Nel 1533, l'Impero inca era il più vasto del mondo. Si estendeva attraverso la parte occidentale del continente sudamericano, da Quito, a nord, fino a Santiago, a sud. A causa della mancanza di integrazione tra i popoli sottomessi, della guerra civile combattuta per impadronirsi del trono e delle devastanti epidemie causate dalle malattie portate dagli europei, gli Inca erano pronti per essere colpiti. Francisco Pizarro arrivò in Perù con un gruppo di uomini estremamente ridotto, il cui unico interesse era arricchirsi. Grazie alla superiorità delle loro armi, delle tattiche militari e alla preziosa assistenza fornita dai locali desiderosi di ribellarsi, gli spagnoli spazzarono via gli Inca in meno di una generazione. Il collasso del loro impero, causato dall'arrivo dei visitatori nel Nuovo Mondo, è considerato come il più grande disastro umanitario che abbia mai colpito le Americhe.
L'Impero inca
Gli Inca chiamavano il loro impero Tawantinsuyo, o Tahuantinsuyu, che significa "la terra dei quattro cantoni" o "l'insieme delle quattro parti". Cusco, la capitale, era considerata l'ombelico del mondo da cui si irradiavano le strade e le sacre linee immaginarie, i ceques, che arrivavano in ogni cantone: Chinchaysuyu a nord, Antisuyu a est, Collasuyu a sud e Cuntisuyu a ovest. Gli Inca, che erano solo 40.000, governavano un territorio immenso, in cui abitavano dieci milioni di sudditi che parlavano 30 lingue diverse, e che si estendeva per 5.500 chilometri da nord a sud attraverso l'antico Ecuador, il Perù, il nord del Cile, la Bolivia, l'altopiano argentino e la Colombia meridionale.
Gli Inca credevano di possedere un diritto divino che gli consentiva di regnare sui popoli conquistati poiché, secondo la loro mitologia, erano stati creati a Tiahuanaco dal dio del sole Inti. Di conseguenza, si consideravano dei pochi eletti, i "figli del sole", e il loro sovrano era il rappresentante e l'incarnazione di Inti sulla terra. Praticamente, questo voleva dire che tutti coloro che parlavano il quechua o runasimi, cioè, la lingua inca, godevano di una posizione privilegiata, e formavano una classe nobiliare che dominava tutti i ruoli più importanti a livello politico, religioso e amministrativo all'interno dell'impero.
L'ascesa dell'Impero inca era stata straordinariamente rapida. Anche se Cusco era diventato un centro di una certa importanza all'inizio del tardo periodo intermedio, cioè, tra il 1000 e il 1400 d.C., il processo di unificazione regionale iniziò solo a partire dalla fine del XIV secolo, mentre la parte più significativa della conquista ebbe luogo nel XV secolo. L'impero era ancora giovane quando dovette affrontare la sua sfida più grande.
Pizarro e i conquistadores
Francisco Pizarro e il suo socio Diego de Almagro erano entrambi sulla cinquantina, di umili origini e nessuno dei due aveva ottenuto fama nella nativa Spagna. Erano alla testa di un piccolo gruppo di avventurieri e cercatori di tesori, desiderosi di scovare l'oro e le ricchezze che i loro compatrioti avevano trovato in Messico, presso gli Aztechi, un decennio prima. Partendo da Panama, navigarono lungo la costa del Pacifico su due piccole caravelle mercantili, ed esplorarono le coste colombiane e dell'Ecuador, senza però trovare l'oro che cercavano così disperatamente. Questa era la terza spedizione di Pizarro, e si trattava della sua ultima possibilità di ottenere fama e gloria.
Poi, nel 1528, Bartolomé Ruiz, che era il pilota della spedizione, trovò un'imbarcazione piena di tesori al largo della costa. Poteva esserci, dunque, qualcosa che valesse la pena di essere esplorato nelle profondità del Sudamerica. Pizarro utilizzò questo ritrovamento per farsi assicurare dal re di Spagna Carlo V il diritto di governare qualsiasi nuovo territorio che avesse scoperto, cedendo alla corono la sua usuale quinta parte delle ricchezze trovate, il cosiddetto quinto real o quinto del rey. Con una squadra di 168 uomini, che comprendeva 138 veterani, 27 cavalli da guerra, alcuni pezzi d’artiglieria e un frate, padre Valverde, Pizarro si diresse verso le Ande.
Nel 1531, avanzando lentamente e con cautela, raggiunse e conquistò Coaque, sulla costa ecuadoriana, dove aspettò i rinforzi. Una volta arrivati, le forze spagnole ammontavano a 260 uomini, di cui 62 cavalieri. Gli spagnoli si mossero a sud, lungo la costa, verso Tumbes, saccheggiando tutto ciò che trovavano lungo il cammino e passando i nativi a fil di spada. Spingendosi oltre, iniziarono a vedere dei segni rivelatori di una prospera civiltà, vale a dire, magazzini e strade ben costruite. I conquistadores fondarono il nuovo insediamento di San Miguel (odierna Piura) e, per la fine del 1532, Pizarro era pronto a incontrare i dominatori di quello che sembrava un impero ricco e immenso.
I problemi all'interno dell'Impero inca
Quando gli invasori stranieri arrivarono in Perù, gli Inca erano già afflitti da una serie di problemi interni. Come già si è visto, il loro enorme impero era politicamente fragile e caratterizzato da una bassa integrazione dei popoli conquistati, che erano asserviti dal dominio militare degli Inca e dalla pratica che avevano di prendere in ostaggio sia personalità importanti che artefatti religiosi. Così facendo, i dominatori si assicuravano, pur se con difficoltà, il rispetto continuo del loro potere. Le tasse erano impopolari, e veniva raccolte sotto forma di beni o servigi, sia militari che lavorativi; inoltre, molte comunità venivano ricollocate forzatamente in altre parti dell'impero, oppure, dovevano accogliere nuove popolazioni più leali verso i loro padroni.
Gli Inca imponevano anche la loro religione ai popoli sottomessi, anche se permettevano di continuare ad adorare alcune divinità, purché fossero dichiarate inferiori a Inti. Imponevano persino la propria arte in tutto l'impero, con l'obiettivo di imporre visivamente il loro dominio. La sottomissione agli Inca presentava alcuni benefici: un rifornimento di cibo più regolare, strade e vie di comunicazione migliori, la possibilità di ricevere protezione militare e l'organizzazione occasionale di feste pagate dallo stato. Nel complesso, però, il sentimento presente nelle terre conquistate era tale che, all'arrivo di una potenza rivale che minacciava il dominio inca, veniva a mancare la lealtà necessaria a preservare l'impero. Alcune aree si ribellavano costantemente, specialmente nei territori settentrionali, e una continua guerra in Ecuador richiese la fondazione di una seconda capitale inca a Quito.
Forse, ancor di più di queste rivolte, pesò il fatto che gli Inca stavano combattendo tra loro quando Pizarro entrò in scena. Dalla morte dell'imperatore inca Huayna Cápac nel 1528, i suoi due figli, Huáscar e Atahualpa, si combattevano in una guerra civile per il controllo dell'impero del padre da ormai sei anni. Alla fine, vinse Atahualpa, ma l'impero era ancora sconvolto dalle varie fazioni che andavano ancora riconciliate.
In ultimo, come se tutti questi fattori non costituissero già un serio vantaggio per gli spagnoli, gli Inca in quel momento erano stati colpiti da una serie di epidemie di malattie europee, come il vaiolo, che si erano diffuse dall'America centrale ed erano arrivate persino prima degli stessi invasori. Era proprio a causa di una di queste patologie che era morto Huayna Cápac e, in alcune parti dei suoi domini, questo nemico invisibile causò il decesso di una percentuale sconcertante della popolazione, con un tasso di mortalità tra il 65-90%.
L'incontro tra Pizarro e Atahualpa
Venerdì 15 novembre 1532, gli spagnoli raggiunsero la città inca di Cajamarca, sull'altopiano del Perù. Pizarro mandò a dire che desiderava incontrare l'imperatore degli Inca, che si stava godendo le sorgenti locali e si crogiolava della sua vittoria su Huáscar. Atahualpa alla fine decise di incontrare i tanto chiacchierati uomini bianchi con la barba, noti da qualche tempo per essersi aperti la strada dalla costa. Sentendosi sicuro del suo esercito, forte di 80.000 uomini, Atahualpa sembrava non considerare quel piccolo gruppo nemico come una minaccia, e fece aspettare Pizarro fino al giorno successivo.
Il primo incontro formale tra Pizarro e Atahualpa vide i due parlarsi, bere insieme e guardare alcune esibizioni di destrezza degli spagnoli con i cavalli, e poco altro. Entrambi si salutarono pianificando di catturare o uccidere l'altro alla prima occasione disponibile. Il giorno successivo Pizarro, approfittando della labirintica architettura della città inca, dispose i suoi uomini per tendere un'imboscata e aspettare l'arrivo di Atahualpa nella piazza principale. Quando arrivò il seguito reale, Pizarro fece fuoco con i suoi piccoli cannoni e i suoi uomini, indossando le armature, attaccarono a cavallo. Nella battaglia che ne seguì, le armi da fuoco surclassarono le lance, le frecce, le fionde e le mazze degli Inca: gli spagnoli, a fronte di zero perdite, uccisero 7.000 Inca. Atahualpa fu colpito alla testa e catturato vivo.
Il riscatto di Atahualpa e la morte
Non si sa sia stato Pizarro a chiedere il riscatto o se lo stesso imperatore lo abbia proposto, fatto sta che il ritorno di Atahualpa sano e salvo dalla sua gente venne garantito in cambio di tesori: gli Inca avrebbero dovuto riempire una stanza che misurava 6,2 x 4,8 metri e alta 2,5 metri, con tutti i beni preziosi che sarebbero riusciti a procurarsi. Riempirono la camera con oggetti d'oro, gioielli e idoli. La stanza venne poi riempita per altre due volte con oggetti d'argento. Per completare il compito vennero impiegati otto mesi, e il valore attuale degli oggetti accumulati è stato stimato in oltre 300 milioni di dollari statunitensi. Nel frattempo, Atahualpa continuò a regnare dalla prigionia mentre Pizarro inviò spedizioni esplorative a Cusco e Pachacamac, oltre ad aspettare i rinforzi provenienti da Panama, che erano stati convinti dall'oro che gli aveva inviato per fargli capire le ricchezze che li attendevano. Dopo aver ottenuto il suo riscatto, Pizarro processò sommariamente Atahualpa e lo giustiziò il 26 luglio del 1533. Il sovrano inca venne inizialmente condannato a morire bruciato sul rogo ma, dopo aver accettato il battesimo, la pena fu commutata in morte per strangolamento.
Alcuni degli uomini di Pizarro pensarono che questa fosse la mossa peggiore. Il capo della spedizione ricevette le critiche del re di Spagna per aver trattato un monarca straniero in modo così brutale. L'astuto condottiero spagnolo però, aveva notato quanto gli Inca fossero asserviti al loro re, persino quando era prigioniero del nemico. Essendo considerato un dio vivente, Pizarro credeva che forse, con la morte del re, la sua gente sarebbe stata sconfitta totalmente. Infatti, persino da morto, il sovrano esercitava un'influenza sul suo popolo, visto che la sua testa mozzata diede vita alla persistente leggenda di Inkarri. Gli Inca credevano che un giorno dalla testa di Atahualpa sarebbe cresciuto un nuovo corpo e che il loro sovrano sarebbe tornato per sconfiggere gli spagnoli e restaurare l'ordine naturale delle cose. Il periodo della prigionia di Atahualpa aveva avuto un'importanza cruciale per gli spagnoli, perché gli aveva mostrato quante fazioni ci fossero all'interno dell'Impero inca, e che queste divisioni potevano essere sfruttate a proprio vantaggio.
La caduta di Cusco
Dopo aver rimosso la carica più alta, gli spagnoli si prepararono a conquistare Cusco e i suoi grandi tesori d'oro, che Hernando Pizarro aveva visto durante la sua spedizione di ricognizione. Dopo avrebbero pensato al resto dell'impero. La prima battaglia contro le truppe fedeli ad Atahualpa avvenne presso Hatun Xauxa, ma gli spagnoli furono aiutati dalla popolazione locale, entusiasta di sbarazzarsi degli Inca. Gli spagnoli si rifornirono approfittando dei locali magazzini degli Inca, e Pizarro vi stabilì la sua nuova capitale. L'assistenza dei locali e il saccheggio delle scorte inca costituiranno il modello seguito per il resto delle conquiste di Pizarro.
Successivamente, gli invasori sconfissero un esercito in ritirata presso Vilcas Huamán, ma non tutto andò secondo i loro piani, e una piccola forza andata in avanscoperta venne colta di sorpresa e annientata sulla strada per Cusco. Il giorno dopo però, i visitatori provenienti dal Vecchio Mondo ripresero la loro marcia inarrestabile, spazzando via tutto quello che gli si parava davanti. Pizarro vinse la breve resistenza di Cusco, e la città cadde nelle sue mani il 15 novembre del 1533. La città venne brutalmente spogliata dei suoi tesori e dei meravigliosi oggetti d'oro del tempio di Coricancha, che vennero fusi.
Il primo tentativo di Pizarro di installare un governo fantoccio capeggiato dal fratello minore di Huáscar, Tupac Huallpa, fu un fallimento, e non si riuscì a ripristinare alcun ordine; Tupac Huallpa morì poco dopo di malattia. Alla fine, al secondo tentativo, l’amministrazione di facciata venne assegnata a Manco Inca, un altro figlio di Huayna Cápac. Assicurandosi che lo stato non collassasse dall'interno, Pizarro e i suoi uomini si occuparono del resto dell'impero, andando in cerca di altri tesori.
La conquista di un impero
Gli spagnoli vennero messi a dura prova nei territori del nord dalla resistenza degli eserciti guidati da Rumiñahui e Quizquiz. Alla fine, però, capitolarono anche loro, a causa di conflitti interni che portarono all'uccisione dei due capi. Non fu possibile contrastare l'implacabile conquista degli europei, che furono molto aiutati dal modo altamente ritualizzato di fare la guerra che avevano gli Inca. Tattiche come imboscate, inganni o sotterfugi erano a loro sconosciute; inoltre, non erano avvezzi a cambiare piano a metà battaglia per approfittare delle debolezze che l'avversario mostrava. Inoltre, i guerrieri inca erano fortemente dipendenti dai loro ufficiali e, se questi fossero caduti in battaglia, l’intero esercito avrebbe potuto collassare rapidamente e ritirarsi in preda al panico. Questi elementi, uniti alla superiorità degli armamenti europei, resero davvero molto difficile agli Inca difendere un impero che già facevano fatica a gestire. Gli Inca impararono velocemente a contrastare la cavalleria, per esempio, inondando le aree sotto attacco o combattendo terreni accidentati, ma le loro armi non potevano competere con proiettili, balestre, spade e armature d'acciaio. Pizarro e i suoi avevano anche quasi la metà della popolazione dell'impero che combatteva dalla loro parte, sull'onda di vecchie rivalità e divisioni che erano riemerse.
Gli spagnoli capirono presto che, a causa della vastità del loro nuovo impero, avrebbero ereditato anche le problematiche inerenti al controllo e alla comunicazione che avevano avuto i loro predecessori, che pur avevano costruito un eccellente rete stradale. Ribellioni e diserzioni si diffusero dappertutto, e persino Manco Inca si rivoltò, formando un proprio esercito per cercare di salire al potere realmente. Cusco e la nuova fortezza degli spagnoli, Ciudad de los Reyes, l'odierna Lima, furono assediate da due enormi eserciti inca, ma resistettero, costringendo gli attaccanti a ritirarsi. Le truppe degli Inca erano composte da contadini che non potevano abbandonare i loro raccolti senza far morire di fame le loro comunità. L'anno successivo venne portato un nuovo assedio, ma gli spagnoli resistettero ancora e, quando uccisero i capi degli assedianti in un attacco deliberatamente organizzato, la resistenza al nuovo ordine svanì. Manco Inca fu costretto a fuggire verso sud e formò un'enclave Inca presso Vilcabamba. Lui e i suoi successori avrebbero resistito per altri quarant'anni. Alla fine, nel 1572, una forza guidata dal viceré Francisco de Toledo catturò il sovrano Tupac Amaru, lo riportò a Cusco e lo giustiziò. Insieme all'ultimo re degli Inca, se ne andò anche la speranza di restaurare l'antico, grande impero.
Conclusioni
Atahualpa, a seguito della vittoria contro suo fratello, aveva ucciso gli storici del suo popolo e distrutto i quipu, che raccoglievano testimonianze in diversi ambiti del sapere: la sua intenzione era quella di mettere in atto un rinnovamento totale, concetto che gli Inca chiamavano pachakuti, che si può tradurre come "capovolgimento del tempo e dello spazio", e stava a indicare un cambiamento epocale che, secondo la loro cultura, avveniva periodicamente nel corso delle ere. Ironia della sorte, fu lo stesso Atahualpa a subire un pachakuti. I nuovi dominatori depredarono, incendiarono e distrussero ogni espressione della cultura andina che riuscirono a trovare. Coloro che era giunti dal Vecchio Mondo stravolsero il Nuovo: niente sarebbe più stato come prima.
Gli spagnoli, dopo decenni di faide interne, che portarono anche all'assassinio di Pizarro, alla fine fondarono un governo coloniale stabile nel 1554. Lo stile di vita dei popoli andini, che era antico di millenni e non si era interrotto nonostante il dominio degli Inca, sarebbe stato messo alla prova nuovamente dalla nuova epoca in arrivo. La nuova sfida sarebbe toccata a quelli abbastanza fortunati da sopravvivere visto che, nel 1570, il 50% della popolazione andina era stata spazzata via. La gente comune, passata attraverso le devastazioni della guerra e le malattie, non fu risparmiata dai rapaci padroni, ansiosi di rubare le loro ricchezze e di imporgli una nuova religione.