La seconda battaglia di El Alamein, avvenuta in Nordafrica tra l'ottobre e il novembre del 1942, fu un grande scontro nel quadro della guerra nel deserto, durante la Seconda guerra mondiale (1939-45). L'8ª Armata britannica, guidata dal generale Bernard Montgomery (1887-1976), ottenne una vittoria decisiva contro le forze dell'Asse comandate dal generale Erwin Rommel (1891-1944). Di fatto, fu la fine delle ambizioni italo-tedesche nella regione.
L'importanza del Nordafrica
Durante la Seconda guerra mondiale, il Nordafrica divenne un importante teatro di scontro, nel quale i britannici cercarono di mantenere il controllo del canale di Suez e di proteggere le vitali rotte marittime nel Mediterraneo. Nei primi anni di guerra, il Nordafrica fu l'unico posto in cui la Gran Bretagna poté combattere una guerra terrestre contro Germania e Italia, sperando di ottenere le indispensabili vittorie che avrebbero incoraggiato i britannici dopo il disastro dell'evacuazione di Dunkerque e gli orrori del Blitz su Londra. La guerra nel deserto, combattuta tra il giugno del 1940 e il gennaio del 1943, è conosciuta nella storiografia anglosassone con il nome di Western Desert Campaign.
Tra il dicembre del 1940 e il febbraio del 1941, nel corso dell'operazione Compass, i britannici e le truppe del Commonwealth avevano buttato fuori dalla Cirenaica, cioè, dalla Libia orientale, il mal equipaggiato esercito italiano. Dal febbraio del 1941, le forze dell'Asse in Nordafrica vennero considerevolmente potenziate dall'arrivo di truppe scelte tedesche, come il Deutsches Afrikakorps (D.A.K.), complessivamente superiori in termini di mezzi corazzati, armamenti e addestramento, sia nei confronti degli italiani che degli Alleati. La situazione migliorò ulteriormente per le potenze dell'Asse quando il generale Rommel prese il comando delle truppe italo-tedesche in Nordafrica. Rommel ottenne una serie di vittorie tra il marzo e l'aprile del 1941. Gli Alleati resistettero all'assedio di Tobruch da aprile a dicembre del 1941, ma Rommel li sconfisse nella battaglia di Ain el-Gazala tra il maggio e il giugno del 1942, sfondando la linea difensiva di Gazala e riuscendo finalmente a riprendere Tobruch nel giugno del 1942. Rommel venne promosso al grado di feldmaresciallo, ed era determinato a raggiungere il grande obiettivo rappresentato dalla presa di Alessandria e del canale di Suez, inseguendo l'8ª Armata in piena ritirata. Ottenne un'altra vittoria nella battaglia di Marsa Matruh, ma il suo esercito era arrivato al limite estremo della sopportazione: Rommel venne fermato nel corso della prima battaglia di El Alamein, tra il 1° e il 27 luglio del 1942. Gli italo-tedeschi però rappresentavano ancora una minaccia reale per l'Egitto e gli interessi petroliferi britannici in Medio Oriente. Il risultato della campagna, caratterizzata dall'oscillazione della linea del fronte, in cui entrambi gli eserciti conquistarono e persero ripetutamente vaste aree di terreno, si sarebbe deciso in un unico, grande scontro durante la seconda battaglia di El Alamein.
Cambio al comando
Il primo ministro britannico Winston Churchill (1874-1965) esercitò una pressione costante sui suoi comandanti in Africa per ottenere una vittoria definitiva contro le forze dell'Asse. Frustrato dallo stallo della prima battaglia di El Alamein, il generale Claude Auchinleck (1884-1981) aveva preso personalmente il comando dell'8ª Armata, sostituito dal generale Harold Alexander (1891-1969) come comandante in capo in Medio Oriente. Nell'agosto del 1942, l'8ª Armata venne affidata al tenente generale Bernard Montgomery.
Montgomery aveva avuto esperienze di comando nella Prima guerra mondiale (1914-18) e, più recentemente, in India e in Medio Oriente. "Monty", come veniva soprannominato, rimpiazzò molti comandanti con uomini in cui nutriva una fiducia assoluta. I critici consideravano Montgomery troppo riflessivo e meticoloso nella pianificazione, e la sua arroganza e la sua fissazione per la forma fisica non lo rendevano gradito agli occhi dei suoi subordinati più immediati, ma di sicuro la sua popolarità tra la truppa, con cui comunicava bene, era alta. In questa situazione, perlomeno, mostrò di avere una fiducia estrema in sé stesso e nel suo esercito.
L'8ª Armata si rafforzava sempre di più a mano a mano che riceveva rifornimenti da Alessandria, e vinse la battaglia di Alam Halfa, combattuta tra il 30 agosto e il 7 settembre del 1942 (meno conosciuta con il nome di "seconda battaglia di El Alamein"), soprattutto grazie all'eccellente coordinazione tra le forze di terra e l'aviazione, nonché per la carenza di carburante e munizioni di Rommel. Si trattò dell'ultima offensiva italo-tedesca su larga scala, che non cambiò la situazione sul terreno. Ora, tutto sarebbe dipeso dal secondo confronto presso El Alamein (chiamata più raramente "terza battaglia di El Alamein").
Le linee di El Alamein
El Alamein era un piccolo snodo ferroviario nel deserto, costruito negli anni Venti e situato 95 chilometri a ovest di Alessandria. La linea difensiva si estendeva dalla costa verso l'interno per 65 chilometri, e non poteva essere aggirata dal nemico a causa della depressione di El Qattara a sud, una vasta area di sabbia soffice e di paludi salmastre che non poteva essere attraversata dai mezzi pesanti. La presenza di molti crinali e avvallamenti nel terreno forniva un'eccellente copertura naturale contro i carri armati e l'artiglieria. A differenza dei suoi predecessori, Montgomery non sarebbe stato sulla difensiva, ma sarebbe andato all'attacco.
Rommel, soprannominato "la volpe del deserto" a causa delle sue tattiche veloci e rischiose, era a capo delle forze dell'Asse in Nordafrica, che nell'ottobre del 1942 presero il nome di "Armata corazzata italo-tedesca". Sin dalla prima battaglia di El Alamein, Rommel aveva costruito delle difese statiche per il suo esercito. La mancanza di carburante ridusse la sua capacità nell'usare le sue forze con la grande mobilità a cui era abituato. Gli italo-tedeschi avevano posizionato 500.000 mine per proteggere al meglio le loro posizioni fisse. I campi minati, che in alcuni punti arrivavano a una profondità di 8 chilometri, erano chiamati "i giardini del diavolo" dalle truppe dell'Asse. Consapevole del fatto che le unità italiane erano inferiore per armamenti e mezzi corazzati, Rommel piazzò fra loro le meglio equipaggiate truppe tedesche, una strategia che definì del "corsetto". Rommel tenne un certo numero di unità corazzate come riserva, in modo da poterle impiegare dove ce ne fosse bisogno, nel caso in cui il nemico avesse ottenuto dei guadagni improvvisi. Non sapendo dove avrebbero attaccato i britannici, queste riserve corazzate furono necessariamente divise tra il settore nord e quello sud del meccanismo difensivo.
Eserciti e armamenti
Montgomery, nonostante la pressione dei suoi superiori, si rifiutò di attaccare prima di aver accumulato una superiorità schiacciante in termini di uomini e mezzi. Si prese anche del tempo per addestrare le truppe all'uso dei nuovi equipaggiamenti. Il generale J. Strawson riassume così l'approccio di Montgomery a questa battaglia: "l'offensiva di Montgomery sarebbe stata lenta, metodica e definitiva" (163). Sotto questi tre aspetti, El Alamein fu molto diversa da qualsiasi altra battaglia precedente in Nordafrica. Montgomery apportò dei cambiamenti anche alla struttura dell'8ª Armata. In precedenza, i soldati erano stati organizzati in battaglioni; adesso avrebbero operato in divisioni, ognuna delle quali aveva il proprio gruppo di supporto. Inoltre, venne creata una forza corazzata mobile che, spostandosi continuamente, avrebbe sfruttato i buchi tra le linee nemiche.
Secondo l'Oxford Companion to World War II (Dear, 254), gli schieramenti a El Alamein erano così composti:
8ª Armata britannica
- 195.000 uomini
- 85 battaglioni di fanteria
- 1.029 carri armati medi
- 1.451 cannoni anticarro
- 908 pezzi d'artiglieria media e campale
- 530 velivoli
Forze dell'Asse
- 104.000 uomini
- 71 battaglioni di fanteria
- 496 carri armati medi
- 800 cannoni anticarro
- 500 pezzi d'artiglieria media e campale
- 500 velivoli
L'esercito di Montgomery comprendeva divisioni e battaglioni di australiani, indiani, nepalesi, neozelandesi e sudafricani, più due brigate della Francia libera e una brigata greca. Il meglio che i britannici potevano schierare era l’agguerrita 7ª Divisione corazzata, nota con il nome di Desert Rats, dal nome dell'emblema del loro distintivo, un gerboa. Montgomery pretendeva un addestramento meticoloso, e si assicurò che tutti coloro che erano nuovi alla guerra nel deserto passassero del tempo con i veterani. L'8ª Armata aveva a disposizione anche delle unità di forze speciali. Il Long Range Desert Group (LRDG) e lo Special Air Service (SAS) effettuavano delle audaci incursioni oltre le linee nemiche, distruggendo materiali di vitale importanza e potando il caos nel sistema di rifornimenti.
Dall'estate del 1942, gli Alleati ricevettero importanti rifornimenti, in particolare oltre 300 carri armati Sherman di produzione statunitense, nonché il superiore cannone anticarro da 6 libbre. Lo Sherman aveva una corazza da 75 mm e un cannone da 75 mm, che era migliore di qualsiasi arma in possesso delle forze dell'Asse. Nel complesso, la potenza di fuoco di Montgomery era raddoppiata nelle settimane che portarono alla battaglia. Anche la Allied Desert Air Force venne implementata.
L'arma più distruttiva di Rommel restava il cannone da 88 mm, originariamente pensato come arma contraerea ma usato dal D.A.K. ad alzo zero come arma anticarro, con effetti devastanti su tutti i mezzi corazzati nemici, compresi gli Sherman. Nessuna delle divisioni italo-tedesche era a pieno organico e, aspetto più importante di tutti, non avevano né carburante sufficiente per manovrare i mezzi corazzati come avrebbe voluto Rommel né le munizioni sufficienti per combattere più di dieci giorni. Mancava anche un supporto aereo affidabile. Inoltre, la guerra statica avvantaggiava gli Alleati, che avevano una capacità superiore nel rimpiazzare uomini e mezzi. Per tutte queste ragioni, Rommel descrisse successivamente El Alamein come una "battaglia senza speranza" (Strawson, 166).
Un altro duro colpo alle possibilità dell'Asse fu l'assenza di Rommel, seriamente malato e tornato in Germania il 23 settembre. Il suo subordinato Georg Stumme prese il comando ma morì a causa di un attacco cardiaco il secondo giorno della battaglia, costringendo Rommel a tornare in Africa. L'assenza della volpe del deserto nelle prime 48 ore può ben essere stata la causa dell'esitante risposta delle forze dell'Asse all'improvviso attacco di Montgomery.
Fase uno: Lightfoot
La seconda battaglia di El Alamein durò dal 23 ottobre al 4 novembre del 1942. Montgomery chiamò la prima fase dell'offensiva con il nome in codice Lightfoot, letteralmente "piede leggero", facendo riferimento alle mine sparse ovunque. Il suo piano era di utilizzare quattro divisioni di fanteria per attaccare le linee settentrionali dell'Asse. Non appena vennero aperti due corridoi attraverso i campi minati utilizzando rilevatori di mine portatili elettronici, Montgomery mandò dentro due divisioni corazzate. A nord, le posizioni italo-tedesche erano quelle difese meglio, per cui Montgomery sperava di avere un certo effetto sorpresa. Per mantenere la segretezza, furono fatti trapelare dei piani ingannevoli e vennero compiuti degli attacchi diversivi nel settore meridionale. Per nascondere la concentrazione di uomini e mezzi dell'8ª Armata a nord, tre settimane prima erano stati assemblati dei carri armati fittizi, che vennero gradualmente rimpiazzati ogni notte con carri reali mentre si costituiva la forza d'attacco principale. In questo modo, le ricognizioni dell'Asse non rilevarono alcun movimento insolito precedente allo scontro. Per promuovere l'idea che l'attacco fosse diretto a sud delle difese italo-tedesche, vennero realizzati depositi di rifornimenti fasulli e installazioni d'acqua nel settore meridionale alleato. Un altro indicatore della pianificazione meticolosa di Montgomery fu un falso sbarco organizzato sulla costa dietro le linee dell'Asse, sperando di distrarre una parte delle riserve di Rommel.
L'attacco a nord fu supportato da incursioni aeree e da un tremendo fuoco d'artiglieria. Il bombardamento d'artiglieria, il più grande dalla Prima guerra mondiale, martellò l'intera linea dell'Asse per 20 minuti, bersagliando prima le posizioni d'artiglieria e poi il fronte in tutta la sua ampiezza. Gli Alleati spararono in tutto oltre un milione di proiettili. Tutto andò come pianificato: l'attacco venne lanciato la notte del 23 ottobre, e la fanteria avanzava nell'oscurità guidata dai traccianti sparati dalla contraerea. Le forze dell'Asse furono sorprese dall'apparizione del nemico a nord, anche se non sapevano se questo fosse solo un attacco diversivo oppure no. Le cose iniziarono ad andare male per Montgomery quando l'avanzata venne seriamente rallentata dai campi minati e dall'eccezionale profondità delle linee difensive nemiche. Tuttavia, l'inevitabile contrattacco italo-tedesco, che si concentrò inevitabilmente sui due congestionati corridoi aperti dagli Alleati, venne contenuto. La fanteria britannica iniziò a fare dei progressi in quello che Montgomery aveva chiamato lo "sgretolamento" del nemico, sfiancando e prendendo le posizioni difensive per permettere lo scontro tra carri armati. Come ci si aspettava, le perdite furono pesanti. L'artiglieria e l'aviazione attaccarono costantemente le posizioni e le linee di rifornimento dell'Asse, in particolare affondando due navi cisterna nel porto di Tobruch il 26 ottobre. Dopo una settimana di duri combattimenti si era arrivati a una battaglia di attrito.
Fase due: Supercharge
La mattina del 2 novembre Montgomery diede inizio alla seconda fase del suo piano: l'operazione Supercharge. Alcune divisioni vennero ritirate dalla linea del fronte. Riposate, riparate e rifornite, due divisioni di fanteria e due divisioni corazzate furono riposizionate per attaccare le linee di Rommel in due punti. Il piano originale venne modificato per oltrepassare le difese pesanti a nord e le truppe tedesche migliori al centro. Il nuovo piano d'attacco si concentrò sull'area oltre il crinale Kidney e nei punti in cui gli italo-tedeschi erano scarsamente uniti tra loro. Questa idea permise a Montgomery di usare i suoi mezzi corazzati in una parte del campo di battaglia praticamente libera dalla fanteria. In questo settore, i campi minati erano anche molto meno densi; in tal modo, i mezzi corazzati non sarebbero stati rallentati come nell'attacco precedente. In breve, l'operazione Lightfoot aveva preparato il terreno per Supercharge. Questa pratica, che prevedeva l'utilizzo di un secondo scaglione, permetteva di ampliare e approfondire i traguardi di una prima offensiva, come riconosciuto anche dagli strateghi sovietici.
L'intenso fuoco d'artiglieria e gli attacchi aerei durarono diverse ore prima della spinta finale di Montgomery. Una volta divenuto chiaro che era in corso una nuova grande offensiva, Rommel contrattaccò. Pur avendo individuando il punto esatto, il tempo non era dalla sua parte. Le perdite di carri armati dell'Asse adesso erano critiche. L'8ª Armata subì perdite pesanti a causa dei cannoni anticarro, che si rivelarono ancora una volta devastanti, in particolare contro i vecchi carri Valentine e Crusader. Per effettuare questi contrattacchi però, Rommel pagò un prezzo che non poteva permettersi. Con il protrarsi della battaglia, egli capì che non poteva vincere: se fosse rimasto lì, presto o tardi avrebbe assistito alla totale distruzione delle sue truppe.
Il 3 novembre, Rommel comunicò al capo della Germania nazista Adolf Hitler (1889-1945) che non poteva continuare a combattere senza carburante e munizioni. Questa comunicazione fu intercettata dallo spionaggio britannico. Hitler ordinò a Rommel di restare e combattere. Gli Alleati avevano aperto una breccia attraverso le linee italo-tedesche, da cui la 1ª e la 7ª Divisione corazzata potevano passare indisturbate e attaccare in qualsiasi punto le retrovie dell'Asse. Rommel venne spinto ancora più indietro da altre avanzate alleate il 4 novembre. Hitler adesso diede a Rommel il permesso di ritirarsi ma il feldmaresciallo stava già retrocedendo verso Fuka, che raggiunse il 5 novembre. Lì, una piccola battaglia segnò la fine degli scontri a El Alamein e l'inizio della ritirata di Rommel verso ovest. Montgomery aveva vinto.
Nel corso degli scontri, l'8ª Armata perse oltre 330 carri e subì circa 13.500 perdite, di cui 2.500 caduti, 8.950 feriti e 2.260 dispersi. Dall'altro lato, "i dati britannici, basati sulle intercettazioni delle comunicazioni, stimarono tra i tedeschi 1.149 caduti, 3.886 feriti e 8.050 prigionieri. Gli italiani ebbero 971 caduti, 933 feriti 15.552 prigionieri" (Barr, 404). Come notato dal caporale C. W. Mears, "Ci sono alcune tombe solitarie nel deserto, sia di nostri ragazzi che del nemico, e solo un elmetto e una croce segnalano che c'è un caduto" (Barr, 405).
Montgomery ordinò di inseguire Rommel, ma fu ostacolato dallo stesso angusto passaggio aperto dall'operazione Supercharge, dalla mancanza di un piano preciso e dal cattivo tempo. I veicoli si impantanarono a causa di forti temporali, che interdirono anche la capacità della Desert Air Force di attaccare la colonna nemica in ritirata. Mentre i due eserciti si combattevano lungo la strada per la Libia, l'8ª Armata catturò altri prigionieri, per un totale di 30.000, in maggioranza fanti italiani costretti a scappare a piedi da El Alamein.
L'importanza di El Alamein
Il successo alleato a El Alamein è considerato come una delle vittorie più importanti nel corso dell'intera guerra. Come il generale Francis de Guingand, capo di stato maggiore di Montgomery, ha sintetizzato:
Ha cambiato il corso delle fortune della Gran Bretagna. Di fatto, la vittoria spicca come un prezioso gioiello dopo una serie di deprimenti sconfitte. Diede lo stimolo tanto voluto al morale britannico, poiché convinse le nostre forze armate che, con la dovuta guida e i giusti armamenti, si potevano sconfiggere i tedeschi, e ispirò anche fiducia al popolo britannico nella vittoria finale.
(Liddell Hart, 237).
Rommel era d'accordo con questa valutazione, notando che El Alamein "cambiò di fatto il corso della nostra guerra, rappresentando probabilmente il punto di svolta dell'intero conflitto" (Mitchelhill-Green, 353).
Inoltre, questo risultato convinse le forze francesi di Vichy in Nordafrica a cooperare con gli Alleati durante l'operazione Torch, che prevedeva lo sbarco di tre nuovi eserciti di lì a pochi giorni.
Montgomery venne promosso e gli fu assegnato il cavalierato. Nel frattempo, Rommel era riuscito ad arrivare in Tunisia per continuare a combattere, ma le sconfitte tedesche sul fronte russo gli impedirono ancora una volta di ricevere risorse importanti, e quelle che gli arrivavano erano seriamente minacciate dai bombardieri alleati. Rommel raccomandò a Hitler di abbandonare il Nordafrica, ma gli fu ordinato di continuare la guerra nel deserto come meglio poteva. Gli Alleati vennero attaccati nel nord della Tunisia e furono persino sconfitti nel febbraio del 1943, durante la battaglia del passo di Kasserine; vinsero però la successiva battaglia di Médenine del marzo 1943. Rommel, gravemente malato, tornò in Germania nel marzo del 1943: non avrebbe più combattuto in Africa. Le forze dell'Asse vennero buttate fuori dal Nordafrica nel maggio del 1943. El Alamein era stata davvero il punto di svolta. Dopo la guerra, Montgomery venne proclamato visconte di El Alamein.