Il simposio è ritenuto aver rappresentato parte considerevolmente importante della cultura greca antica — un'occasione perché l'élite bevesse, festeggiasse e indulgesse in qualche dissolutezza. Quantunque tali pratiche fossero sì presenti ai simposi, la componente d'essi più interessante e stimolante è quella inerente la composizione e la recitazione di poesia ad hoc.
Le relazioni significativamente varie tra simposio e poesia possono essere investigate approcciandovisi su diversi livelli: sondare anzitutto la capacità metatestuale della poesia di informare il lettore odierno circa il simposio e le relative pratiche; poi vagliare la poesia nella sua relazione con e nella sua similarità ad altri fattori simpotici chiave, come il vino; infine l'interrogarsi circa l'idoneità della poesia quale fonte onde stabilire la natura della detta relazione.
Da una prospettiva moderna, il fatto che il simposio costituisse contesto per la (ri)produzione di letteratura implica immediatamente e incontrovertibilmente una connessione tra il verso e il convivio. Onde l'interrogativo circa la natura di detta relazione: la poesia è da intendersi quale semplice e contestuale celebrazione del simposio in sé, aprenteci uno spiraglio comprensivo sull'esclusivo ed elusivo mondo dell'élite greca antica; o era piuttosto il simposio ambiente particolarmente votato ed appropriato alla declamazione di poesia, e anzi ne determinava o in qualche modo influenzava il genere?
Senofane, filosofo, teologo, poeta e critico greco antico, ci offre uno splendido resoconto delle usanze simpotiche — dalla posizione e l'uso del cratere per mescere il vino, al cibo servito, fino alle preghiere recitate durante le libagioni precedenti l'inizio del convivio; suggerendo insomma il simposio avesse un carattere fortemente ritualizzato. Inoltre il poeta lirico Alceo, pur scrivendo quasi un secolo prima, compose il verso “volano dalle coppe via di Teo fondi di vino” che già indicava ci si dilettasse in una sorta di gioco (il cottabo). È interessante notare i due diversi momenti storici in cui i due testi furono composti; il salto cronologico piuttosto ampio mostra come la descrizione poetica di eventi simpotici si fosse non solo mantenuta ma impostasi come importante.
Quantunque in numerosi casi, come sopra esaminato, la poesia simpotica sembrerebbe essere stata mera descrizione delle attività durante il simposio, è stato altresì obiettato come la rappresentazione di festini enoici moderati non necessariamente rispecchi la realtà, e sia piuttosto una guida del “giusto bere”. Considerando inoltre il simposio si ritenesse essere nevralgico evento nella trasmissione di valori tradizionali, è logico concludere che l'inerente poesia rifletta non solo gli accadimenti al simposio ma ne individui e celebri anche gli intenti e obiettivi.
Ad esempio, Anacreonte, scrivendo nel VI sec AEC (Avanti Era comune), non solo fornisce direttive circa la giusta percentuale nel taglio di vino con acqua (“Recaci un orcio, ragazzo, perch'io d'un fiato tracanni, e, mescendo dieci misure d'acqua e cinque di vino, di nuovo onori senza sacrilegio Dioniso…”) ma suggerisce anche la corretta maniera di berlo (“Orsù, non più tra gli urli e fra gli strepiti com'usano gli Sciti beviamo, ma sorseggiando fra bei canti”). Alceo, poeta di VII – VI secc. AEC, avverte dei pericoli del vino: “quando il vino gli tenga lo spirito prigione, il bevitore non potrà che abbassare la testa e incolparsi — pentendosi di quanto ha detto senza tuttavia poterlo ritirare”.
I quasi cento anni separanti questi frammenti di poesia didascalica ne palesano l'importanza e suggeriscono altresì una forte e continuativa relazione tra simposio e poesia.
Questi tre esempi dimostrano sia che il ruolo preminente di questa poesia, sia sottolineano un mutuo scambio tra simposio e versi; se da un lato il convivio fornisce occasione, soggetto e contenuto, la poesia ne guida e regola, l'andamento. Ciò per rimarcare quanto la relazione tra i due fenomeni sia più fitta di quanto possa inizialmente sembrare, e ciò nonostante la breve trattazione intrapresa.
Si è dimostrato come aspetto chiave della relazione tra simposio e poesia sia la capacità di quest'ultima di descrivere attività simpotiche — la componente “visibile”, per così dire, del convivio; tuttavia, la relazione assume diversa dimensione se considerata nella rappresentazione dell' “invisibile” atmosfera ai simposi, espressa con figure retoriche, costruzioni formulaiche e scelte lessicali che costituiscono la natura in sé della poesia simpotica. L'essere il simposio occasione di ritrovo esclusivo dell'élite implica si trattasse di ambientazione intima e raccolta per la declamazione di poesia.
La raffigurazione su ceramica di scene da simposi mostra una forte attenzione nel focalizzarsi sul carattere di chiusura al mondo e raccoglimento esclusivi dei partecipanti, tanto che Senofane sottolinea il loro disporsi in cerchio gli uni davanti agli altri “intorno a un altare adorno di fiori”; in rafforzamento dell'idea il simposio fosse occasione onde raccogliersi e astrarsi dal mondo esterno. La ripetizione di questo topos letterario e iconografico trasversalmente alle fonti e ai rinvenimenti consolida la credibilità di un simposio-ritiro; da qui, si possono tracciare alcuni paralleli tra la poesia simpotica e “l'arena” in cui era performata e per cui era composta.
Ad esempio della nozione di isolamento simpotico, si prenda Teognide, poeta lirico del VI sec. AEC, i temi della cui poesia simpotica sono presentati quali rifugio dalla corruzione di Megara — ciò a supporto dell'idea di simposio quale momento al riparo dal mondo esterno. Similmente, quantunque in maniera leggermente più spensierata, Alceo ci presenta il simposio quale fuga dalle avverse condizioni meteorologiche del mondo esterno: “vinci il clima inclemente; accendi il focolare e mesci il vino dolce a profusione; ch'io abbia a posar la testa sul cuscino soffice”. Quantunque la prima poesia simpotica può darsi sia stata coeva di quella epica, i contesti dei rispettivi generi divergono e variano considerevolmente, magari in parte per i diversi momenti declamatori e pubblico.
Approfonditi gli aspetti più palesi e diretti della relazione tra simposio e poesia, è ora tempo di dirigere l'attenzione verso i dettagli più elusivi. Il fatto più interessante circa questa relazione sempre più intricata è che la poesia è non solo associata al simposio nel suo insieme ma anche connessa in modo piuttosto labirintico ad elementi chiave d'esso quali il vino. In altre parole, la connessione tra poesia e simposio rappresenta relazioni in una relazione.
È a malapena necessario rammentare il vino fosse componente chiave in un simposio. Ciò che è piuttosto curioso è invece il modo in cui le specifiche caratteristiche di vino e poesia fossero strettamente correlate e in alcuni casi intrecciate: ci si può, da un lato, spingere a sostenere che la poesia fosse abbinamento letterario al vino, e che nel contesto del simposio ci si approcciasse ai versi in modo non molto lontano dalla maniera in cui lo stesso vino era visto e consumato; dall'altro, tuttavia, si può al contempo affermare la poesia fosse antitesi simpotica del vino, contraltare/antidoto rivelante una relazione più complessa di quanto precedentemente sostenuto.
È evidente che numerose caratteristiche di vino e poesia siano intimamente collegate al simposio. Alceo sottolinea come “fuga il vino dal capo le apprensioni” e che “nell'uomo il vino è una finestra aperta” — proprietà condivise dalla poesia, specialmente quella di contesto simpotico, la quale sviluppava temi particolarmente ameni, come detto. Quantunque emergano pertanto paralleli tra l'effetto del vino e della poesia, essi non operavano allo stesso modo, né nel mero consumo. Importanti sono la creazione, la capacità artistica e la coltura/cultura, anche nei paralleli che possono essere intessi tra vinificazione e composizione di poesia: lo storico Tim Whitmarsh dice a riguardo, ad esempio, che solidi e liquidi non sono ovviamente la stessa cosa che cibo e bevande, e la componente umana è imprescindibile.
È risaputo il vino fosse prodotto colto/coltivato e raffinato, e soleva altresì essere considerato nella sua alterità di elemento introdotto dall'esterno (esterno della casa / esterno della Greca), così tracciando parallelismi col dio Dioniso, attore chiave nel simposio. Dove l'autore parla di “coltivazione” della poesia è chiaramente in riflesso della viticultura e della vinificazione. Inoltre, la pratica fortemente controllata e ritualizzata di mescita di vino e acqua, citata nel verso di Anacreonte, può essere interpretata come corrapresentazione della meticolosa arte di incastrare parole nel metro del piede ripetuto o modulato e di cantarle poi intonando la voce alla natura prosodica ripetitiva. Non è irragionevole concludere che la poesia potesse, per così dire, indossare la maschera di equivalente letterario del vino e dei suoi effetti.
Come detto, nonostante l'apparente univocamente stretta ed armoniosa relazione tra poesia e vino, si può al contempo notare come il verso possa contemporaneamente offrirsi sia quale equivalente letterario al vino nel contesto simpotico, che come antitesi letteraria al vino — quasi a mo' d'antidoto; il fatto che poesia e vino condividessero le succitate capacità solleva infatti l'occasione di interrogarci circa la possibilità di interpretare la prima come mezzo dei benefici del secondo, al sicuro tuttavia dal rischio d'imbarazzo sociale in agguato ad un contesto non ritualizzato.
L'utilità della poesia antica quale fonte di studio e comprensione del simposio non può e non deve essere negata; purtuttavia è fondamentale non lasciare che questa utilità s'intrometta al nostro tentativo di ricostruire la relazione tra simposio e poesia, massime perché la nostra prospettiva moderna rischia fraintenderla. Da un lato, come detto, la poesia ha molto da dire al lettore, sia implicitamente che esplicitamente, circa il simposio — e ciò dimostra quale buona fonte sia nella comprensione della relazione tra convivio e verso.
Dall'altro, tuttavia, il fatto che la relazione tra poesia e simposio rischia essere prima facie interpretata senza investigazione approfondita solleva dubbi circa la preminenza conferita alla fonte testuale trascurante invece quella iconografica — la ceramica, ad esempio, le cui figurazioni aggiungono ampia e più chiara prospettiva alla nostra comprensione della detta relazione. Tanto che paradossalmente viene infin da domandarsi perché proprio la poesia sia considerata fonte primaria se non quasi esclusiva nello stabilire la relazione tra simposio e poesia: è perché, come il simposio, la poesia fu elemento chiave e cronologicamente continuativo della cultura greca, e quindi lo studioso moderno è portato a connetterli pure troppo saldamente nel tentativo di comprenderne la sopravvivenza?
La relazione tra simposio e poesia appare tanto più complessa quanto più ci si addentri nei singoli elementi simpotici nessi di crescenti e continue similarità e intuizioni. Vi fu quasi con certezza un certo livello di scambio reciproco tra i due fenomeni — l'uno ispirante e influenzante l'altro, e viceversa.
Concludendo, una cosa in particolare spicca: le interpretazioni della relazione tra poesia e simposio seguiteranno a mutare ed evolvere nel tempo, un po' come poesia e simposio possono essere colti nel loro mutuo influenzarsi e divenire storico. E che una precisa relazione tra due aspetti del mondo materiale dell'antichità abbia ripercussioni epistemologiche ancora oggi è senz'altro eccitante.