una solida torre posta alla sinistra dell'ingresso. Per motivi funzionali e di simmetria, le altezze delle piattaforme avrebbero dovuto avvicinarsi alle altezze delle cortine murarie del porto. Inoltre, tali piattaforme servivano indubbiamente come altezza da cui far cadere missili su eventuali navi ostili che avessero tentato una breccia all'ingresso.
L'insolito asse costituito dai due blocchi contigui rispetto all'ingresso e ai frangiflutti indica una funzione idrodinamica deflattiva. Come affermano Oleson e Branton, “potrebbero essere stati progettati per ridurre la forza delle onde che mulinano intorno alla barriera del frangiflutti meridionale verso l'ingresso del porto... proteggendo il bacino interno dalle perturbazioni” (56). La struttura tuttavia produceva anche un effetto ondulatorio, che veniva mitigato dalla caratteristica del deflusso. La quantità rimanente di energia cinetica che si muoveva oltre l'ingresso, spinta verso la riva dalla pressione dell'oceano e dalle onde legate alla costa, sarebbe comunque tornata verso l'ingresso.
Della torre rotonda associata al blocco più vicino all'ingresso, Flavio Giuseppene menziona lo scopo deflattivo: “A sinistra, entrando nel porto, [c'è] una torretta rotonda, che è stata resa molto forte per resistere alle onde più grandi” (Antichità, 15.9.6). L'altra struttura, situata appena a nord-est del blocco di torri, era probabilmente bassa (forse appena sotto la superficie, dato che Flavio Giuseppe non l'ha mensionata nelle proprie considerazioni), e anche questa avrebbe deviato l'energia prima che colpisse la torre rotonda. Mentre gli angoli producevano più correnti, la torre rotonda ne avrebbe prodotte meno. Di conseguenza, gli edifici all'ingresso, con il loro scopo idrodinamico, contribuivano a calmare l'acqua all'ingresso.
Colossi e Tempio
Per quanto riguarda l'aspetto estetico, Flavio Giuseppe menziona che il porto era finemente ornato. La struttura estetica più appariscente era il tempio adiacente al porto e le statue all'ingresso, che si ergevano su alte colonne. Come sottolinea Mark Wilson Jones, la colonna corinzia divenne l'ordine preferito dagli imperatori, a partire da Cesare Augusto, e "venne adottata con sorprendente rapidità in tutto l'impero" (139). Inoltre, poiché le prove frammentarie dei detriti nel sito del tempio di Cesarea suggeriscono la presenza di colonne corinzie, è probabile che la colonna corinzia venne scelta per l'ingresso.
I colossi, nonostante non siano stati trovati resti, erano probabilmente realizzati in bronzo, dal momento che si trattava del materiale più durevole favorito per le statue esposte agli agenti atmosferici. Infine, sebbene Flavio Giuseppe non identifichi specificamente di chi fossero le immagini, è facile dedurne la probabile identità dalle affermazioni che riguardano il tempio e il porto. Flavio Giuseppe dice che il tempio adiacente al porto ospitava i colossi di Cesare e Giunone, la dea protettrice di Roma. Subito dopo afferma: "Così dedicò la città alla provincia e il porto ai marinai"(Guerre, 1.21.7). La terza immagine per i colossi all'ingresso del porto rappresentava il mare, i marinai e il commercio marittimo, tutti sotto la protezione del dio Nettuno. Pertanto, le immagini all'ingresso, che si specchiavano l'una nell'altra - tre a sinistra e tre a destra - rappresentavano probabilmente Cesare, l'omonimo di Cesare, Giunone, come tributo simbolico a Roma, e Nettuno, il protettore supremo del commercio marittimo, che era l'obiettivo del porto.
L'altro principale elemento decorativo era il tempio. Ai margini del porto, con le colonne corinzie e i gradini a strapiombo sulla banchina, si trovava il tempio attraverso il quale passavano i notabili in visita. Flavio Giuseppe dice che il tempio poteva essere visto da “una grande distanza” ed era “ eccezionale sia per bellezza che per grandezza” (Antichità, 15.9.6, Guerre, 1.21.7). Quando le navi si avvicinavano dal mare, la vista delle decorazioni del porto aveva inizio con il tempio evidente già da lontano. Poi, avvicinandosi, come previsto, la potenza e il livello di sofisticazione di Roma affascinavano le menti di tutti coloro che navigavano tra gli imponenti edifici con i colossi.
La Procumatia
Spostandosi dall'ingresso alla parte posteriore del porto, in corrispondenza del molo meridionale, meno appariscente ma forse più funzionale, vi era la Procumatia. Senza di essa, il porto si sarebbe rapidamente ridotto in macerie, soprattutto, come detto, considerando le condizioni estreme di vento, onde e correnti in movimento verso nord. A proposito della struttura, Flavio Giuseppe afferma:
Il muro che già si trovava al di sopra del mare venne ampliato, fino a raggiungere una larghezza di duecento piedi; cento dei quali erano preceduti da edifici, al fine di diminuire la forza delle onde, per cui fu chiamato Procumatia ovvero il primo frangiflutti; il resto dello spazio era posto sotto un muro di pietra che correva intorno ad esso. (Guerre, 1.21.6)
Recenti ritrovamenti di materiale in quest'area confermano una struttura bassa ma indipendente del molo. Poiché la Procumatia era bassa, per dissipare più efficacemente l'effetto delle onde e delle correnti in arrivo, quando Flavio Giuseppe dice che la Procumatia aveva "edifici davanti a sé, per spezzare la forza delle onde", ricorda gli odierni "blocchi deflettori" che servono a dissipare l'energia negli sfioratori di dighe, serbatoi o altri bacini idrici per ridurre l'erosione a valle.
Cengia
Infine, tra le strutture funzionali, una strada rialzata sul porto accelerava di sicuro le attività commerciali e militari. Poiché l'intera area portuale è stata divisa in un porto esterno più grande e in un porto interno molto più piccolo - dove le navi da guerra che trasportavano comandanti e dignitari di alto rango avrebbero ormeggiato vicino al tempio - la divisione tra i due è una struttura identificata come una strada portuale. Tuttavia, poiché i moli erano virtualmente separati l'uno dall'altro dall'ingresso incolmabile e dal tempio adiacente, questa struttura era molto probabilmente una strada rialzata che copriva il diametro del porto e serviva a diversi scopi pratici.
Dal punto di vista commerciale, se il traffico intenso rendeva indisponibile l'attracco di una nave in arrivo destinata a un braccio, una nave poteva essere parcheggiata nell'altro braccio mentre le sue merci venivano trasportate direttamente nel braccio destinato allo scarico. Una nave con carico misto destinato a località meridionali e settentrionali poteva scaricare completamente in un braccio senza dover essere spostata. Con una strada rialzata, lo scarico immediato in loco, il ricarico e la rapida dispersione sono possibili indipendentemente dal luogo di attracco iniziale.
Dal punto di vista militare, per quanto riguarda l'allestimento e l'equipaggiamento delle torri e della cortina muraria, una strada rialzata avrebbe offerto un elevato grado di flessibilità. Allo stesso modo, in tempo di guerra, se il porto fosse stato assaltato, sarebbe stato essenziale un percorso di diametro pratico tra le due moli. In caso di emergenza, sarebbe stato impossibile per il personale militare di stanza in uno dei moli spostarsi rapidamente sull'altro lato.
Conclusione
Di fronte a condizioni estreme quasi impossibili, i costruttori del porto di Erode introdussero certamente tecniche ingegneristiche innovative per portare a termine il compito. Non solo furono date risposte a problemi unici, dato che il porto fu costruito su scala massiccia con l'aspettativa di monopolizzare il commercio, ma le sue dimensioni furono anche eguagliate dal suo livello di splendore. Tuttavia, nonostante la sua grandiosa visione del futuro, la vita del porto potrebbe essere stata relativamente breve.
Nel 2005, ROMACONS ha scoperto che nel sito era stato utilizzato un calcestruzzo scadente. Se questo ha compromesso l'integrità strutturale dei frangiflutti, l'attività sismica li ha presto fatti sprofondare. Poi uno tsunami colpì l'area tra il I e il II secolo. Questi eventi, insieme al costante battere delle onde, potrebbero aver reso la manutenzione impraticabile per Roma durante il suo periodo di declino. Nel VI secolo, il porto cadde in completo disuso.